The Tiger: An Old Hunter's Tale - Film (2015) - MYmovies.it

The Tiger: An Old Hunter's Tale

Film 2015 | Azione, Avventura, Storico 139 min.

Regia di Park Hoon-Jung. Un film con Choi Min-sik, Jeong Man-sik, Kim Hong-Fa, Kim Sang-ho, Lee Eun-woo. Cast completo Titolo originale: Daeho. Titolo internazionale: The Tiger. Genere Azione, Avventura, Storico - Corea del sud, 2015, durata 139 minuti. - MYmonetro 2,48 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento venerdì 22 aprile 2016

Mentre il Regno Coreano è sotto l'occupazione giapponese, un coraggioso cacciatore viene sfidato a cacciare l'ultima feroce tigre rimasta viva. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Asian Film Awards,

Consigliato nì!
2,48/5
MYMOVIES 2,00
CRITICA
PUBBLICO 2,96
CONSIGLIATO NÌ
La lotta metaforica tra l'uomo e la tigre, in un prolisso blockbuster che guarda a Moby Dick e Lo squalo, in chiave nazionalista.
Recensione di Emanuele Sacchi
Recensione di Emanuele Sacchi

Corea, 1925, alle pendici del monte Jirisan. Durante l'occupazione giapponese della penisola coreana, l'ufficiale dell'esercito nipponico Maenojo, collezionista di trofei di caccia impagliati, intende sconfiggere a tutti i costi dae-ho, ossia la tigre, altrimenti detta il Re della Montagna, e spezzare così un simbolo dell'indipendenza del popolo coreano. Dopo i fallimenti dei cacciatori assoldati per il compito, Maenojo mobilita anche l'artiglieria dell'esercito e bombarda la foresta dove la tigre è solita cacciare. Ma forse solo Man-duk, solitario cacciatore che conosce il luogo in cui l'animale si rintana, è in grado di catturarla.
Bastano pochi minuti di film per misurare il livello competitivo a cui sono arrivate le grandi produzioni sudcoreane. Tanto nel comparto computer grafica e post-produzione che in quello della fotografia e della cura dei dettagli, visto che le foreste, e le creature che le popolano, in The Tiger: A Old Hunter's Tale non si allontanano molto dalla magnificenza visiva di Revenant - Redivivo o di una produzione statunitense dal profilo altrettanto elevato. È sufficiente un'altra manciata di minuti, tuttavia, a far comprendere come lo sforzo sia ormai sbilanciato verso il lato più tecnico e industriale dell'opera, che invece arranca faticosamente sul piano della scrittura e del coinvolgimento narrativo.
Totalmente in linea con il filone neo-patriottico in voga in Corea del Sud, che ha portato ai successi recenti di The Admiral: Roaring Currents o di Ode to My Father, The Tiger: A Old Hunter's Tale ripropone Choi Min-sik (Oldboy) come simbolo dell'antieroe sopravvissuto a un destino avverso, ma ormai privo di stimoli; prigioniero di una missione da compiere di cui solo in parte è consapevole, il suo Man-duk è quasi un morto inconsapevole di essere tale, che cammina stancamente sulla terra. Il suo alter-ego è il Re della Montagna, come gli abitanti dei villaggi sotto il monte Jirisan hanno ribattezzato la gigantesca tigre con un occhio solo con cui Man-duk condivide più di un legame segreto.
Spunti promettenti affidati alla penna sicura di Park Hoon-jung (suoi gli script di The Unjust e I Saw the Devil), che conferma i suoi limiti in veste di regista (The Showdown), palesando molte difficoltà nel tentativo di padroneggiare le aspettative di una mega-produzione. Le riflessioni sottocutanee di The Tiger, mascherate da ovvie allegorie, sono riconducibili agevolmente ad altrettanti cliché, dal novello Capitano Achab che brucia il cammino alle proprie spalle e si arrende alla Bestia, al disprezzo per il senso di onnipotenza artificiale del lato ferino dell'uomo - rappresentato da un esercito giapponese caricaturale nella sua demenziale malvagità - contrapposto alla ferocia naturale del lato umano della fiera (tanto la tigre che Mun-duk). Il legame mentale tra i due protagonisti e la natura speculare della loro vicenda sono concentrati nell'ultimo segmento, dopo che un minutaggio esagerato ha già sperperato ogni tensione e curiosità residua. Quando la risoluzione arriva - dopo 3 o 4 controfinali - l'attenzione è già volata altrove, per nulla agevolata dall'enfasi con cui viene sovraccaricata ogni sequenza (immancabilmente sottolineata dalla colonna sonora).
La via del racconto verista è ben presto abbandonata - la tigre salta ovunque nonostante diversi proiettili in corpo, si muove a velocità a cui neanche dei ghepardi si avvicinerebbero e fornisce prove crescenti di un'intelligenza diabolica degna di Lex Luthor o Moriarty -, rimpiazzata da uno schema che rivisita Lo squalo e Predator, ricorrendo ad allegorie elementari e riconducibili al consueto assunto sulle qualità individuali dell'uomo sudcoreano. Il sintomo - in quanto non isolato - di un'involuzione generalizzata e rilevante nei contenuti del cinema mainstream sudcoreano, sempre più dominato dal tecnicismo nazionalista.

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