Squeeze - The Velvet Underground - recensione

Dough Youle, Dough Youle... Dough Youle, perchè questo nome non dovrebbe centrare un cacchio coi Velvet Underground? C’entra eccome. “Squeezeè l’album apocrifo dei Velvet Underground. E già, perché i Velvet hanno anche l’apocrifo. Ed è stato registrato a Londra (secondo un processo logico oscuro)! Youle scrive, arrangia, canta e suona tutti i brani. Ci sarebbe anche una corista, ma è rimasta anonima. Lou Reed aveva cacciato malamente Sterling Morrison e poi se ne era andato nel 1970. Maureen Tucker era stata estromessa dal manager Steve Sesnick. Cale era fuori dal ’68 per “divergenze artistiche”. Nico c’era solo sul primo. Allora niente Cale, niente Reed, niente Morrison, niente Tucker, niente Nico. Niente Velvet Underground.

Sesnick, per l’”operazione spremuta”, aveva cacciato anche i musicisti del breve interludio post reediano (1971-72): il bassista Walter Powers e il tastierista Willie Alexander, ex-compagni di Youle nei Grass Menagerie, ingaggiati per il tour di supporto a “Loaded”. Se Willie “Loco” Alexander, schifato dal trattamento di Sesnick, inaugurò lì per lì una lunga carriera solista e con la sua Boom Boom Band, Walter Powers optò per abbandonare la musica diventando bibliotecario nella natia Boston.

Dunque siamo nel gelido febbraio 1973, quando esce “Squeeze” con la sua copertina ridicola, che è un inno all’autoriscatto narcisistico. Ma c’è qualcosa qui dentro che si salvi? “Caroline”. Probabilmente è la rielaborazione di uno scarto dell’album precedente. Ricorda “Candy Says”, quindi ha un velo sonnolento di classicità. Forse, potremmo salvare “Friends”, lenta, petali da sfogliare, più luci che ombre, col piano a rinforzare gli accordi delle chitarre. “Send No Letter” invece si candida a “Chu chu uá uá uá” song: allegra, frizzante, fuori luogo; c’è pure il sax! Ma quale velluto metropolitano, qui c’è la camicetta di lino e a fiori di un ottenne che mangia zucchero filato al luna park. Neanche un goccio di sangria. “Louise” è una pessima “Alabama Song” doorsiana, una parodia involontaria, con qualche vocalizzo prolungato “Aaaaaah, Uuuuuuh”. Come a mimare molto impropri melismi.

“Squeeze” è un album di rock pastorizzato che nelle intenzioni avrebbe dovuto essere psichedelico. Invece è pop e r’n’r. E tende al r’n’r accidentalmente comico, vittima della propria scarsezza. Dough parlò, a distanza di anni e a ragione, di un suo “grande errore”. Lo ammise, liberandosi dal senso di colpa. Per questo lo perdoniamo e lo amiamo. Al tempo non fu né previdente, né lungimirante, né onesto ad usare quella sigla. Ma ci tocca sempre alla fine di affondare il cuore e l’immaginazione nelle afflizioni e nella verità. Se solo l’avesse messo a suo nome! Nessuno l’avrebbe caga*o, ok! Ma nessuno si sarebbe stizzito o sdegnato, né l’avrebbe schernito. Al limite scompisciati e stop. Finita là. Perché non ha sfornato un nomignolo ex novo, tipo Who-I-Fan ’n’ You-Low Undrground, cioè Vaffan’ Youle Underground. Velvet Doug? V.U.D.Y.? Sì, doveva essere accreditato agli VUDY! O cinicamente agli Youle Undersesnik.

Youle era nei ranghi dal 1968. Chitarrista, bassista, polistrumentista. Cantante all’incirca anonimo. Rimpiazzava Cale. Aveva la straordinaria capacità di non stare sulle palle a Reed, non intralciava, non cagava il ca**o. Un tipo placido. Con “Squeeze” però ha fatto il salto della quaglia. E l’opera è caduta giustamente nell’oscurità più cupa. Nell’oblio più plumbeo. Ma siamo sicuri che Youle, all’epoca di “Velvet Underground 3”, non contasse un ca**o? Cosa vuol dire veramente entrare a far parte di una delle due o tre band più influenti della storia del rock?

In “3” suonava diligentemente basso e organo ed era prima voce nella ballata iniziale “Candy Says”! In “Loaded” canta quattro brani (“Who Loves The Sun”, “New Age”, “Lonesome Cowboy Bill”, “Oh Sweet Nuthin'”) e suona sei strumenti (organo, piano, basso, batteria, chitarra acustica ed elettrica). Collabora con Reed alla stesura di testi e musiche. Se non è il quinto Velvet per importanza, è stato almeno il sesto. Più del batterista fondatore Angus MacLise. Molto più del fratello Billy Youle che rimpiazzava la Tucker quando doveva partorire.

Quanto a ”Squeeze”, in sé e per sé, non è orribile ma ci manca poco. Pochissimo. Un niente. Non spartisce nulla con la leggenda dei Velvet Underground. Già, leggenda. Nati a New York, Lower East Side, Manhattan. 1964. Creatori del rock fosco, ulceroso, distorto, scombinato, iperrealista. Sperimentali, alternativi, proto-punk e decadenti, mentre intorno a loro c’era tutt’altro. Voce e paradigma del degrado metropolitano, pubblico e privato, fino all’avvilimento e allo squallore. I VU sono due dischi epici, incredibili. Un terzo meraviglioso. Tutti e tre determinanti nell’evoluzione del rock.

Melodie livide, rumorismo minaccioso, angoscia, oscurità, un certo panismo in “Velvet Underground & Nico”(1967). In “White Light/White Heat” (1968) dissoluzione e poesia torbida; l’humor nero di Reed e lo sperimentalismo di Cale. In “3”(1969) più melodia e meno tormento, un rock più accessibile, più morbido, ballate languide, canzoni sinistre ma limpide.“Loaded” (1970) è impacciato, ma contiene alcuni classici. Reediano nella forma, a finalizzarlo però è proprio Youle, a un tratto –a quanto pare- autoerettosi leader. Forse stanco di sentirsi vessato da Reed (che disconoscerà l’opera per il missaggio). “Loaded” non è un cesso. Ma “Squeeze” è una cagata! Cagata però, prima di tutti, del bieco affarista Steve Sesnick. Chi dei due abbia unito le mani per raccogliere la deiezione dell’altro è difficile da dire. Sesnick ha provveduto la purga e poi ha aperto le mani. Youle ha deglutito.

Wharol, la Factory, l’Exploding Plastic Inevitable Show, l’avanguardia, Lewis Allen Reed (chitarrista e poeta), il gallese John Davies Cale (che passa per Bernstein, Fluxus, Dream Syndicate/Theater of Eternal Music), l’algida Christa Paffgen alias Nico (icona artistica –come nessun’altra-), la chitarra rock’n’roll di Holmes Sterling Morrison Junior e il primitivismo di Maureen Ann Tucker. Solo i nomi sono evocativi! Se Morrison dopo i VU riprese gli studi universitari e divenne docente di letteratura medioevale ad Austin (salvo poi abbandonare tutto per diventare capitano di "tug-boats" nel canale di Houston), Maureen da par suo, mamma di cinque figli, seguiterà a far musica confezionando album passati inosservati (a nome proprio e coi Kropotkins), collaborando anche con Jad Fair degli Half Japanese, con Johnatan Richman e con le Breeders. Gli altri in solitaria va da sé che hanno avuto carriere stellari. Ma Doug? Il non evocativo Youle. Il caso umano Doug? Doug che Reed e Cale non hanno voluto nemmeno nella line up della reunion del 1992-93, contro il parere del meno integralista Morrison?

Youle formerà dopo la metà dei ‘70 gli American Flyer con Fuller, Kaz e Katz. È vero. Gli American, col loro soft rock/country rock, rappresentano un po’ il riscatto di Youle. Il loro debutto è un bel lavoro onesto. Suonerà in seguito anche con Elliott Murphy –e dopo una lunga pausa nientedimeno che da ebanista!- si unirà ai Weisstronauts (per fare “Instrumental twang surf psych spy rock”) e collaborà di nuovo con Moe Tucker (per il live “Moe Rocks Terrastock”). Chissà cosa penserà adesso del 1996, di quando i Velvet Underground vennero ammessi alla Rock and Roll Hall of Fame ma lui fu escluso dalla cerimonia. Reed si è comportato spesso da stro**o anestetizzato. Ma il 1973 è distante. Lou poteva perdonare. Perdonare è qualcosa di veramente liberante. Riveste pure un enorme potenziale terapeutico per la salute psichica. Il 1973 è lontano. Coi suoi incidenti. Possiamo rallegrarcene. Oggi Doug vive a Ballard, quartiere di Seattle, dove costruisce e suona violini in compagnia del figlio. Di tutto il resto probabilmente oramai se ne fotte. A volte sei tu che mangi l'orso e a volte è l'orso che mangia te. Ma che fine ha fatto Steve Sesnick?

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