Custodia e restituzione delle cose sottoposte a sequestro
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Custodia e restituzione delle cose sottoposte a sequestro

22 Agosto 2016 | Autore:
Custodia e restituzione delle cose sottoposte a sequestro

Procedura penale, i mezzi di ricerca delle prove, la custodia delle cose sequestrate.

Le cose sequestrate vengono materialmente acquisite ed affidate in custodia alla segreteria del P.M. o alla cancelleria del giudice, a seconda della fase procedimentale. Se la natura delle cose non lo consente, esse sono affidate ad un custode giudiziario [1].

Se trattasi di atti o documenti, questi possono essere acquisiti anche in copia, anziché in originale; se il documento originale da sequestrare è incluso in un volume o in un registro, questo viene acquisito per intero. Le cose sequestrate, se possibile, sono racchiuse in involucri contrassegnati ed assicurati da sigilli, che, ove occorra, sono rimossi e riapposti dalla A.G. (artt. 260 e 261). La simbologia del vincolo giuridico del sequestro può manifestarsi, oltre che in detta apposizione di sigilli, nell’uso di cartelli o altri mezzi idonei a significare il vincolo imposto (ad es. cartelli infissi in terreni sequestrati).

Il sequestro cd. probatorio, quale mezzo strumentale alla formazione della prova, ha durata necessariamente limitata nel tempo e finalizzata al processo. Il sequestro in questione, infatti, ha finalità di accertamento dei fatti oggetto di imputazione; ha quindi natura di istruzione probatoria ed è legato alla vita del processo.

Con esso non vanno confusi né il sequestro preventivo (art. 321); che ha finalità di cautela sostanziale o di prevenzione, quali la interruzione del crimine o la prevenzione dei nuovi reati; né il sequestro conservativo, posto a garanzia patrimoniale dei crediti da reato (art. 316).

Pertanto, il sequestro a fini probatori deve cessare quando viene meno la esigenza probatoria. Esso, però, può convertirsi in sequestro preventivo o conservativo, sempre che ne ricorrano quei diversi presupposti e venga emesso dal G.I.P. o dal giudice dibattimentale la relativa ordinanza, che è prerogativa esclusiva del giudice che procede [1]. Il P.M., infatti, può disporre, con decreto, solo il sequestro probatorio sicché egli (e gli altri interessati, ad es.: la parte civile) deve proporre istanza di conversione, al giudice ( art. 262) per trasformarlo in sequestro preventivo o conservativo. In mancanza di conversione il P.M., il G.I.P. o il giudice del dibattimento, a seconda delle fasi, dispongono la restituzione delle cose sequestrate all’avente diritto, a meno che sorga controversia, nel qual caso la risoluzione va rimessa al giudice civile.

In caso di cose deteriorabili o di dispendiosa custodia, esse vanno subito vendute e la somma ricavata dalla vendita è versata in deposito giudiziale. Sono pure vendute le cose che al termine del processo non sono restituite o perché ignoti gli aventi diritto o perché vanno confiscate (art. 240 c.p.), procedendosi, in quest’ultima ipotesi, alla vendita all’asta dei corpi di reato confiscati. Invero, la confisca (acquisizione al patrimonio dello Stato) è incompatibile con la restituzione delle cose sequestrate, essendo la prima correlata ai corpi di reato (artt. 240 c.p. e 253, c. 2, c.p.p.), e la restituzione possibile solo per le cose pertinenti a reato.

In ordine alla restituzione delle cose sequestrate, se il procedimento si trova nella fase delle indagini preliminari, l’istanza va presentata al Pubblico ministero il quale, con decreto motivato, provvederà alla restituzione od al rigetto della domanda. Contro il provvedimento del P.M. l’interessato può proporre opposizione, sulla quale decide il giudice (art. 263, c. 5) [2].

 

Chiusa la fase delle indagini, ogni decisione sulla restituzione delle cose sequestrate spetta al giudice.

Contro i provvedimenti che decidono sulle istanze di restituzione è possibile esercitare gli ordinari mezzi di impugnazione del riesame presso il tribunale della Libertà ed il ricorso per Cassazione (artt. 257, 324 e 325).

Compendio-di-Diritto-Processuale-Penale

note

[1] Il custode ha diritto ad un compenso liquidato dal giudice in base a tariffe, di regola, prestabilite. Quando la corresponsione del compenso previsto sia erogata alla cessazione dell’incarico, la prescrizione del diritto è decennale; se invece il giudice stabilisce una periodicità nella corresponsione del compenso, il diritto si prescrive in cinque anni ai sensi dell’art. 2948, n. 4, c.c. (in tal senso Cass. Sez. Un. 2-7-2002, n. 25161).

[2] Le cose sottoposte a sequestro probatorio, quando non sia più necessario mantenerle vincolate a fini di prova, devono essere restituite all’avente diritto, salvo in tre casi, e cioè che il giudice non ne disponga il sequestro conservativo o non le sottoponga a sequestro preventivo, ovvero che non ne ordini la confisca, anche dopo la sentenza non più soggetta a impugnazione (Cass. Sez. Un. 1-3-1995, n. 23; conf. Sez. Un. 14-12-1994, n. 24).

[3] Le Sezioni Unite della Cassazione ha statuito che l’ordinanza del GIP che provvede, sull’opposizione degli interessati, avverso il decreto del P.M. di rigetto della richiesta di restituzione delle «cose» in sequestro, è ricorribile per cassazione per tutti i motivi indicati dall’art. 606, comma primo, c.p.p. e non solo per la violazione delle regole procedimentali e del contraddittorio (Cass. SS.UU. 4-3-2009, n. 9857).

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