Cannes, al via stasera il festival nel segno del #MeToo - Il Secolo XIX
Il festival

Cannes, al via stasera il festival nel segno del #MeToo

Molto atteso il corto “Moi aussi” della Godrèche. Sull’onda del caso Depardieu, si annuncia un’inchiesta su nuove star

Fulvia Caprara
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CANNES. Gli equilibri mai chiariti tra mondo del cinema francese e movimento MeToo potrebbero finalmente chiarirsi domani sulla Croisette quando, in apertura del Certain Regard verrà proiettato per la prima volta il corto Moi Aussi in cui l’attrice Judith Godrèche ha dato voce a un esercito di donne vittime di molestie. Sull’atteggiamento da tenere nei confronti di registi, attori, autori, di cui sono venuti alla luce atteggiamenti predatori, tenuti per anni sotto silenzio, senza che nessuno chiedesse un deciso, pubblico, ostracismo, si discute da tempo negli ambienti artistici d’oltralpe. La sensazione, finora, è sempre stata che su quei nomi fosse calato una sorta di velo protettivo, una volontà di tenere distinti meriti artistici e comportamenti privati, nella malcelata convinzione che il talento potesse funzionare come passaporto per l’impunità. Adesso, proprio in occasione dell’ouverture del Festival (con il film di Quentin Dupieux Deuxieme Acte, protagonista Lea Seydoux) la misura appare colma, le proteste esplose 4 anni fa ai Cesar contro la premiazione di Roman Polanski si sono gonfiate, come l’onda di uno tsunami, così nello scorso febbraio, durante la stessa cerimonia, il discorso di Godrèche, che a suo tempo aveva denunciato i registi Benoit Jacquot e Jacques Doillon (ambedue colpevoli nei suoi confronti di violenze fisiche e intellettuali), aveva acquistato il senso di una chiamata alle armi: «Mi sono resa conto – ha dichiarato l’autrice spiegando le ragioni alla base del documentario – che prima di me c’è stata una folla di vittime delle stesse violenze, una realtà che rappresenta anch’essa la Francia, tante storie, provenienti da diverse generazioni e diversi ceti sociali».

Insomma, basta con gli equivoci, basta con i distinguo, non importa se al centro del mirino c’è un divo venerato come Gérard Depardieu, ormai travolto da una sequela di accuse, e non importa se a prendere le distanze dalla prima esplosione americana del movimento fu una stella come Catherine Deneuve, che nel 2008 aveva firmato - con altre 100 colleghe - una lettera pubblicata su Le Monde contro «la caccia alle streghe» scatenata dal caso Weinstein. Le scuse, succinte, erano arrivate poco dopo, ma la presa di posizione della superdiva aveva fatto rumore, così come era stato imbarazzante ascoltare le parole infuocate con cui Valeria Bruni Tedeschi aveva scelto di difendere il fidanzato attore Sofiane Bennacer, accusato di stupro e sbattuto in prima pagina su Liberation: «Io stessa sono stata vittima di abusi durante l’infanzia, conosco il dolore di non essere presa sul serio, ma Bennacer è oggetto di un’indagine penale, ed esiste la presunzione d’innocenza». Dodici mesi fa, proprio qui sulla Croisette, era stata duramente criticata la scelta di concedere a Johnny Depp, ancora invischiato nella vicenda giudiziaria con l’ex-moglie Amber Heard, l’onore della «montée des marches» e, prima ancora, l’attrice Adele Haenel, applaudita in Ritratto della giovane in fiamme, aveva diffuso una lettera aperta in cui annunciava la scelta di lasciare il cinema «per denunciare la complicità generalizzata della professione nei confronti degli aggressori sessuali».

Il vento è cambiato e da stasera, sull’eccitazione festivaliera, sul fiume di giornalisti accreditati, sul glamour della giuria presieduta da Greta Gerwig, con Pierfrancesco Favino membro italiano, soprattutto sui vertici della kermesse, pesa la voce sempre più strombazzata secondo cui un nuovo elenco di celebrità colpevoli di aggressioni sarebbe pronto per essere spiattellato, proprio sul palco del festival di cinema più importante del mondo. Poi, certo, ognuno la prende a modo suo, in un’intervista rilasciata a L’Opinion, il sindaco di Cannes David Lisnard sostiene addirittura che il metodo investigativo utilizzato per stilare le liste del MeToo «somiglia a quello svolto nella Germania Est» ai tempi della Stasi. Invitato a ribattere, il direttore generale Thierry Fremaux getta acqua sul fuoco ricordando che al Festival i film restano sempre il cuore di tutto, mentre la neo-presidente Iris Knobloch, subentrata a Pierre Lescure l’anno scorso – ma da questa edizione realmente investita di tutti gli obblighi legati alla sua carica – fa sapere che i problemi saranno attentamente «valutati caso per caso». Il che significa che, se in un film del cartellone dovesse apparire il nome di una persona coinvolta in una vicenda di molestie, la presenza di quella persona alla presentazione ufficiale potrebbe essere messa in dubbio.

Il MeeToo francese riparte dalla Croisette, forte anche delle analisi che studiose, scrittrici e esperte di cinema come Helene Frappat, hanno sviluppato negli ultimi mesi: «Il problema in Francia – scrive Frappat – è nella truffa romantica, nei movimenti artistici del XIX secolo reazionario e ultraborghese». Un secolo, prosegue la scrittrice, che «ha sancito il patriarcato, giustificato la morte della sposa infedele con l’etichetta di “crimine passionale”, e che nello stesso tempo ha definito il modello del creatore trasgressore e della sua musa». Ovvero una donna muta e ferma, che non può reagire: «un cadavere di donna».

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