I Borgia - Alexandre Dumas - Recensioni di QLibri
 

I Borgia I Borgia

I Borgia

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La storia, diceva Dumas, «è il chiodo al quale appendo i miei romanzi»: ma nel 1837 quando compose il suoi Delitti celebri il futuro autore del Conte di Montecristo era ancora un drammaturgo e un giornalista. E I Borgia, infatti, non è un romanzo storico né una storia romanzata. È la storia di un gruppo efferato di potere, i Borgia appunto, sullo sfondo avventuroso, luminoso e ambiguo del Rinascimento italiano, ma scritta in presa diretta, con piglio giornalistico, da un giovane reporter che vuol far colpo col sensazionale, e attento alle tinte forti della cronaca nera.



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I Borgia 2022-07-25 08:58:45 Cathy
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Cathy Opinione inserita da Cathy    25 Luglio, 2022
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Uno strano romanzo

Questo è uno strano romanzo.
«Che cos'è la storia?» si chiede Alexandre Dumas e lui stesso si risponde: «Il chiodo al quale attacco i miei romanzi». Una frase che suggerisce un'idea della storia intesa come semplice sfondo destinato ad accogliere una trama frutto della fantasia dell'autore. La cosa strana è che nei "Borgia" la storia non è affatto sullo sfondo, anzi. Le vicende della famigerata famiglia di origine spagnola che ha dato alla cristianità Alessandro VI, un Papa reso celebre dai suoi comportamenti dissoluti, e due figli, Cesare e Lucrezia, altrettanto terribili, sono tutta la sostanza del racconto, tra amori proibiti, intrighi, tradimenti, avvelenamenti, omicidi, guerre e corruzione. Il libro segue passo tutte le vicende pubbliche e le principali vicende private di Alessandro, Cesare e Lucrezia Borgia, strettamente intrecciate ai grandi eventi storici del periodo.
Tra la fine del Quattrocento e l'inizio del Cinquecento comincia per l'Italia un periodo di gravissima crisi politica determinata dall'invasione di Carlo VIII, re di Francia, diretto alla conquista del regno di Napoli. A chiamare i francesi è per assurdo proprio un italiano, Ludovico il Moro, che ha usurpato il ducato di Milano sottraendolo a suo nipote e vuole liberarsi di uno scomodo nemico, gli Aragona di Napoli, appunto. Secondo il racconto di Dumas, la voglia di rivalsa sarebbe una semplice questione di orgoglio e vanità che però avrà conseguenze gravissime per la penisola italiana, da quel momento trasformata in terra di conquista, un campo di battaglia a cielo aperto dove i piccoli stati italiani sono costretti ad affrontare per la prima volta un nemico a loro nettamente superiore dal punto di vista militare. Le vicende personali dei Borgia sono quindi annodate a doppio filo ai fatti storici che travolgono l'Italia negli anni del pontificato di Alessandro VI e raccontare queste vicende significa raccontare la Storia: le ambizioni di Alessandro, i continui matrimoni di Lucrezia, usata dal padre come una pedina nei suoi giochi di potere, i piani di conquista di Cesare, probabilmente uno dei più grandi condottieri rinascimentali italiani.
Non soltanto la Storia, lungi dall'essere un semplice "chiodo" da appoggio al racconto, è in realtà il racconto stesso, ma la cosa più strana di tutte è che questo romanzo non sembra affatto un romanzo. Un romanzo storico, di solito, parte da una base di verità per poi inventare nuovi personaggi, dialoghi, riflessioni, eventi che non fanno parte della storia ufficiale, ma sono il frutto della fantasia dello scrittore. Nei "Borgia" questo non succede. Più che un romanzo sembra un saggio o un semplice resoconto dei fatti, talvolta piuttosto sterile. Ci sono capitoli più interessanti e movimentati, più leggeri e piacevoli da seguire, e capitoli che sembrano non finire mai, afflitti da descrizioni minuziose di battaglie, da elenchi di condottieri, battaglioni, cardinali, ambasciatori, dall'esposizione punto per punto dei trattati di pace e di alleanza. Anche lo stile lascia un po' perplessi: ci sono momenti in cui ci si sofferma molto a lungo su dettagli di cui non si capisce l'importanza, come la disposizione dei battaglioni dell'esercito di Carlo VIII, poi, all'improvviso, lo stile diventa frettoloso e si liquidano in pochissime righe questioni che invece avrebbero meritato un maggiore approfondimento. Ad esempio a un certo punto Lucrezia Borgia scompare nel nulla e la ritroviamo soltanto nelle ultime tre righe, che ci informano in tutte fretta sul suo destino. Non che sia scritto male, anzi, in alcuni momenti lo stile ironico e incalzante rende la lettura molto piacevole, ma non è neppure uno stile particolarmente curato o significativo.
I personaggi, inoltre, sono solo abbozzati, poco caratterizzati. Anche i tre protagonisti delle vicende, Cesare, Alessandro e Lucrezia, sono quasi completamente privi di sfumature e votati al male assoluto, ma senza una vera motivazione, sono cattivi e basta, cattivi perché sì, o meglio perché lo dice la tradizione. La famiglia Borgia non era italiana, ma di origini straniere, in particolare spagnole. Questo elemento, insieme all'enorme potere che era riuscita ad accumulare e all'arroganza che la caratterizzava, ha fatto sì che si sviluppasse un odio fortissimo nei confronti dei suoi componenti, ai quali sono stati attribuiti delitti e comportamenti gravemente immorali. Si è creato in questo modo, nei secoli, il mito diabolico dei Borgia capaci di qualsiasi nefandezza, una fama terribile che poi la storiografia moderna ha ridimensionato. Senz'altro Cesare, Alessandro e Lucrezia non erano dei santi, ma l'immagine a tinte forti che ne propone Dumas, quasi fossero una trinità infernale, nasce da questa tradizione ed è probabile che abbia poco a vedere con la realtà storica.
Dumas afferma di scrivere i suoi romanzi per divertire e interessare i lettori. Il problema è che "I Borgia" sembra destinato non tanto all'intrattenimento, quanto a un rapido ripasso degli eventi storici per chi già ne ha una buona conoscenza e vuole rinfrescarsi la memoria. Io amo la storia, amo il Rinascimento italiano e sono un'appassionata dei Borgia e sono riuscita ad apprezzare abbastanza la lettura, ma qualche pecca c'è e sicuramente non è un libro che consiglierei a tutti. Forse il pubblico ideale per questo romanzo è composto o da persone che già sono a conoscenza dei fatti, ma non gli dispiace ripercorrerli, anche se in modo poco approfondito, o da persone che invece ne sono a digiuno, ma sono interessate a una conoscenza soltanto superficiale dei personaggi e del contesto storico. "I Borgia", in ogni caso, sarà pure uno strano romanzo, ma non è un brutto romanzo.

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I Borgia 2012-07-12 10:37:43 Ale96
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Ale96 Opinione inserita da Ale96    12 Luglio, 2012
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Apologia del peccato

" Vendit Alexander claves, altaria, Cristum.
Emerat ille prius, vendere jure potest." ( Alessandro ha venduto le chiavi, gli altari e il Cristo. Aveva il diritto di venderli, perché prima li aveva comprati)
Con questa epigrafe possiamo sintetizzare la vita di uno dei più dissoluti e scandalosi Papi della storia della Chiesa.
Simonia. Nepotismo. Lussuria. Sete di potere e di ricchezza. Ecco i cardini della famiglia di origine spagnola che sconvolse il mondo cristiano e terrorizzò l'Europa: i Borgia.

Dumas (1802-1870) con il suo stile chiaro, semplice e avvincente, ci narra le vicende di questa stirpe per mezzo del membro più conosciuto e scandaloso: Rodrigo Lenzuolo Borgia divenuto Papa con il nome di Alessandro VI (1430 o 1431-1503).
Nel 1492, alla morte del dissoluto Innocenzo VIII, dopo aver comprato i voti del Sacro Collegio senza preoccuparsi del dogma dello Spirito Santo che guida le elezioni, siede sul trono di Pietro lo spagnolo Rodrigo Borgia, salito ai vertici della Chiesa grazie alla simonia e nepotismo di suo zio, Papa Callisto III (1378-1458).
In una Roma, infamata da delitti e ingiustizia, il nuovo pontefice passa un anno tra apparente "santità" di giorno ed esasperante lussuria di notte. Dopo aver ristabilito l'ordine nella Città Eterna, il Santo Padre inizia ad attuare il suo ampio progetto espansionistico con l'obiettivo di rendere la sua famiglia padrona d'Italia.
Tuttavia Alessandro VI deve affrontare ancora due problemi: 
il denaro e la famiglia.
Con il primo riesce a trovare una soluzione rapida  con la simonia e il veleno, mentre con il secondo vi sono più ostacoli, soprattutto per il figlio spregiudicato  e latin lover ante litteram Cesare, il duca Valentino che viene definito così dal generale veneziano Giovanni Caracciolo:
"È un sacrilego di nascita, un fratricida, un usurpatore di beni altrui, un oppressore di innocenti, un rapinatore e un assassino, un uomo che viola tutte le leggi, anche quelle che sono rispettate perfino dai popoli più barbari, come l'ospitalità."
Ma tutti gli orribili delitti del Papa e del figlio stanno per finire...

In questa opera vediamo Dumas in una veste nuova, quella dello storico che , sebbene commettendo qualche pecca come il nome errato di Giovanni Borgia (figlio prediletto del Papa) chiamato Francesco, utilizza le fonti e la sua immensa cultura come prove dei fatti  e soprattutto delle numerose guerre narrati  in modo né pesante né tedioso né complesso.
L'autore, con senso critico e una leggera ironia verso il popolo romano, per lui svogliato, e verso gli Italiani che vedono la guerra come una giostra cavalleresca, ci lascia una tela dalle più svariate tonalità(  per esempio la cultura, la società, la topografia dei luoghi...) di una Italia Felix che, dopo aver sconvolto il mondo 3 volte con l'impero Romano, 
con i Comuni e con l'Umanesimo, è in procinto di finire nel turbine della guerra e della devastazione da parte degli stati nazionali, in primis la Francia, che manterranno la nostra penisola divisa fino all'unificazione sotto la croce bianca savoiarda.

I Borgia ci lasciano una visione particolareggiata e curiosa di una parte di storia  del nostro paese, spesso trascurata o non approfondita dalla scuola, per mezzo di una stirpe "la cui sciagura proveniva  dalla stessa stirpe" e di Roma, che da capitale della Cristianità divenne, sotto la trinità di Alessandro, Cesare e Lucrezia( bellissima e amatissima figlia di Alessandro che, con i matrimoni, divenne la principale pedina politica del Pontefice), " la città più infuocata di intemperanze, più abbandonata alla lussuria, più crudele nei massacri come una cortigiana abbandonata alla sfrenatezza e a baldorie" . Ma il principale obbiettivo di Dumas è un altro: nell'epilogo( la parte che mi è piaciuta di più), mediante una novella di Boccaccio, lo scrittore francese afferma che, seppure la Chiesa è corrotta, il Cristianesimo, sotto la guida dello Spirito Santo, aumenta giorno per giorno e che " del resto, non dimentichiamo che, se il Papato ha avuto i suoi Innocenzo VIII e Alessandro VI, i quali ne sono la vergogna, esso ha anche avuto i suoi Pio VII e Gregorio XVI ( io aggiungo anche Giovanni Paolo II), i quali ne sono la gloria". Magnifica frase. La più bella che abbia mai letto.

In conclusione, da buon Dumas fan quale sono io, faccio tutti i miei complimenti e tutte le mie lodi all'autore di questa breve e stupenda opera e invito tutti, specialmente coloro che amano la storia, a leggerlo ma vi avverto che non ci troverete personaggi creati alla perfezione come Milady o l'adrenalina di Venti Anni Dopo ma solo Poesia( notate la P maiuscola). Buona lettura!

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I Borgia 2011-11-12 18:37:57 rondinella
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rondinella Opinione inserita da rondinella    12 Novembre, 2011
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Breve ripasso storico

Con questo testo, l'amico Dumas, ci trasporta nella vasta e incontrollabile Europa del 1500, facendo approdare il suo occhio, in particolare, sulla nostra graziosa Italia.

I Borgia, protagonisti, con il loro regime di terrore e dissolutezza spadroneggiano a Roma, tenendo nel loro giogo non solo i piccoli staterelli e regni della penisola, ma anche le teste coronate di mezza Europa.

Più che un romanzo, questa sarebbe un'opera per i curiosi di Storia: Dumas ci descrive in terza persona gli avvenimenti salienti del periodo senza intromettersi nelle vicende, ovvero riportando una fedele cronaca, forse con qualche imperfezione (cosa perdonabilissima visto che questo è un libro dell'800) ma con un vivace spirito critico che si sente trapelare dalle sue parole.
E ci trasmette le sue conoscenze storiche attraverso il suo rinomato stile scorrevole, comprensibile, senza appendici noiose o inutili.

In conclusione, un delizioso affresco storico-culturale uscito da una penna ottocentesca di grande sapere, gradevolissimo soprattutto perché descritto con perizia e affabilità, senza quegli ulteriori tedi che infastidiscono tanti studenti.

p.s. non ho dato gran voto alla piacevolezza solo perché momentaneamente non mi sento dedicatissima alla Storia. Però meritava un po' di più.

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