Carlo V e la sua visita a Gorizia, quella notte trascorsa in via Rastello • Il Goriziano
Carlo V e la sua visita a Gorizia, quella notte trascorsa in via Rastello

Carlo V e la sua visita a Gorizia, quella notte trascorsa in via Rastello

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Carlo V e la sua visita a Gorizia, quella notte trascorsa in via Rastello

Di Vanni Feresin • Pubblicato il 29 Ago 2021
Copertina per Carlo V e la sua visita a Gorizia, quella notte trascorsa in via Rastello

Nel 1521 Venezia perdette per sempre la città. Da allora, la Contea è entrata nella storia dell'Impero degli Asburgo.

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Il trattato di Worms del 3 maggio 1521 fra l’Impero e Venezia stabilì in maniera duratura la giurisdizione imperiale sui territori occupati negli anni precedenti. Venezia rinunciò a Mossa, Porpetto, S. Gervasio, Chiarisacco, Gonars, Rivarotta, Ontagnano, Fauglis, S. Giorgio, Nogaro, Carlino, Monastero, Cervignano, S. Martino di Terzo, Ruda, Visco, Villa Vicentina, S. Nicolò della Levada, Fiumicello, Aiello, Tapogliano, Ioannis, S. Vito di Crauglio, Aquileia, Zuino, oltre a Tolmino, Plezzo, Ampezzo e Partistagno. Venezia provò particolare amarezza per aver perduto per sempre Aquileia, Marano, Gradisca e Gorizia.

Questa situazione si fossilizzò per oltre due secoli e soltanto tra il 1752 e il 1756 si posizionarono dei cippi confinari alcuni dei quali, come a Sagrado, sono ancora visibili. Dopo Massimiliano I ebbero il titolo di Conte di Gorizia Calo V, Ferdinando (fratello di Carlo) quindi tutta la dinastia Asburgo. Nel Cinquecento Gorizia ebbe riconoscimenti e conferme dei suoi privilegi, mantenendo usi e consuetudini antiche. Si narra che Carlo V fosse stato ospitato nella Locanda Berlin di via Rastello.

In quel 1519 il giovane Imperatore si trovava nei territori della penisola italica, e per tradizione orale sembra che alla fine dell’estate giunse nella città di Gorizia e prese alloggio insieme alla sua corte nell’antica Locanda Belin che si trovava al centro di via Rastello, onorando la famiglia Berlin di un privilegio imperiale. Questo straordinario avvenimento storico, vero o presunto, è stato ricordato da alcuni storiografi, il primo fra tutti fu il sacerdote di Palmanova Gian Giacomo D’Ischia storico e ricercatore.

Narrò il D’Ischia nella sua “Historia della principesca Contea di Goritia nella Provincia Foro-Iuliense” del 1684 a pagina 51 che Forzato poscia Carlo à ritirarsi frettolosamente in Italia dalla non creduta ribellione di Mauritio Duca Elettore di Sassonia, passò per Goritia, e volle alloggiare nella Casa de’ Signori Berlini, Cittadini riguardevoli, cui la Maestà donò bellissimo privilegio di franchiggia, et i quali a memoria di gratia così eminente fecero, come tutto dì si scorge, dipingere su la propria habitazione la di lui pomposa, e Reale comparsa.

Carlo de Morelli nella sua opera monumentale sull’Historia della Contea non citò questo fatto ma si limitò a ricordare che tra il 1521 e il 1522 Carlo V e l’arciduca Ferdinando suo fratello confermarono i privilegi della Contea di Gorizia, e che due delegati dell’imperatore (Erasmo di Dornberg e Federico Frantz) ricevettero l’omaggio della Contea di Gorizia nel novembre 1520, e questo atto fu ratificato dall’Imperatore Carlo il 19 giugno 1521.

Karl von Czernig nel 1873 nella sua monografia “Gorizia, la Nizza austriaca; il territorio di Gorizia e Gradisca” a pagina 621 ricordava unicamente che alla morte di Massimiliano I i diverbi tra l’Austria e Venezia ricominciarono e Carlo V era deciso a farla finita con simili condizioni e mandò i suoi messi a Verona per venire a un accordo coi delegati del senato circa le frontiere […]; della visita dell’Imperatore a Gorizia non c’è però alcun accenno.

Mentre decenni più tardi lo storico Ranieri Mario Cossàr, nell’opera “Storia dell’Arte e dell’artigianato in Gorizia” del 1948 a pagina 36, riprendeva il racconto di Gian Giacomo D’Ischia e ricordava l’esistenza, fino almeno agli anni Quaranta del Novecento, di un dipinto che faceva bella mostra di sé sul muro esterno della Casa Berlin, con la raffigurazione di Carlo V accolto alle porte della città dalla nobiltà Goriziana: Quell’affresco, sulla facciata dell’ex locanda dei Berlini, in contrada del Rastello, che fino allo scoppio della prima guerra mondiale era ancora abbastanza bene conservato, è oggi irriconoscibile. Il dipinto era stato attribuito a Marcello Fogolino e datato alla metà del XVI secolo.

Certamente l’affresco che meglio raffigura l’imponenza della corte imperiale di Carlo V è da ritrovarsi nella sala trecentesca di Palazzo Lantieri dove Gasparo Lantieri raffigurò Carlo V nella sua visita al Friuli del 1532. Gorizia e la Contea nel Cinquecento, come nei secoli successivi, erano governanti dagli Stati Provinciali, composti da nobili e dal clero. All’epoca la Dieta provinciale era formata da quattro deputati per gli affari amministrativi e quattro assessori per l’amministrazione della giustizia.

A capo dell’esecutivo era posto un Capitano che veniva nominato dall’imperatore, gli Stati provinciali erano presieduti da un Maresciallo e il parlamento legiferava con molte autonomie su materia di polizia, istruzione, imposte, affari ecclesiastici. I borghesi erano retti da un Magistrato urbano con dieci consiglieri presieduti da un Gastaldo. I capitani e i deputati nel cinquecento furono i rappresentanti delle famiglie aristocratiche più in vista della città: Salamanca, della Torre, Attems, Canusio, Cobenzl, Ungrispach, Degrazia, Dornberg, Eck, Edling, Fontana, Khisel, Ortenburg, Lantieri, Neuhaus, Orzoni, Rabatta, Richieni, Strassoldo, Zernozza, Formentini, Colloredo, Mels, Roncon e Petazzi.

Per quanto concerne l’organizzazione ecclesiastica venne istituito nel 1574 un arcidiaconato stabile che esercitò una parte del potere e della giurisdizione che erano prerogative dei patriarchi. La questione della Riforma protestante toccò anche la città, portando una lunga e travagliata storia che trovò il culmine nel sinodo convocato a Gorizia dal vicario patriarcale Francesco Barbaro nel 1593 alla presenza di tutto il clero, per ristabilire in modo capillare la disciplina spirituale. Questa assemblea fu alla base dell’arrivo in città di un numero considerevole di ordini religiosi durate il XVII secolo.

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