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MUSICA D'AUTORE

Con Capossela poesia e impegno

Meno istrione di un tempo, il cantautore non nasconde la passione politica. L’omaggio a Giorgio Bettinelli

Luca Muchetti

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06 Maggio 2024 - 12:08

CREMONA - Vinicio Capossela canta ed esorcizza tutti gli incubi dei nostri tempi in una notte sola. A due anni dall’ultima apparizione cremonese, il cantante è tornato ieri in città con una tappa del suo tour Con i tasti che ci abbiamo, ciclo di concerti direttamente legato al più recente album Tredici canzoni urgenti. E l’urgenza di quel disco si riflette nell’urgenza dei temi che Capossela snocciola in una scaletta che si apre sotto i bombardamenti di Sul divano occidentale, amarissima satira dedicata all'incapacità di ognuno di noi di influire sugli eventi che, come un film, giornalmente scorrono inesauribili sui nostri televisori.

Circondato da una formazione composta da Andrea Lamacchia al contrabbasso, Piero Perelli alla batteria, Alessandro ‘Asso’ Stefana alla chitarra, Raffaele Tiseo al violino, Daniela Savoldi al violoncello e Michele Vignali al sassofono, Capossela si accascia - corpo tarantolato ed elmetto in testa - sul divano che fa bella mostra di sé alla destra del palco. Poi si rialza e riguadagna il microfono per introdurre un altro brano tratto dall’ultimo album, All you can eat: «Neppure qui a Cremona, la città di Tognazzi, si sarebbero mai immaginati in che grande abbuffata avrebbero trasformato le nostre città».

La militanza del cantante, ospite frequente nelle piazze musicali del 25 aprile, non è un mistero e la vena politica attraversa anche alcune delle sue recenti canzoni: «Se la politica diventa uno spettacolo incivile, allora lo spettacolo deve diventare pubblico e possibilmente civile. Vediamo nei manifesti elettorali questa signora ritratta con una fiamma sopra la testa. Ricordiamoci da quali braci arde la fiamma. Fascismo e Resistenza non sono fenomeni museali, ma forze vive operanti nella società e in noi stessi. La prima linea della resistenza è nella nostra coscienza», spiega prima di attaccare Staffette in bicicletta.

Gli amanti del Capossela più fumoso e intimo ritrovano poco dopo le classiche atmosfere pianistiche in una intensa esecuzione di Parla piano. Ma troppa attualità gonfia il taccuino dell’ex bardo dei locali notturni, ed è l’innocenza - «prima vittima di ogni guerra» - al centro de La crociata dei bambini, ninna-nanna triste ispirata dalle parole dal poema di Bertolt Brecht La crociata dei ragazzi. Tanti libri affollano le visioni di Capossela; così prende forma anche Ariosto governatore, una ballad dal passo dylaniano suonata mentre una grande luna gonfiabile cala sul palco, ricordando che «proprio lassù Ludovico Ariosto aveva immaginato si depositasse il senno che gli uomini perdono sulla Terra».

Sul palco meno istrione di un tempo, e molto più calato nei panni del songwriter, Capossela nella seconda parte dello show cala alcuni classici che restituiscono l’epopea di almeno una parte della storia discografica di uno degli artisti più irregolari e atipici della canzone italiana: la caotica Marajà, Che coss’è l’amor e Con una rosa (tutti brani usciti fra il 1994 e il 2000). Non manca una dedica al cremasco Giorgio Bettinelli, «un vero viaggiatore in lungo e in largo con la sua vespa».
Lunghi applausi salutano la fine di un concerto che suona come l’ennesima conferma della bontà di un artista complesso, autore di un mondo poetico e letterario in perenne espansione.

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