Sundance Film Festival 2024: I film più interessanti visti alla (scarna) versione online
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Sundance Film Festival 2024: I film più interessanti visti alla (scarna) versione online

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Tra i film messi a disposizione alla stampa online della kermesse dello Utah spicca Kneecap, vincitore dell'Audience Award.

Sundance Film Festival 2024: I film più interessanti visti alla (scarna) versione online

Il Sundance Film Festival ha continuato anche quest’anno a proporre la versione online della rassegna per la stampa che non ha potuto partecipare, inserendo però un numero minore di titoli rispetto alla già piuttosto scarsa bacheca della precedente edizione. Una scelta non pienamente condivisibile che non ci ha comunque negato la possibilità di visionare almeno un paio di lungometraggi assolutamente degni di attenzione. Ecco dunque alcuni dei film che il Sundance Online ha proposto alla stampa. Buona lettura

Alcuni dei film più interessanti presentati alla versione online del Sundance Film Festival

  • Exhibiting Forgiveness
  • Handling the Undead
  • Kneecap
  • Love Me
  • A Real Pain
  • Thelma

Exhibiting Forgiveness

Exhibiting Forgiveness (U.S. Dramatic Competition) racconta la storia personale del regista esordiente Titus Kaphar, pittore di fama internazionale che adopera la propria arte per cercare di venire a patti col proprio doloroso passato, causato da un padre tossicodipendente e abusivo. Nel ruolo del protagonista André Holland regala una performance vibrante, che racconta con pienezza la vita interiore dilaniata del personaggio senza andare mai sopra le righe, anzi diventando sempre più efficace proprio nei momenti in cui trattiene le proprie emozioni. Questo gli riesce anche perché accanto ha altri attori di bravura indiscutibile come Aunjanue Ellis-Taylor (il confronto madre-figlio è di una potenza emotiva straziante), Andra Day e John Earl Jelks. Quando la retorica inizia a fare lievemente capolino tra le pieghe della sceneggiatura dello stesso Kaphar, sono gli attori con le loro prove encomiabili a respingerla indietro. E questo fa di Exhibiting Forgiveness un lungometraggio magari non originale ma vero, sentito. Senza dubbio una delle opere maggiormente coese viste al Sundance Film festival Online di quest’anno.

Handling the Undead

Notevole trasposizione dal famoso romanzo dramma-horror di John Ajvide Lindqvist si è rivelata Handling the Undead (World Cinema Dramatic Competition), diretto dall’esordiente Thea Hvistendahl. E proprio al regia precisa e ottimamente cadenzata si rivela il punto di forza di questo film, il quale racconta il dilemma umano di persone che hanno dovuto subire il dolore della perdita e successivamente lo shock esistenziale di vedere i propri cari tornare in vita, sotto forma ovviamente più minacciosa. Co-sceneggiata dalla regia e dall’autore del testo di partenza, questa variazione sul tema degli zombie possiede una messa in scena di enorme impatto, capace di immergere lo spettatore in un'atmosfera di lugubre predestinazione. Il dolore e il dilemma umano dei personaggi è tangibile, soffuso ma pressante. La Hvistendahl lascia quasi tutta la violenza fiori scena, scelta che aumenta l'efficacia dei pochi ma devastanti momenti in cui invece la mostra. Horror d’autore totalmente riuscito, che vede nel cast Renate Reinsve e Anders Danielsen Lie, già apprezzati in La persona peggiore del mondo di Joaquim Trier, presentato anch'esso al Sundance due anni orsono.

Kneecap

Sfrontato, vitale, schierato si è rivelato Kneecap di Rich Peppiatt, vincitore dell’Audience Award. La vicenda drammatizzata del gruppo rap che regala il titolo al film, formatosi nella belfast occupata dall’esercito inglese, è un omaggio poderoso alla lingua originaria e alla lotta per l’indipendenza. scritto, diretto e interpretato con una libertà che ricorda quella visionaria e innovativa del Trainspotting di Danny Boyle, Kneecap mescola toni e fascinazioni cinematografiche in maniera totalmente efficace, proponendo allo spettatore un film che sa intrattenere in ogni singola scena e al tempo stesso esporre il suo messaggio politico senza mai lasciarlo soffocare la narrazione. Il cast di attori si rivela in stato di grazia - unico realmente conosciuto tra loro Michael Fassbender in un ruolo secondario - supportando l’idea del regista in maniera esemplare. Un film coinvolgente, a tratti addirittura vibrante. Senza dubbio uno dei migliori lungometraggi di questa edizione del Sundance, forse addirittura il migliore, e il premio ottenuto lo conferma. 

Love Me

Altro debutto presentato al festival è stato quello altamente ambizioso di Sam e Andy Zuchero intitolato Love Me. In un futuro dove l’umanità si è ormai estinta da moltissimo tempo rimangono in funzione ancora macchinari elettronici, e il film racconta come due di questi imparano col tempo - tanto tempo - a conoscersi, adoperando le notizie che hanno accumulato dai social media per costruire le proprie personalità. L’idea di partenza di Love Me è senza dubbio interessante, un mix di Wall-E con rimandi lontani al cinema di Stanley Kubrick e Terrence Malick. Quello che però si presenta come un buono spunto di partenza non necessariamente si trasforma in una sceneggiatura capace di reggere un intero lungometraggio: soprattutto la prima parte di Love Me si presenta come infatti prolissa, una volta capito il gioco il ritmo del racconto eccede nella ricerca di accumulo di dettagli per riempirlo. Meglio invece il finale del film, anche perché in gioco entrano maggiormente i due protagonisti Kristen Stewart e Steven Yeun, che funzionano decisamente bene. Soprattutto l’attrice candidata all’oscar per Spencer continua ad evidenziare segni di maturazione artistica encomiabili. Questo romance post-apocalittico invece avrebbe trovato probabilmente migliore dimensione nella forma di un corto o mediometraggio, i novanta minuti non riesce del tutto a sostenerli.

A Real Pain

Uno dei titoli maggiormente sotto i riflettori di questa edizione è stato senza dubbio A Real Pain, seconda prova da regista di Jesse Eisenberg dopo When You Finish Saving the World, presentato sempre al festival dello Utah due anni fa. Il regista è anche protagonista insieme a Kieran Culkin di una storia che vede due cugini ognuno con i propri problemi personali intraprendere un viaggio in Polonia per onorare la memoria della loro nonna, deceduta da pochi mesi e sopravvissuta ai campi di concentramento. La volontà di non eccedere mai nel sottolineare la dimensione drammatica o talvolta anche assurda di personaggi e situazioni alla lunga nuoce al film di Eisenberg, il quale si mantiene dentro un tono piuttosto neutro anche quando invece ci si sarebbe aspettata una maggiore partecipazione emotiva. A Real Pain non possiede reali difetti e cadute di tono, sfodera un cast che funziona a dovere soprattutto nei due attori principali, ma alla fine offre la sensazione di non incidere quanto avrebbe potuto. Vista la vicenda trattata un approccio sobrio era la scelta giusta, ma almeno nella rappresentazione della complessità emotiva dei personaggi - soprattutto il Benji di Culkin - forse si poteva realizzare qualcosa di diverso spessore. 

Thelma

Dolce, anzi gentile parodia dei film d’azione mainstreaming si è rivelato Thelma, che vede protagonista assoluta la novantaquattrenne June Squibb, la quale si lancia intrepida alla ricerca di chi le ha truffato diecimila dollari insieme all'amico Richard Roundtree. Ci mette un po’ a carburare questa commedia di situazione, forse troppo attenta a rappresentare l’età più avanzata con la necessaria delicatezza del tocco. La prima parte di Thelma non lascia un’impressione realmente profonda o non diverte più di tanto, nonostante alcuni momenti lo avrebbero potuto lasciar supporre. Il lungometraggio diretto dall’esordiente Josh margolin ha però il pregio di possiede una seconda metà che cresce rispetto alla prima, e notevolmente. Gli ultimi venti minuti del film sono infatti spiritosi, ironici, molto ben cadenzati nel ritmo. Merito è anche dell'entrata in scena di un grande istrione come come Malcolm McDowell, che la sua parte la fa sempre. E una gag nell’ultimissima scena è davvero azzeccata, ma ovviamente non riveleremo quale. Il risultato è in fin dei conti più che positivo, e rimane impressa la dolcezza di un’attrice di grande impatto umano come la Squibb. Lei è davvero da applausi. 

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