Danno immagine Pubblica Amministrazione: ultime sentenze
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Danno immagine Pubblica Amministrazione: ultime sentenze

19 Luglio 2022 | Autore:
Danno immagine Pubblica Amministrazione: ultime sentenze

Reati commessi da pubblici dipendenti; responsabilità del funzionario pubblico e valore della sentenza di patteggiamento; competenza cognitiva del giudice contabile.

Danno all’immagine subito dalla PA

Il danno all’immagine subito dalla pubblica amministrazione è risarcibile anche quando derivi dalla commissione di reati comuni. (In motivazione la Corte ha precisato che, anche a seguito delle modifiche normative disposte con il d.lg. 26 agosto 2016, n. 174 ed in ragione del perdurante rinvio “mobile” contenuto nell’art. 17, comma 30-ter, d.l. 1 luglio 2009, n. 78, all’abrogato art. 7, legge 27 marzo 2001, n. 97, l’azione risarcitoria non può ritenersi esperibile in relazione ai soli delitti dei pubblici agenti contro la pubblica amministrazione, indicati nell’art. 7 cit.).

Cassazione penale sez. VI, 20/05/2021, n.5534

Risarcimento del danno all’immagine subito dalla PA

In tema di risarcimento del danno all’immagine subito dalla pubblica amministrazione, le modifiche normative di cui al d.lg. 26 agosto 2016, n. 174 per effetto delle quali la risarcibilità non è limitata ai reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, ma estesa a qualsiasi reato, operano anche con riferimento ai fatti commessi anteriormente all’entrata in vigore del citato d.lg., a condizione che fossero già qualificabili come illeciti.

Cassazione penale sez. VI, 20/05/2021, n.5534

Danno all’immagine della PA: definizione

Il ‘danno all’immagine della P.A.’ può essere definito come il danno ‘che investe il rapporto che lega la comunità degli amministrati all’ente per il quale il dipendente infedele agisce e postula il venir meno, da parte dei cittadini o anche da una categoria di soggetti (fruitori o prestatori di servizi od opere), del senso di affidamento e di fiducia nel corretto funzionamento dell’apparato della pubblica amministrazione nonché nel senso di ‘appartenenza all’istituzione’ stessa ” si identifica nell’offesa al rispetto di tutte quelle disposizioni poste a tutela delle competenze, delle funzioni e delle ‘responsabilità ‘ dei soggetti pubblici e nella conseguente alterazione della sua identità quale istituzione garante, di fronte alla collettività tutta, di principi di trasparenza, legalità, imparzialità ed efficienza.

Tribunale Vibo Valentia sez. I, 12/02/2021, n.147

Furbetti del cartellino

Non è necessaria la presenza di una sentenza penale definitiva di condanna quale condizione di ammissibilità dell’azione di responsabilità per danno alla “nomea” dell’ente pubblico derivante dal fenomeno dei cosiddetti “furbetti del cartellino”. Difatti, la lesione del diritto della persona giuridica pubblica all’integrità della propria immagine è causa di danno non patrimoniale risarcibile sia sotto il profilo della “reputazione” presso i cittadini in genere o più specificamente presso i settori con cui l’ente interagisce, sia sotto il profilo dell’incidenza negativa che il “credito sminuito” può cagionare all’ordinario agire dei sui uffici. Ad affermarlo è la sezione giurisdizionale della regione Sicilia della Corte dei conti, per la quale la lesione del buon nome della Pa resta una ipotesi del tutto speciale di responsabilità amministrativa.

Corte Conti, (Sicilia) sez. reg. giurisd., 13/01/2021, n.31

Riconoscibilità del danno non patrimoniale

Il danno subito dalla pubblica amministrazione per effetto della lesione all’immagine è risarcibile anche quando derivi dalla commissione di reati comuni, allorquando siano posti in essere da soggetti appartenenti ad una pubblica amministrazione. In buona sostanza, un danno all’immagine della PA può comunque configurarsi anche nel caso di reati comuni commessi da soggetti estranei, aventi connotati di efferatezza, protrattisi nel tempo, con riflessi mediatici consistenti, tali da incidere significativamente in senso negativo sulla percezione pubblica del territorio e dei suoi abitanti.

Tribunale Palermo sez. I, 11/01/2021, n.51

La responsabilità del pubblico ufficiale

La responsabilità del pubblico ufficiale per il danno all’immagine patito dall’amministrazione di appartenenza in conseguenza della propria condotta penalmente rilevante è limitata soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge e cioè per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione. Esula, quindi, dal novero delle ipotesi di reato che legittimano detta responsabilità la condanna per truffa.

Cassazione penale sez. II, 05/11/2020, n.35477

Quando può essere esercitata l’azione risarcitoria del danno all’immagine della PA?

L’azione risarcitoria per il danno all’immagine subìto dalla pubblica amministrazione è esercitabile soltanto con riferimento ai delitti contro la pubblica amministrazione previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, con esclusione, quindi, dei reati “comuni” posti in essere da soggetti appartenenti ad una pubblica amministrazione.

Cassazione penale sez. II, 21/10/2020, n.35447

Danno all’immagine della PA

Ai fini del risarcimento del danno all’immagine della pubblica amministrazione, determinano responsabilità del funzionario pubblico non solo i delitti specificamente rubricati contro quest’ultima bensì tutti i delitti comunque commessi direttamente e immediatamente “a danno” della stessa. Inoltre, ai fini dell’azione di risarcimento per danno all’immagine, la sentenza di patteggiamento equivale alla sentenza penale irrevocabile di condanna resa a seguito di dibattimento.

Corte Conti, (Liguria) sez. reg. giurisd., 10/12/2019, n.204

I casi di risarcimento del danno all’immagine della PA

Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 51, commi 6 e 7, c.g.c., in relazione agli artt. 3, 76, 97 e 103 Cost., nella parte in cui esclude l’esercizio dell’azione del PM contabile per il risarcimento del danno all’immagine della PA conseguente a reati dolosi, commessi da pubblici dipendenti a danno delle stesse pubbliche amministrazioni, dichiarati prescritti con sentenza passata in giudicato pienamente accertativa della responsabilità dei fatti ai fini della condanna dell’imputato al risarcimento dei danni patiti dalle parti civili costituite, per inadeguata rappresentazione, da parte del Rimettente, del quadro normativo entro il quale la disposizione in argomento è ricompresa, ossia per non aver tenuto in alcuna considerazione l’art. 17, comma 30-ter, del d.l. n. 78 del 2009, nella parte in cui prevede, pur a seguito della parziale sua abrogazione ad opera dell’art. 4 dell’Allegato 3 al d. lgs. n. 174 del 2016, la risarcibilità del danno all’immagine «nei soli casi» previsti dalla legge.

Corte Costituzionale, 19/07/2019, n.191

Le limitazioni alla risarcibilità del danno all’immagine

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 30-ter, secondo periodo, d.l. 1 luglio 2009, n. 78, conv., con modif., in l. 3 agosto 2009, n. 102, come modificato dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1), d.l. 3 agosto 2009, n. 103, conv., con modif., in l. 3 ottobre 2009, n. 141, censurato per violazione degli artt. 3 e 97, comma 2, Cost. nella parte in cui prevede che le procure regionali della Corte dei conti esercitino l’azione per il risarcimento del danno all’immagine della p.a. in conseguenza di reati commessi da pubblici dipendenti nei soli casi e modi previsti dall’art. 7 l. 27 marzo 2001, n. 97, che, a sua volta, fa riferimento alle sentenze irrevocabili di condanna pronunciate, nei confronti dei dipendenti di amministrazioni o di enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica, per i delitti contro la pubblica amministrazione previsti dal Capo I del Titolo II del Libro II del codice penale.

La sentenza n. 355 del 2010 ha già ritenuto non manifestamente irragionevole la scelta del legislatore di consentire il risarcimento soltanto in presenza di condotte illecite, che integrino gli estremi di specifiche fattispecie delittuose, volte a tutelare, tra l’altro, proprio il buon andamento, l’imparzialità e lo stesso prestigio dell’amministrazione.

La finalità della norma impugnata è infatti quella di dare coerenza alla disciplina del danno all’immagine all’interno di un complessivo disegno legislativo volto a ridurre i casi di responsabilità amministrativa, all’evidente scopo di consentire un esercizio dell’attività di amministrazione della cosa pubblica, oltre che più efficace ed efficiente, il più possibile scevro da appesantimenti, ritenuti dal legislatore eccessivamente onerosi, per chi è chiamato, appunto, a porla in essere. Tale scelta, peraltro, non esclude la ragionevolezza dell’identificazione, all’interno di tale disegno, di ulteriori e specifiche ipotesi di responsabilità, che si giustificano in ragione della loro specialità. Detti principi non sono posti in discussione dalle censure formulate, che non sottopongono argomenti e profili non considerati dal citato precedente (sent. n. 355 del 2010; ordd. nn. 219, 221 e 286 del 2011).

Corte Costituzionale, 09/07/2019, n.168

Perseguibilità del danno all’immagine della PA

È possibile perseguire il danno all’immagine, in conseguenza dei delitti commessi in danno alla P.A. accertati con sentenza penale irrevocabile, senza che debba trovare applicazione la previgente disciplina che limitava la configurabilità del danno all’immagine ai soli delitti del pubblico ufficiale contro la Pubblica Amministrazione (reati contemplati al libro II, titolo II, capo I del Codice Penale), qualora l’istruttoria del PM contabile si sia conclusa sotto la vigenza del nuovo Codice di Giustizia Contabile e il giudizio sia stato introdotto dopo l’entrata in vigore del c.g.c.. In tal caso è quindi possibile promuovere l’azione risarcitoria per il danno all’immagine anche per reati previsti in altri titoli del Codice Penale, purché commessi in pregiudizio della Pubblica Amministrazione.

Corte Conti, (Veneto) sez. reg. giurisd., 15/02/2019, n.26

Reati contro la PA: l’attenuante per fatti di particolare tenuità

In tema di reati contro la pubblica amministrazione, l’attenuante speciale prevista dall’art. 323-bis c.p. per i fatti di particolare tenuità, diversamente da quella comune di cui all’art. 62, comma primo, n. 4 c.p., ricorre quando il reato, valutato nella sua globalità, presenti una gravità contenuta, dovendosi a tal fine considerare non soltanto l’entità del danno economico o del lucro conseguito, ma ogni caratteristica della condotta, dell’atteggiamento soggettivo dell’agente e dell’evento da questi determinato.

(Fattispecie in cui la Corte, in tema di corruzione e accesso abusivo a un sistema informatico, ha ritenuto esente da censure la decisione con cui era stata negata tale attenuante per l’oggettiva gravità del danno recato all’immagine della pubblica amministrazione e alla segretezza delle indagini della polizia giudiziaria).

Cassazione penale sez. VI, 09/11/2018, n.8295

Reati comuni commessi da appartenenti alla PA

Il danno subito dalla pubblica amministrazione per effetto della lesione all’immagine è risarcibile anche qualora derivi dalla commissione di reati comuni posti in essere da soggetti appartenenti ad una pubblica amministrazione. (Fattispecie in tema di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche).

Cassazione penale sez. II, 20/06/2018, n.41012

Giudizi di responsabilità per danno all’immagine della PA

Il comma 30 ter dell’articolo 17, D.L. 78/2009, deve essere interpretato nel senso che la competenza cognitiva del giudice contabile nei giudizi di responsabilità per danno all’immagine della P.A. si radica “nei confronti di tutti i soggetti legati alla p.a. da un rapporto di servizio e non solo i dipendenti pubblici, atteso che solo tale opzione ermeneutica appare compatibile con una lettura costituzionalmente orientata della norma”. In un giudizio di responsabilità per danno all’immagine determinato da condotta illecita accertata con sentenza passata in giudicato nei confronti di un consigliere regionale, la Sezione respinge l’assunto difensivo del convenuto secondo cui il legislatore limiterebbe la responsabilità per danno all’immagine ai soli dipendenti della pubblica amministrazione, e non la estenderebbe agli amministratori, salvo ipotesi espressamente specificate.

La Corte, in armonia con la giurisprudenza della Cassazione e della Corte Costituzionale, coglie l’occasione per ricordare che “per rapporto di servizio non si deve intendere il solo rapporto organico o d’impiego pubblico, essendo sufficiente che il soggetto, anche privato, venga investito per un certo periodo, in modo continuativo, di una determinata attività in favore della pubblica amministrazione; e che, pertanto, s’inserisca nell’organizzazione della medesima con particolari vincoli e obblighi diretti ad assicurare la rispondenza dell’attività stessa alle esigenze generali cui è preordinata, che operi nell’iter procedimentale amministrativo e che ne divenga compartecipe effettivo”. In relazione alla specifica carica di consigliere regionale, inoltre la difesa del convenuto richiamava a sostegno dell’eccepito difetto di giurisdizione della Corte dei Conti anche il comma 3 dell’articolo 122 Cost.

La Corte respinge l’assunto richiamando l’interpretazione della Corte Costituzionale secondo cui “l’immunità prevista dall’art. 122 della Cost. attiene alla particolare natura delle attribuzioni proprie del Consiglio regionale che “costituiscono esplicazione di un’autonomia costituzionalmente garantita attraverso l’esercizio di funzioni in parte disciplinate dalla stessa Costituzione e in parte di altre fonti e che le attribuzioni previste dalla Carte fondamentale non si esauriscono in quelle legislative, ma ricomprendono altresì quelle di indirizzo politico, nonché quelle di controllo e di autoorganizzazione” (sentenze n 289 e 392 del 1999).

Alla luce di tale dato interpretativo e della natura degli illeciti accertati nei confronti del convenuto la Corte afferma che “la condotta posta in essere dal convenuto non rientra tra quelle coperte da immunità, non potendosi qualificare, neanche lontanamente, come manifestazione di volontà dell’assemblea regionale, ma solo come autonoma iniziativa volta a perseguire un proprio autonomo beneficio.”

Corte Conti, (Calabria) sez. reg. giurisd., 26/10/2017, n.264

Risarcimento del danno all’immagine: la PA può costituirsi parte civile

In tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, è ammessa la costituzione di parte civile per far valere il risarcimento del danno all’immagine arrecato all’ente pubblico, non essendo prevista una riserva di giurisdizione esclusiva in favore del giudice contabile, in quanto l’art.17, comma 3-ter, legge 3 agosto 2009, n.102, nel prevedere la proposizione dell’azione risarcitoria da parte della Procura della Repubblica presso la Corte dei Conti nel giudizio erariale, si limita a circoscrivere oggettivamente l’ambito di operatività dell’azione, senza introdurre una preclusione alla proposizione della stessa dinanzi al giudice ordinario.

Cassazione penale sez. VI, 27/09/2017, n.48603

Danno all’immagine alla PA a causa di gravi episodi di assenteismo

In tema di schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 20 giugno 2016, n. 116, recante modifiche all’articolo 55-quater del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi dell’articolo 17, comma l, lettera s), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di licenziamento disciplinare, pur riconoscendosi che il danno alla immagine di una pubblica Amministrazione per eclatanti episodi di assenteismo sia evidente, e che le relative azioni risarcitorie contro gli assenteisti siano uno degli strumenti per riequilibrare situazioni percepite dalla opinione pubblica come gravi ingiustizie, è doveroso sottoporre alla valutazione del Governo la probabile assenza di una specifica delega legislativa al riguardo, negli articoli 16 e 17 della legge n. 124/2015. Si suggerisce, pertanto, di espungere dall’art. 1, comma 1, lett. b), del d. Lgs. n. 116/2016 le disposizioni oggetto di quei forti dubbi di carenza legislativa e cioè di quelle che prevedono l’azione di responsabilità per danno all’immagine della pubblica amministrazione, ferma restando l’esigenza di introdurre tali disposizioni nell’ordinamento con idoneo mezzo legislativo anche d’urgenza.

Consiglio di Stato comm. spec., 18/04/2017, n.891

Danno arrecato all’immagine della PA: la richiesta di patteggiamento

Presupposti necessari per l’esercizio dell’azione di responsabilità per il danno arrecato all’immagine della P.A., sono una sentenza di condanna passata in giudicato per un reato del pubblico ufficiale commesso in pregiudizio della pubblica amministrazione, ed il clamore mediatico (clamor fori) derivante dalla condotta illecita del soggetto agente.

Nell’ambito del primo presupposto, la sentenza di patteggiamento, passata in giudicato, essendo equiparata ad una sentenza di condanna (art. 445 c.p.p.), costituisce idoneo presupposto per l’esercizio dell’azione per il risarcimento del danno all’immagine della pubblica amministrazione. La richiesta di patteggiamento della pena può considerarsi, infatti, come tacita ammissione di colpevolezza e, pur non essendo precluso al Giudice contabile l’accertamento e la valutazione dei fatti in modo difforme da quello contenuto nella sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 444 c.p.p., tuttavia questa assume un valore probatorio qualificato, superabile solo attraverso specifiche prove contrarie.

Pur non essendo assistita dalla efficacia vincolante che deriva dalle sentenze adottate a seguito di dibattimento ex art. 651 c.p.p., la sentenza di patteggiamento costituisce una prova di tipo presuntivo, la cui esclusione obbliga il giudice contabile a dare ampia motivazione del perché l’imputato abbia chiesto di essere condannato e il giudice non abbia disposto il proscioglimento in assenza della penale responsabilità.

Corte Conti, (Veneto) sez. reg. giurisd., 28/02/2017, n.29

Condanna al risarcimento del danno all’immagine della PA

Per la condanna al risarcimento del danno all’immagine non è sufficiente la sola esistenza del fatto-reato – “danno evento” – richiedendosi anche che dallo stesso sia scaturita, come conseguenza diretta, la lesione perpetrata dalla condotta infedele, qualificabile in termini di lesione dei principi di rango costituzionale ed eurounitario quali il buon andamento e l’imparzialità della Pubblica Amministrazione.

Corte Conti, (Veneto) sez. reg. giurisd., 27/02/2017, n.28

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