Mr. Magoo, l'adorabile personaggio di John Hubley • Terzo Pianeta ...

Mr. Magoo, l’intramontabile personaggio di John Hubley

 
Burbero, miope all’inverosimile ed indiscutibilmente amabile, J. Quincy Magoo, meglio noto come Mr. Magoo — scaturito dalla fervida fantasia del regista d’animazione americano, John Hubley — sin dall’alba della propria carriera, protagonista di ben cinquantatré cortometraggi prodotti dal 1949 al 1959, con semplicità mostrando le peculiari stravaganze, lunatica passionalità e delicatezza, ha attraversato e catturato generazioni suscitando sorrisi ed al contempo tenerezza, al sol udirne voce, mirarne movenze, l’originale e spensierato stile esistenziale.

Il fascino di Magoo sta nell’ostilità verso una più anziana generazione. Non è soltanto miope, anche la sua mente è selettiva su quanto osserva ed in questo risiede l’umorismo, la satira, nella differenza tra quello che lui pensa di vedere e la realtà come a noi appare.
Jim Backus

 

John Hubley, il padre di Mr. Magoo

 

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John Hubley

 
Frutto dell’unione tra John Raymond (1880-1959) e Verena Kirkham (1891-1978), John Kirkham Hubley nacque il 21 maggio 1914, nello Stato del Wisconsin, precisamente in quel di Marinette, capoluogo dell’omonima contea adagiato sulle meridionali sponde dell’ampio Menominee River, nei pressi della cui foce una stazione commerciale di pellicce fu abilmente gestita da Marie Antoinette Chevalier (1784-1865), dalla qual si narra abbia avuto origine il nome della summenzionata cittadina, ella distintasi in spirito filantropico sovvenzionando attività a sostegno d’indigenti e malati, pertanto taluni storici presumendo che Marinette sia stato assunto a nominativo, tanto dell’allor villaggio quanto di contado, in omaggio a colei il cui epiteto — riferibile alle straordinarie capacità imprenditoriali ed in onor ad un ruolo nel diciannovesimo secolo assai raramente ricoperto da donne — era “Queen Marinette”, peraltro magnanima nipote da parte materna di Wauba-Shish, «Grande Martora», capo dei Menominee, popolo algonchino di nativi americani per cinque abbondanti millenni popolante il Wisconsin ed il Michigan settentrionale.

Germogliato dunque sul territorio il cui suolo fu precedentemente battuto da una delle più strabilianti figure femminili della Regione dei Grandi Laghi, John Hubley, ereditando sensibilità artistica dalla madre e dal nonno Richard A. Kirkham (1861-1922), entrambi pittori, alle tele affidò espressività e primi nomadi passi mosse a Pasadena, Los Angeles, trascorrendo un triennio fra le ispiranti mura dell’ArtCenter School — dal 1965 ArtCenter College of Design — principale istituto artistico della nazione fondato nel 1930 dalla visionaria concezione istruttiva del grafico pubblicitario, Edward A. ‘Tink’ Adams (1898-1981) e consistente in una formazione proposta nel diretto e concreto contatto con la realtà del mondo lavorativo — in contesti editoriali, propagandistici e di design industriale — tramite insegnamento per mano di professionisti e collaboratori nel sagace progetto, affermati nei relativi settori, l’inusitato percorso educativo raggiungendo ogni traguardo nell’ingegno d’Edward prescritto, giacché persin durante il devastante periodo della Grande Depressione i giunti a meritata laurea all’ArtCenter School non faticando a trovare celere occupazione ed allo scorrer del tempo all’interno della struttura transitando personalità d’eccelso, profondo ed universale calibro artistico, fra le quali — ingratamente restringendo esempio a sol due anime — il pittore e writer statunitense Keith Haring (1958-1990), il cui brioso, iconico, variopinto, diretto e comunicativo stile fissato a murale nella scuola, oltre al nobile e sensibile tocco del connazionale Ansel Easton Adams (1902-1984), fotografo ambientalista e paesaggista celebre per i suoi scatti in bianco e nero dei parchi nazionali americani e la cui innata percettività elargita come insegnante — sul finire del trentennio — presso il dipartimento di fotografia creato nel 1935, all’interno dell’ArtCenter School, dal collega ritrattista e pittorialista Fred Robert Archer (1889-1963), quest’ultimo cooperatore di Adams nella di lui invenzione del sistema zonale, rivoluzionario metodo, reso pubblico nel 1940, ove la creatività dell’artista nel saper “giocare” con le varie tonalità dei grigi al momento del “clic” e conseguente maestria in fase di sviluppo e stampa, donano peculiare precisione e tangibile realismo ad ogni particolare dell’immagine catturata.
 

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Edward A. ‘Tink’ Adams

 
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Ansel Easton Adams

 
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Keith Haring

 
Il 1935 fu anche l’annata durante la quale John s’affacciò su un primo impiego alla The Walt Disney Company, ricoprendo ruolo di layout e d’artista di fondo, indi impegnandosi nella lavorazione degli intramontabili classici, nel febbraio del quadriennio successivo varcando soglia della multinazionale l’urbanista, architetto e teorico dell’architettura statunitense, considerato il più ragguardevole del rispettivo secolo, Frank Lloyd Wright (1867-1959), nel mentre della visita proponendo all’attenzione d’Hubley e colleghi un film d’animazione russo del 1934, a direzione del regista e sceneggiatore sovietico Ivan Petrovič Ivanov-Vano (1900-1987) e titolato The Tale of the Czar Durondai, racconto popolare satirico d’un gracile zar che si rimette all’aiuto del suo fabbro allo scopo di far breccia nel cuor delle futura sposa, la visione della pellicola venendo proposta agli animatori in quanto divergente dalla caratteristica animazione della Disney e per questo, a parer di Wright, importante occasione d’arricchirne il design d’un nuovo stile, perla di cultura nel campo che John seppe cogliere, facendosene mnemonico scrigno e di lì a un biennio — a cavallo dello storico sciopero che il 29 maggio del 1941 infiammò gli indignati petti degli animatori disneyani, uniti in solidale picchetto e accesa protesta per le ritenute fisicamente spossanti, nonché mentalmente logoranti condizioni lavorative ed inadeguatamente retribuite — variando esperienza nel principiar lavoro come regista alle dipendenze della Screen Gems, sussidiaria della Sony Pictures Entertainment — fondata il precedente anno dal produttore cinematografico Ralph Cohn (1914-1959) — ed a servizio della società madre per decenni.

Nel medesimo periodo, convolò a nozze con Claudia Ross Sewell (1914-?) — dalla quale avrà tre figli e divorzierà nel 1954 — e dopo aver filato esperienza all’interno della First Motion Picture Unit, ovvero la diciottesima unità base, nel corso del secondo conflitto mondiale, inizialmente nota come prima e principale unità di produzione cinematografica dell’United States Army Air Forces (USAAF), originariamente e totalmente costituita da figure professionali del settore, Hubley virò all’United Production of America (UPA), celebre studio d’animazione americano la cui trentennale attività — intercorsa fra gli anni Quaranta ed i Settanta e gradatamente calamitante fama attraverso la peculiare stilizzazione dei propri disegni — sorse, in principio come First Industrial Film and Poster Service, per feconda iniziativa del produttore cinematografico canadese Stephen Reginald Bosustow (1911-1981), dell’animatore americano David Hilberman (1911-2007) e dell’art director Zack Schwartz (1913-2003), differenziandosi dalla grafica rigorosamente realistica della Disney nell’emancipato ed atipico intento di lasciare ampia libertà agli animatori nel tratteggiar singolari personaggi, fra questi, appunto, Mr. Magoo, nel 1949 partorito dal fibrillante estro di John Hubley, egli ispirandosi a suo zio, piuttosto scontroso, Henry Woodruff, dipendente di una nota compagnia di assicurazioni, sebben alternativi pareri a riguardo sostengano che musa, fu quantomeno anche, l’attore comico, scrittore e giocoliere William Claude Dukenfield (1880-1946) — alias W. C. Fields — le cui interpretazioni volutamente caratterizzate da un’aspra cadenza vocale espressa con ampolloso vocabolario.
 

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United Productions of America, ca. 1949

 
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Elaborazioni originali, appartenenti all’archivio del regista Pete ‘The Chief’ Burness, ca. 1950

 
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Elaborazioni originali, appartenenti all’archivio del regista Pete ‘The Chief’ Burness, ca. 1950

 
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Elaborazioni originali, appartenenti all’archivio del regista Pete ‘The Chief’ Burness, ca. 1950

 
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Elaborazioni originali, appartenenti all’archivio del regista Pete ‘The Chief’ Burness, ca. 1950

 
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Mr. Magoo Theatrical Short, 1950

 
Un sol triennio più avanti e dopo aver diretto animazione della commedia drammatica The Four Poster, Hubley si vide costretto ad abbandonare l’UPA in conseguenza al suo fermo ed ardimentoso rifiutarsi di rilasciar nominativi all’House Un-American Activities Committee (HCUA) — Comitato della Camera per le attività americane istituito nel 1938, con l’intento d’investigare su stimate attività fraudolente e sediziose ad opera di singoli cittadini oppure associazioni supposte connesse a comunismo o fascismo — e tal diniego condizionandone attività lavorativa dacché, quando nel 1953 diede vita ad un proprio studio autonomo, lo Storyboard Studios, la persistenza del di lui nominativo nella “lista nera di Hollywood” — con la quale, a metà circa del ventesimo secolo, a numerosi artisti venne ricusata occupazione sulla base di sospettate fedi politiche — limitandone il bacino di progettazione alla qual aderire, dapprima egli dedicandosi alla lavorazione di spot pubblicitari e in un secondo momento, dopo aver palpitato all’unisono con la fantasiosa animatrice Faith Chestman Elliott, divenutane seconda moglie nel 1955, John traslocando società da Los Angeles a New York, l’affiatata coppia insieme concretizzando e producendo cortometraggi animati indipendenti, con annul cadenza, per un totale di ventidue film di cui tre — Moonbird, The Hole e A Herb Alpert and the Tijuana Brass Double Feature, rispettivamente del 1959, ’62 e ’66 — vincitori dell’Oscar, i concordi coniugi a pellicola improntando sincero trasporto nei confronti della natura umana e non di rado le storie rappresentate sfiorando delicate ed attuali questioni sociali, eruttate sullo schermo da originali immagini dalle colorazioni di chiara influenza impressionista, sullo sfondo di colonne sonore innovative, accompagnamenti musicali in note di jazz e voci di fanciulli a doppiaggio di personaggi bambini, in pionieristico esperimento dagli stupefacenti risvolti.
 

A Herb Alpert and the Tijuana Brass Double Feature, 1966

 

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Faith Hubley, Olivia de Havilland, John Hubley, Oscar 1966

 
L’armoniosa, serafica, fidente, paga ed inviolabile intesa finemente tessuta fra i due animi compagni, placidamente proseguì fino al 1977, anno in cui, il 21 d’un triste febbraio, il sessantaduenne cuore di Hubley silenziò improvvisamente battito nel bel mezzo di un intervento cardiaco, alla compianta dipartita la moglie seguitando nostalgico cammino in solitaria e rendendo omaggio all’adorato John nel continuar conduzione dello studio — ribattezzato Hubley Studios in dolce e grata memoria — con l’aiuto dei figli Mark, doppiatore, Emily, regista ed animatrice, Georgia, percussionista e cantante, infine Ray, montatore, la resiliente Feith riuscendo a mantener medesimo ritmo di produzione fin alla sua stessa scomparsa, l’anno susseguente sullo Studio d’Hubley calando definitivo sipario, ma dal celeste palco irraggiandosi perenne — per mezzo di quanto zelantemente plasmato — l’emozional pragmatismo insito ad un John il qual, con mano irreversibilmente intrecciata alla sua amata, con gentil, penetrante e fine pathos intinse la propria penna nell’emotività più autentica, con nobiltà d’animo danzandola in fede a superlativa e fitta immaginazione, ai posteri garbatamente elargendo preziosi spunti riflessivi, con geniale e delicata amorevolezza animati.

L’anima senza immaginazione, è come un osservatorio senza un telescopio.
Henry Ward Beecher

 

«Oh Magoo, you’ve do it again!»: l’esordio di Mr. Magoo

 
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J. Quincy Mr. Magoo incarna un’abbiente pensionato in terza età, il cui acutissimo difetto visivo è fonte di costanti equivoci, il basso, calvo, tenero e paffuto ometto dal simpatico naso a patata riuscendo comunque a cavarsela ogniqualvolta incappi in sventurati frangenti, al pubblico restituendo buffo diletto e spassoso sorriso abbigliando labbra di fronte ad un atteggiamento talmente cocciuto, da negare sia l’esser miope che qualsivoglia evidenza erroneamente captata dai suoi occhi, indubbia e copiosa dose di fortuna accompagnandolo nell’affrontar situazioni all’apparenza irrisolvibili, viceversa, per l’attempato “nonnino” con cappello e bastone, saggiate come arzigogolate avventure da vivere a pieni polmoni, in tutta leggerezza.

Interpretava ogni cosa che vedeva in maniera molto particolare, a volte poteva essere un po’ difficile, ma vedeva solo le cose per come esistevano secondo il suo punto di vista molto soggettivo.
Millard Kaufman

Prima apparizione non fu affatto scontata, la Columbia Pictures dapprincipio titubante al distribuire il cortometraggio diretto da Hubley su scrittura del romanziere e sceneggiatore americano, oltre che co-creatore di Mr. Magoo, Millard Kaufman (1917-2009) ed approvazione giungendo esclusivamente in quanto nella breve pellicola di otto minuti — titolata The Ragtime Bear ed in prima uscita il 29 settembre 1949 — era presente un orso, difatti a quei tempi in Hollywood difficilmente vedendosi protagonisti umani nell’animazione, sull’istante il farsesco Quincy, sbancando i botteghini sulla scia d’arguta e goffa spiritosaggine a lui intrinseca, le cui divertenti battute storicamente e per decenni affidate all’attore statunitense JamesJimGilmore Backus (1913-1989) — al qual il durevole e magistral doppiaggio rese meritata fama — egli asserendo di aver impostato la voce di Mr. Magoo utilizzando un naso di gomma ed indossandolo fintantoché non percepì simbiotico compimento, allorquando intesa gli concesse perfino d’insegnar a pronunciarne battute a James Byron Dean (1931-1955), durante la registrazione del celeberrimo Gioventù bruciata, Backus interpretandone il padre Frank Stark.
 

The Ragtime Bear, 1949

 

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Jim Backus, 1960

 
Sulle prime, il Magoo concepito da John fu screziato da toni caratteriali reazionari e non scevri di retriva perfidia — può esser in una sorta di metaforica ribellione, da parte di Hubley e di Kaufman, per il loro inserimento nella “black list” — salvo poi il personaggio alleggerirsi d’aspre spigolature al passar nelle mani del produttore cinematografico, animatore e regista americano Wilson D. ‘Pete’ Burness (1904-1969), a cui Hubley lasciò la serie completa, il neo direttore creativo — fresco d’innovazione grafica appresa nel 1930, a Berlino, durante il Congresso Mondiale della Pubblicità — dunque levigandone temperamento e restringendo moral grettezza a sporadiche e più tenui facezie, col passar degli anni Mr. Magoo ritrovandosi protagonista di film, serial, svariate trasmissioni — in parallelo popolarità vedendone prontamente profittata a livello pubblicitario, giacché il commercio assumendolo a portavoce incrementante le vendite di variegati prodotti — e piacevole nomea balzando dal grande al piccolo schermo, oltre che capillarmente proiettandosi in visione trasversale a paesi ed età, con una sorta d’umoristico filo rosso Mr. Magoo polarizzando su di sé svagati sguardi e gaudiose risate, amichevole entourage d’esistenzial tragitto formato da una rosa di personaggi — taluni comparsi e poi svaniti a cavallo di serie — interamente da scoprire ed amare nell’immaginario micro universo di lor pullulante, a partir dal premuroso, clemente ed alquanto stralunato nipote Waldo, longilineo giovanotto dalla ramata capigliatura, frequentemente coinvolto in molteplici inghippi nei quali s’imbatte l’ostinato zio e non raramente l’insita storditaggine del ragazzo aggravando la situazione.
 
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Mr. Magoo for Stag Beer, Pubblicità televisiva, UPA, Anni Cinquanta

 
Ad aiutare Waldo nell’istantaneamente rimuovere dal cammino di Mr. Magoo ogni potenziale pericolo è l’ilare e beato Charlie, cameriere asiatico dagli incisivi superiori esageratamente sporgenti — in celeste blusa, pantalone nero e lunga coda annodata da un vermiglio fiocchetto — apparso nelle puntate del primo decennio, ch’era solito chiamare Mr. Magoo in un orientaleggiante «Bloss», anziché «Boss». a se stesso invece riferendosi in terza persona con l’appellativo ‘Cholly’.

Aggiuntivi parenti sono Madre e nonna — rispettivamente Linda e ‘Nonnina’ — e Tycoon Magoo, miliardario zio paterno mai stanco di sbraitare «Worcestershire, get in here!», nel richiamare il proprio maggiordomo, Worcestershire, quest’ultimo incessantemente impegnato a salvaguardarne la proprietà dai rischi derivanti dalla risaputa sbadataggine dell’accecato nipote, mentre a render più frizzante l’atmosfera sono Wheerlay and Dealer — coppia d’infanti ai quali Mr. Magoo fa da babysitter — e Prisley, banditesco individuo divenuto grande amico di Waldo, di cui sarà traino verso una miriade di problematici imprevisti.

Fedelissimi compagni dell’intramontabile vecchietto sono il gatto Bowzir e McBarker, candido bulldog che, apparso nei cartoni negli anni Sessanta, come luogo comune comanda, incredibilmente somiglia al padrone, sia nelle visuali fattezze che nella ridotta capacità visiva, pertanto fido accompagnatore in escursioni dal risvolto tutt’altro che tranquillo, ipovedente bipede e candido quadrupede in affiatato passeggio sull’incombenza dei pericoli miracolosamente evitati in serafica nonchalance, a spasso fra cantieri, su cornicioni e addirittura consumando un pasto fuori porta sulle ali degli aerei o ancora trovandosi in pieno traffico cittadino nell’ignara guida in controsenso, eppure, non si sa come o se per effetto di chissà qual angelo custode, magicamente incolume fuoriuscendo da tutti gli inconvenienti, come ben si percepisce già dalla storica sigla, a cominciare dalla prima apparizione nel succitato The Ragtime Bear ove Mr. Magoo, regalò deliziose gemme d’incantevole comicità, mentre accenni a quella che ne fu l’infanzia cronologicamente son elencati nell’immaginaria intervista a firma “Josh and Ed Shapiro”, fra le cui righe Mr. Magoo data i propri natali — presso St. Claire’s Hospital — al 1909/1910, figlio di una donna di Brooklyn e d’un banchiere precocemente scomparso, quand’egli era appena seienne.
 

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Bowzir, il gatto di Mr. Magoo, UPA Animation Model, Anni Sessanta

 
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Mr. Magoo e Bowzir

 
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Mr. Magoo e McBarker, Fotogramma di animazione Anni Sessanta

 

Shotgun Magoo, 1960

 

Intrapreso un decennale percorso di studi al Saint Thomas Choir School, collegio corale fondato nel 1919 in Manhattan, il Magoo ragazzo venne spronato dal miliardario zio Tycoon a trasferirsi nel New Jersey una volta diplomato, parente con il qual, nel percepirsi dallo stesso bistrattato, egli non protrasse lunga convivenza, dunque inoltrando domanda d’iscrizione alla Rutgers University — ove si laureerà nel 1928 — ed a conferma d’accettazione subitamente dirigendosi verso la canadese provincia di New Brunswick, nella sentita speranza di riuscire ad entrar nei Rutgers Scarlet Knights football — squadra sportiva scolastica dell’ateneo — ed a partir dal secondo anno potendosi allenare al suo interno, in aggiunta provando l’ebbrezza di giocare qualche partita, negli anni a seguire interessandosi e dedicandosi a pratica teatrale — balzando in quel di Broadway nel 1941 — ma purtroppo ogni desio a riguardo venendo improvvisamente stoppato l’anno seguente per arruolamento nell’esercito, sezione fanteria, infine riprendendo recitazione in svariati ruoli prima di godersi meritato riposo in fase di pensionamento, trascorso in compagnia dei propri animali e nipoti, nel petto covando il frizzante sogno di farsi pilota.

Tenacemente risoluto nel marciar ad ogni costo per la propria strada come se nulla esistesse oltre gli inalterabili confini del proprio volere, il mirabolante ed adorabile Mr. Magoo volteggia sul pianeta in lodevole beatitudine e quotidiana realtà filtrando attraverso un mondo interiore ove — in gioconda amalgama — convivono immutabile caponaggine, lieta incoscienza, salubre curiosità, veemente slancio e traboccante voglia di vivere, l’animato personaggio pregevole metafora della gioventù d’animo che all’eccessiva ragionevolezza s’oppone nello splendor del fantasticare, aprendosi all’ignoto con spigliato e spumeggiante entusiasmo.

O fantasia, inestinguibile fonte dalla quale bevono l’artista e lo scienziato! Vivi presso di noi, anche se sei riconosciuta ed onorata da pochi, per preservarci dalla cosiddetta ragione, da quel fantasma senza carne e senza sangue.
Franz Schubert

 

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Gerald McBoing Boing and the nearsighted Mr. Magoo, 1952

 
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Gerald McBoing Boing and the nearsighted Mr. Magoo, 1953

 
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Disegni per la serie Mr. Magoo Express, 1955

 
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Mr. Magoo Stock Poster, 1958

 
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Mr. Magoo Show, 1960-1961

 
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The Mr. Magoo Show, 1961

 
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Mr. Magoo, 1963

 
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Mr. Magoo, 1963

 
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Mr. Magoo, 1964

 
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Mr. Magoo Production, Anni Sessanta

 
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Mr. Magoo’s Christmas Carol, 1997

 
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