Chi è Michela Di Biase, candidata del Pd alla Camera
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Chi è Michela Di Biase, "la ragazza dell'Alessandrino" che punta al Parlamento

E' stata più volte definita "Lady Franceschini", ma lei non ci sta: "Faccio politica da 16 anni e ho sempre preso i voti. Attacchi ingiusti, maschilisti e misogini"

Di essere chiamata "Lady Franceschini" Michela Di Biase non ne può più. Anche adesso, alla vigilia del voto per le politiche che la vedrà quasi certamente protagonista nelle liste Pd per la Camera, alcuni giornali hanno deciso di identificarla così, come "la moglie di". Insieme a lei, entrambe in odore di candidatura anche Elisabetta Piccolotti (esponente di Sinistra Italiana, consorte del segretario Nicola Fratoianni) e Marta Fascina, deputata di Forza Italia legata a Silvio Berlusconi.

Per questo la 41enne consigliera regionale del Pd, sposata appunto con il ministro della cultura Dario Franceschini, ha rotto il silenzio e ha messo sul tavolo la sua esperienza politica, la sua militanza e i suoi voti. 

La doppia esperienza nel suo Alessandrino

Voti che le hanno sempre garantito una presenza nelle assemblee per le quali ha conteso un seggio agli avversari. Fin da quando, a 26 anni ("al tempo non conoscevo mio marito"), è stata eletta nel parlamentino dell'ex VII municipio, dov'è nata e cresciuta. Lei, dell'Alessandrino, si occupava di politiche giovanili e pari opportunità. Quell'anno i Democratici di Sinistra, ai quali era iscritta, discutevano l'ingresso nel nascente Partito Democratico, dove Di Biase ha fatto strada da militante ed eletta. Due anni dopo veniva confermata, come ricorda anche lei in un post Facebook con il quale ha risposto ai titoli di alcuni giornali: "In quell'occasione sono stata nominata capogruppo", ricorda. Da lì la carriera politica è andata in salita.

L'approdo in Campidoglio e l'elezione in Regione

La marea rossa alle elezioni del 2013, con Ignazio Marino sindaco e tutti i municipi in mano al centrosinistra, la portano a ottenere circa 5.000 preferenze nella corsa all'aula Giulio Cesare, dove lavorerà per i successivi due anni. Esperienza breve, la sua prima da consigliera capitolina, ma intensa. Conclusa anche con il suo contributo, essendo stata tra i 26 consiglieri che firmarono le dimissioni per far cadere il chirurgo ex dem. Si ripeterà anche nel 2016 nonostante la scoppola presa da Giachetti contro Raggi, poi nel 2018 la candidatura al consiglio regionale sarà sostenuta da 15.000 voti ("la seconda più votata", specifica la dem). Per questo doppio incarico, mantenuto due anni (durante i quali, da capogruppo, era tra i possibili profili candidabili per il post-Raggi), venne aspramente criticata: alla fine si dimise lasciando il posto a Giovanni Zannola

"Riferimenti a mio marito ingiusti, misogini e maschilisti"

Le battute, i riferimenti all'ancor più famoso marito-ministro ("conosciuto durante la militanza, come accade a tante persone") fanno parte di un modo di riferirsi a lei che trova "profondamente ingiusto - scrive - ma perché proprio contro questo atteggiamento misogino e maschilista ho sempre lavorato, nelle istituzioni con atti a sostegno delle donne e contro la discriminazione delle nostre ragazze in ogni campo. Non posso tacere perché sono madre di figlia femmina e l’esempio che voglio dare a lei e alle bambine come lei è che nessuno può permettersi di svilirci, sminuirci, mettere in discussione ciò che siamo, il lavoro che abbiamo fatto, i nostri sogni".

"Orgogliosa e grata di essere tra i nomi per il Parlamento"

"Descrivermi come 'la moglie di' è in primo luogo ingiusto  - prosegue la consigliera - e, cosa molto più grave, è frutto di una cultura maschilista che vuole raccontare le donne non attraverso il loro lavoro, la loro storia ma attraverso l’uomo (marito, padre, fratello) che hanno accanto". Infine, un riferimento alla sua possibile candidatura: "Orgogliosa e grata di essere stata inserita nella rosa di nomi - conclude - perché la mia comunità politica ha riconosciuto il lavoro svolto da questi anni". 

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