Della Beat Generation ricordiamo sempre gli uomini, diventati leggendari. Eppure tra loro ci furono anche molte donne che avevano tanto da dire. La storia le ha quasi cancellate, al più considerate muse e compagne dei poeti maschi. Negli anni 50 sesso, droga, musica e vagabondaggi erano ammessi a patto che fossero una faccenda da uomini. Le donne beatnik però non la pensavano così.

Ero la ragazza di Kerouac, dice il sottotitolo del suo più celebre memoir intitolato Personaggi minori. Si chiama Joyce Johnson e a differenza di molte delle ragazze di Kerouac finite nell’oblio ha saputo ritagliarsi uno spazio tutto suo. È una delle poche donne beat che è riuscita a scrollarsi di dosso il ruolo di personaggio minore.

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Anche se di fatto della Beat Generation fece parte solo a margine, solo in parte, Joyce Johnson è tra coloro che meglio l’hanno raccontata. Era di una generazione seguente. Conobbe Ginsberg, Oslovsky, Kerouac, ma erano già fuori dal quadro Burroughs e Cassady e San Francisco era lontana. Tentò di andarvi più volte per seguire la sua amica Elise Cowen o per raggiungere il suo amore Jack, ma il viaggio sfumò ogni volta, per motivi diversi.

Joyce era nata nel 1935, figlia di una famiglia ebraica newyorchese dell’Upper West Side di Manhattan che proiettava su di lei le proprie ambizioni frustrate. Rosalind, musicista mancata, voleva una figlia pianista e la costringeva a studiare musica. Daniel Glassman voleva una figlia sposata.

“Nessuno aveva mai alzato la voce nell’appartamento nella 116a strada, era un punto d’onore. Noi eravamo persone educate, di buon gusto”. Tutti si aspettavano che fosse una brava bambina disposta a posare per ore per un ritratto e che crescendo mettesse a frutto il suo talento creativo, diventasse una compositrice e dunque si sposasse, come ogni ragazza per bene. Guarda caso proprio dietro l’angolo vivevano Joan Vollmer e William Burroughs, Ginsberg e Kerouac frequentavano la loro casa. Ma i due mondi non potevano essere più distanti.

Joyce sognava di affrancarsi dalla sua vita senza stimoli, desiderava immergersi nel mondo che fioriva al lato opposto di Manhattan, far parte delle avventure dei beat, del fumoso e affascinante mondo degli artisti squattrinati. Aveva solo 13 anni quando sgattaiolava insieme alla sua amica Maria e prendeva un autobus per raggiungere Washington Square. Nel 1951 inizia a frequentare il Barnard College anche se non concluderà mai i corsi. Qui conosce Elise Cowen che all’epoca esce con Allen Ginsberg e che la introduce al mondo dei beat. Ha 16 anni, scopre la vita che vuole vivere.

“Durante questo primo fine settimana al Barnard ho incontrato una ragazza che il mio istinto subito mi diceva di evitare. […] Diventammo amiche.”

In questi anni intreccia una relazione clandestina con un insegnante e assaggia la prima libertà sessuale. A 19 anni lascia la casa dei genitori. Non dice niente fino al momento in cui chiede a sua madre di prestarle il carrello della spesa per portare via libri e vestiti, le sole cose che possiede. Ha trovato un appartamento su Amsterdam Avenue, cinque isolati più in là, solo pochi giorni prima. Lavora come segretaria per 50 dollari a settimana e finalmente può tuffarsi nella vita che ha sempre sognato.

“Negli anni cinquanta tutti sapevano perché una ragazza di buona famiglia se ne andava di casa. Il significato di questo furto di se stesse, di questo sottrarsi ai propri genitori, era chiaro a tutti, così come era chiaro che cosa avrebbe fatto nel suo appartamento.”

Kerouac lo incontra quando ha vent’anni, è Allen Ginsberg a organizzare un appuntamento al buio. Si incontrano al Village. “Apro con una spinta le pesanti porte di vetro e c’è, infatti, un uomo con i capelli neri, accanto al bancone, con una camicia di flanella da taglialegna leggermente sciupata. Alza il viso e mi fissa attentamente con gli occhi azzurri, di un azzurro sorprendente. E la pelle del suo volto è così scura. È l’unica persona abbronzata, da Howard Johnson’s. Mi sento un po’ impaurita mentre mi dirigo verso di lui.”

Jack Kerouac è a New York perché tenta di ottenere la pubblicazione del suo romanzo, più volte rifiutato dagli editori. È già una leggenda nel mondo undergound ma non ha ancora sfondato con il grande pubblico. Succederà nell’arco dell’anno e mezzo in cui frequenterà Joyce che lo aiuterà a gestire l’ondata di successo che lo travolgerà e presto lo deluderà.

“Dopo anni di rifiuti, due romanzi: Sulla strada e I sotterranei, sarebbero stati pubblicati a qualche settimana di distanza l’uno dall’altro, l’autunno seguente. Sulla strada, che Jack aveva scritto in quattordici giorni su un rotolo di carta da telescrivente […] era rimasto in un cassetto […] All’improvviso era giunto il momento di Jack. La “passione imbottigliata” degli anni cinquanta stava per essere stappata. La “ricerca di qualcosa” che Jack aveva visto in me era la fame psichica della mia generazione. Migliaia di persone erano in attesa di un profeta che le liberasse dalle prudenti vite da classe media che erano state educate a ereditare.”

È con lui anche quando esce la prima recensione di Sulla strada sul New York Times. Nel giro di una notte è diventato uno scrittore famoso. Il ritratto che Joyce fa di Kerouac è il più umano che conosciamo. Lo descrive come un uomo lunatico, incerto, fragile, insofferente e troppo spesso ubriaco. Non troppo diverso dalla leggenda che il successo gli ha costruito intorno, eppure più vero. Emerge un profilo insolito dello scrittore anche nella raccolta di lettere Door Wide Open: A Beat Love Affair In Letters, 1957-1958. Sono le missive che i due innamorati si sono scambiati durante il loro anno insieme, quasi sempre distanti perché Jack, zaino perennemente in spalla, non si fermava mai troppo a lungo.

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Intanto Joyce tenta di costruirsi una carriera propria sfidando il punto di vista prevalente della sua generazione, sempre maschile. Inizia a lavorare nell’editoria come segretaria ma nel frattempo scrive. Sta già lavorando al suo primo romanzo, Come and Join the Dance, che racconta la vita di giovani donne emancipate con il chiaro intento di affrontare apertamente anche le loro esperienze sessuali. Un tabù, nella società degli anni 50, che Joyce si impegna a spezzare.

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Il suo datore di lavoro si accorge del talento di Joyce e la iscrive al laboratorio di scrittura creativa della New School tenuto da Hiram Haydn che le dà subito fiducia acquista il suo romanzo per la Random House sulla base delle prime 50 pagine già scritte.

Per finirlo impiegherà altri 5 anni perché la vita turbolenta di quel periodo – tra continui trasferimenti da una casa a buon mercato all’altra, progetti di viaggi in Messico e San Francisco e l’inesausto occuparsi di Jack – la distrarrà dalla scrittura. Scriverà diversi romanzi e numerosi articoli per il New Yorker, Vanity Fair, Harper’s Bazaar, il New York Times e il Washington Post. Eppure è stata a lungo considerata solo la ragazza di Jack…

In tutti i suoi lavori, che si tratti di romanzi o di memoir, ha raccontato dall’interno il clima di quegli anni: i beat che ha conosciuto, gli artisti del Cedar, le amicizie con le altre donne coinvolte nella Beat Generation, specialmente Elise Cowen, promettente poetessa suicida a 27 anni, e Hettie Jones che sposò – supremo scandalo per l’epoca – il poeta di colore LeRoi Jones.

Nel corso degli anni ha pubblicato tre romanzi, un’inchiesta di giornalismo investigativo, tre memoir e una raccolta di lettere. Come and Join the Dance è considerato la prima opera letteraria scritta da una donna beat.

Dopo la storia con Kerouac ha sposato prima il pittore James Johnson, tragicamente scomparso in un incidente in moto dopo un anno di matrimonio, poi il pittore Peter Pinchbeck da cui ha avuto il figlio Daniel, anch’egli scrittore. Ha continuato a lavorare nell’editoria e ha insegnato scrittura creativa. Ma soprattutto ha continuato a raccontare la figura di Jack Kerouac esplorando aspetti meno noti ma non meno interessanti di una leggenda e di un’intera generazione.