Lettere dal Sahara | Minori.it - Centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza

Lettere dal Sahara

20/07/2010

di Vittorio De Seta

(Italia, 2006)

Sinossi

Assane è un giovane senegalese che per trovare un lavoro è costretto ad emigrare in Italia come clandestino in una barca gremita di persone. Di fronte ad una vedetta della guardia costiera viene gettato in mare insieme ai suoi compagni sulla costa di Lampedusa.

Mentre sta per essere rimpatriato, riesce a fuggire e raggiunge alcuni amici a Villa Literno, che vivono in condizioni precarie e lavorano in nero. Decide allora di ripartire e raggiungere Salimata, sua cugina, che vive a Firenze, lavora come modella e ha un compagno italiano. Salimata lo accoglie con affetto ed è pronta ad aiutare Assane che è però imbarazzato, perché la cugina non vive secondo la tradizione. Assane decide allora di ripartire e di andare a Torino, dove inizia a svolgere una serie di lavori precari e in nero.

Qui l’Imam locale gli affida le cure di Mactar, un ragazzo senegalese malato e senza aiuto. Assane lo cura e gli fa da fratello maggiore. Una sera i due arrivano ad una scuola serale per immigrati e qui Assane conosce Caterina, una volontaria che lo aiuta ad inserirsi e ad ottenere il permesso di soggiorno in Italia. Assane assiste Caterina nel prendersi cura del fratello di lei, Luca, un ragazzo solo e con problemi comportamentali. Assane riesce a penetrare il muro di silenzio del ragazzo e i due diventano amici. Una sera, però, alcuni ragazzi aggrediscono Assane e un suo amico, colpevoli di aver ballato con delle ragazze italiane.

Assane, deluso decide di tornare in Senegal, dove incontra il suo vecchio professore dell’università, che lo invita a parlare in pubblico, in un villaggio, dei suoi turbamenti. Assane racconta tutta la sua storia e il professore gli consiglia di tornare in Italia e cercare chi gli ha voluto bene, per poi ritornare ancora una volta in Senegal e arricchire gli altri e il suo Paese con la propria esperienza.

Introduzione al Film

Raccontare l’altro

Vittorio De Seta è certamente uno degli autori più significativi della storia del cinema italiano. Significativo non solo e non tanto per la fama raggiunta attraverso i suoi film, ma per il fatto che il suo percorso racconta, meglio di molti altri, le tracce feconde lasciate dall’ondata neorealista nel nostro cinema. Fin dalle prime prove come documentarista negli anni cinquanta infatti, il regista ha mostrato una particolare attenzione al cinema come strumento per creare racconti e storie che attingono dalla vita reale la loro forza e la loro importanza. Nel cinema documentario come nella fiction, De Seta ha sempre cercato di mantenere in equilibrio questi due aspetti, facendoli interagire l’uno con l’altro. In Lettere dal Sahara, il regista siciliano affronta uno dei temi più urgenti della società (non solo italiana) contemporanea: l’immigrazione, il rapporto/scontro con l’altro, la difficile scelta di chi lascia il proprio Paese per cercare migliori condizioni di vita. Scelta importante, per una cinematografia che, come quella italiana, ha curiosamente indagato poco il fenomeno, massiccio ed importante dell’emigrazione.

Il risultato è un film a basso costo e problematico, sia per le scelte narrative che per la modalità con cui il regista indaga l’Italia attraverso lo sguardo di Assane, il protagonista del film. Il viaggio del giovane senegalese inizia infatti come una sorta di esperienza visionaria. Il film si apre con le immagini del naufragio, dell’arrivo al centro di permanenza di Lampedusa, in cui la macchina da presa si concentra sui volti, sui gesti, sui rituali del controllo e della schedatura degli immigrati. Lo sguardo del regista siciliano è attento agli ambienti, alle situazioni, consapevole del taglio documentaristico che il film non abbandona mai. Ma la vocazione dell’opera è quella di raccontare una storia e di raccontarla con un taglio pedagogico, come messaggio, monito a chi si trova quotidianamente in contatto con un “altro” spesso invisibile, nascosto. Ogni situazione vissuta da Assane è dunque al tempo stesso “esemplare” e particolare. Forse anche per questo, in tutti i personaggi del film aleggia un’aura di artificialità, di costruzione.

L’imam che affida il giovane Mactar ad Assane, il sacerdote che predica l’uguaglianza sulla base della comune interpretazione del Corano e della Bibbia, Caterina e suo fratello, i volontari della scuola serale, così come i bulli che aggrediscono Assane all’uscita dalla discoteca soffrono di questo appiattimento dei caratteri. Essi sono delle funzioni del discorso più che dei personaggi. Da questo punto di vista, il film si scinde su due livelli: c’è una parte, soprattutto visiva, affascinante, in cui il contrasto tra gli sguardi (di Assane e degli altri immigrati) e la mancanza di sguardo (della folla indifferente) è palese, si concretizza nei gesti e nelle parole, nei comportamenti e nei silenzi; ma c’è anche un altro livello del film, in cui non è l’immagine a dominare, ma il discorso, scritto, preparato, annunciato, esposto allo spettatore più che elaborato come parte della narrazione. In questi momenti, quando domina il secondo livello, lo schematismo prevale, mostrando però, allo stesso tempo, la difficoltà che il cinema prova quando decide di assumere il punto di vista dell’altro, punto di vista impossibile in fondo, per quanto necessario.

Il ruolo del minore e la sua rappresentazione

La comunità lontana

Il protagonista del film, Assane, è un giovane studente universitario, appena passato attraverso i turbamenti dell’adolescenza. È giovane, ma all’interno dell’economia del film, già maturo. Le sue esperienze ne hanno fatto una persona capace di affrontare le situazioni difficili a cui va incontro e, da questo punto di vista, rimane nello spettatore la sensazione di una figura astratta, non particolarmente complessa, sia per gli eventi a cui va incontro (ognuno dei quali sembra essere una sorta di situazione esemplare, quasi un campionario statistico della vita di un immigrato clandestino in Italia), sia per le modalità con cui reagisce alle varie situazioni. La complessità e la lacerazione cui Assane va incontro sembrano rimanere sullo sfondo, a favore di una figura sostanzialmente positiva, vittima dell’ingiustizia e del pregiudizio. Due momenti significativi fanno eccezione: l’incontro con la cugina Salimata e la parte finale del film. Di fronte alla ragazza, emancipata e ormai inserita all’interno dei codici relazionali della società italiana, Assane erige un muro, incapace di comprendere la scelta della ragazza di abbandonare le tradizioni del proprio Paese.

Allo stesso modo, nella parte finale del film, Assane, ormai tornato in Senegal, confessa al suo vecchio professore le sue inquietudini, la sua confusione dopo il viaggio in Italia. In questi momenti, la sua figura monolitica vacilla, mostra delle crepe, i conflitti interni di un soggetto che vive l’esperienza dell’emigrazione. Speculari l’una all’altra sono invece le due figure di minorenni che attraversano il film, Mactar, il giovane senegalese di cui Assane si prende cura, e Luca, il fratello con problemi di comportamento di Caterina. In un certo senso, l’assenza di spessore evidenziata nella figura di Assane è ancora più evidente nelle modalità di rappresentazione dei due ragazzi. Mactar è silenzioso, quasi evanescente. La sua figura è funzionale all’azione di Assane, che se ne prende cura, dimostrando così la solidarietà tra senegalesi all’estero. Il silenzio sembra essere la sua unica forma espressiva, anche quando improvvisamente scopre la sua vocazione per la musica unendosi ad un giovane senegalese che insegna i ritmi delle percussioni africane ad un gruppo di ragazzi italiani.

Allo stesso modo, la trasformazione di Luca (dal suo ingresso in casa quando distrugge lo stereo come reazione di fronte alla presenza di Assane, alla repentina trasformazione in una persona tranquilla e solare, capace di diventare in breve tempo uno dei migliori amici di Assane) colpisce per il modo schematico e semplicistico con cui viene rappresentato un adolescente problematico. In tutti questi casi, lo sguardo registico è ancora una volta impegnato nella costruzione di un racconto pedagogicamente efficace, lasciando quindi in secondo piano la complessità dei personaggi e il problema concreto della relazione tra sguardi diversi.

Riferimento ad altre pellicolo e spunti didattici

Il tema dell’immigrazione non è un tema particolarmente sviluppato all’interno del cinema italiano – al contrario di altre cinematografie europee come quella francese, dove ha dato origine ad un vero e proprio filone, il cosiddetto cinema del metissage – che ha affrontato in modo discontinuo un fenomeno che è comunque uno dei più attuali fenomeni di cambiamento della società del nostro paese.

Tra i film che hanno lavorato intorno a questo tema, scegliendo di volta in volta linguaggi e approcci diversi, si segnalano comunque opere come Pummarò (1990) di Michele Placido, uno dei primi film incentrati sulla storia di un migrante nordafricano in Italia, e La ballata del lavavetri (1998) di Peter del Monte, in cui la famiglia polacca protagonista del film viene indagata con uno spirito surreale e lirico, scegliendo di raccontarne lo spaesamento per mezzo di un linguaggio che non vuole, intenzionalmente, mostrare le problematiche sociali e culturali dell’immigrazione.

Uno sguardo poetico sul mondo dell’immigrazione ha dato luogo, nel 1996 a Vesna va veloce di Carlo Mazzacurati, in cui la storia di una immigrata dell’Europa dell’est è lo spunto per un’indagine sull’involuzione della società italiana degli anni Novanta. Altro film particolare è Occidente (2000) di Corso Salani, in cui il rapporto tra una giovane rumena e un italiano è raccontato attraverso lo sguardo interiore della ragazza, i suoi pensieri e i suoi turbamenti. È probabilmente nell’ambito del documentario, comunque, che si segnalano le opere più interessanti dal punto di vista cinematografico: su tutti, vale la pena segnalare Un confine di Specchi (2002) di Stefano Savona, penetrante sguardo sulla frontiera (in questo caso il mare) che separa Sicilia e Tunisia, attraverso uno sguardo in grado di raccontare e mostrare storie spesso invisibili e solo apparentemente marginali.

Daniele Dottorini

E' possibile ricercare i film attraverso il Catalogo unico del Centro nazionale, digitando il titolo del film nel campo di ricerca. Le schede catalografiche, oltre alla presentazione critica collegata con link multimediale, contengono il cast&credits e una sinossi. Tutti i film in catalogo possono essere richiesti in prestito alla Biblioteca Innocenti Library - Alfredo Carlo Moro (nel rispetto della normativa vigente).