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Arraffati dai predoni della natura, giaguari, lontre e orchidee si estinguono

Dai volti iconici dei crimini subiti dalla natura, come elefanti, pangolini e rinoceronti, a specie che ricevono meno attenzione, come orchidee, cavallucci di mare e pappagalli, sono oltre 4.000 le specie selvatiche prese di mira dal commercio illegale in tutto il mondo. A fotografare la portata del traffico illegale di piante e animali al livello globale è il nuovo rapporto delle Nazioni Unite sui crimini contro la natura, che avverte come nonostante gli sforzi degli ultimi decenni, il traffico di specie selvatiche continui a essere una minaccia per la biodiversità. 

“I crimini contro la fauna selvatica causano danni indicibili alla natura e mettono a rischio mezzi di sussistenza, salute pubblica e la capacità del nostro pianeta di combattere il cambiamento climatico”, ha detto Ghada Waly, direttrice dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC) che ha curato il rapporto. 

I numeri del mercato nero

I dati, che prendono in esame oltre 140.000 sequestri di specie selvatiche effettuati dalle forze dell’ordine fra il 2015 e il 2021, indicano che il commercio illegale coinvolge 162 Paesi in tutto il mondo e colpisce più di 4.000 specie vegetali e animali. La maggior parte è elencata nella Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES), accordo internazionale che ha lo scopo di garantire che il commercio di piante e animali non minacci la sopravvivenza delle specie. 

Come emerge dal rapporto, quello delle specie selvatiche è un mercato nero che sta conducendo sempre di più a estinzioni globali e locali. Circa il 40% delle specie di animali commerciati illegalmente è infatti classificato come in pericolo o quasi in pericolo di estinzione nelle Liste Rosse dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN). 

Ad alimentare il commercio illegale di specie selvatiche è la richiesta continua di medicine tradizionali, per le quali vengono usate parti del corpo di animali come rinoceronti, pangolini e cavallucci marini. O di trofei da sfoggiare, come le pelli dei felini. O ancora di cibi esotici, animali domestici fra i quali spiccano pitoni, iguane, pappagalli rari, e piante ornamentali soprattutto orchidee. Complessivamente, nel periodo preso in esame, sono stati sequestrati a cacciatori e cercatori di frodo circa 13 milioni di articoli e oltre 16.000 tonnellate di merce. 

Una lunga lista di piante rare, rettili, pesci, uccelli e mammiferi presi di mira per soddisfare le richieste di un mercato nero miliardario. Secondo l’Interpol, si tratterebbe di un giro di affari da oltre 20 miliardi di dollari l’anno. Uno dei commerci illegali più redditizi, dopo il traffico di armi, droga ed esseri umani. 

La rete del commercio illegale

Come emerge dal rapporto, a tenere le redini di questo mercato sono soprattutto grandi gruppi criminali. Organizzazioni che opera al livello transnazionale e gestiscono tutta la catena del traffico: allevamento di esemplari vivi, catture in natura, trasformazione del prodotto, stoccaggio, esportazione, importazione e vendita. È la filiera del commercio illegale di specie selvatiche, attiva in tutto il mondo. Dall’Amazzonia, dove giaguari, lontre e orsi dagli occhiali vengono cacciati per le loro pelli, al Triangolo d’Oro, catena montuosa compresa fra Myanmar, Laos e Thailandia e dove si trafficano tigri e serpenti, passando per le riserve naturali d’Africa. 

Le specie selvatiche predate sono destinate soprattutto ai mercati asiatici. Ma non solo. Anche l’Unione Europea è coinvolta. Un recente rapporto dell’organizzazione internazionale di monitoraggio delle specie selvatiche TRAFFIC dimostra quanto il traffico di piante e animali sia attivo nel nostro continente, nonostante diverse norme adottate (come l’aggiornamento del piano d’azione per reprimere il traffico illegale di specie selvatiche, in atto dal 2016, e il più recente regolamento sui prodotti a deforestazione zero). 

“Un problema lontano dall’essere risolto”, si legge nell’ultimo rapporto delle Nazioni Unite. Anche perché, se da una parte si cerca di intervenire per ridurre le domande di prodotti provenienti da crimini contro la natura e intercettarne le “piazze” di mercato, dall’altra i trafficanti adattano continuamente i loro metodi. Una recente indagine della Wildlife Conservation Society, storica organizzazione per la difesa delle specie selvatiche con sede negli Stati Uniti, ha dimostrato come il commercio di parti di giaguaro nell’America Latina sia facilmente accessibile tramite piattaforme online. Oltre 230 annunci con tanto di foto, rilevati alla “luce del sole” fra il 2009 e il 2019 su siti di streaming, blog e social network, pubblicizzavano la vendita di parti di giaguaro. Soprattutto zanne, vendute come monili o medicinali senza che nessuna prova scientifica ne abbia mai dimostrato la validità.

Più specie da proteggere

Con molte specie vegetali e animali che ogni giorno fanno i conti con i cambiamenti climatici e la degradazione degli habitat, la caccia e la raccolta di frodo sono una minaccia alla loro sopravvivenza. Un recente studio, pubblicato su Nature Ecology & Evolution, ha rivelato come il commercio di specie selvatiche, sia illegale che autorizzato, abbia contribuito alla diminuzione del 62% dell’abbondanza delle specie. È quello che potrebbe succedere alle orchidee, che includono migliaia di specie rare, presenti solo in alcune regioni del mondo, raccolte e usate per creare ibridi ancora più spettacolari da vendere. Al palissandro, apprezzato per la sua resistenza, il suo colore e la sua facilità di lavorazione e usato per produrre mobili e strumenti, che continua ad essere una delle specie arboree più depredate. Ad alcune preziose piante succulente del Sud Africa, come l’albero faretra, che non reggono più l’effetto combinato di siccità e raccolta illegale. 

Anche per queste specie, spesso lontane dai riflettori, devono essere incrementati gli sforzi di protezione già messi in atto per altre piante e animali. Come emerge dal rapporto, le misure adottate negli ultimi decenni per contrastare il commercio illegale della fauna selvatica sembrano aver aiutato alcune specie. I dati sul bracconaggio di elefanti e rinoceronti, per quanto ancora gravemente minacciati, dimostrano come interventi per ridurre la domanda, quali restrizioni di mercato e campagne di sensibilizzazione, e l’offerta, con efficaci programmi di monitoraggio, abbiamo prodotto esiti positivi. Sono infatti in diminuzione i sequestri e i prezzi sul mercato nero dei prodotti legati ai due animali simbolo dei crimini contro la natura. 

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