Emozione Galli: "Vent'anni dopo, sopravvivo grazie a Nicco"

Emozione Galli: "Vent'anni dopo, sopravvivo grazie a Nicco"

Babbo Giovanni racconta dolore commozione e soddisfazioni con la Fondazione lungo i vent’anni trascorsi dalla scomparsa del figlio

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Firenze,  10 febbraio 2021 - Non sembrano 20 anni. Eppure tanto è passato dalla tragica scomparsa di Niccolo Galli in quella piovosa maledetta serata di febbraio. Da quel tragico incidente che ha spezzato la vita e la carriera appena sbocciata di un ragazzo della porta accanto, lasciando un vuoto incolmabile non solo in Anna e Giovanni con Camilla e Carolina, la sua famiglia; ma anche in tantissime persone che sono state – anche appena – sfiorate dalla vitalità, lealtà, dal grande coraggio di questo splendido ragazzo, ricordato ieri nel giorno dell’incidente a Casteldebole. Il centro sportivo della squadra rossoblù, infatti, è stato intestato proprio al giovane difensore.

Giovanni e Anna Galli con Antognoni e Nardella all'apertura del parco intitolato a Niccolò Giovanni, vent’anni e sembra davvero ieri. Le persone non hanno dimenticato il sorriso di Niccolò? "E’ davvero incredibile come anche la gente comune sia sempre stata vicina a me e alla mia famiglia. In tutti questi anni Nicco è ricordato sempre con affetto". Cosa le ha dato la forza di andare avanti in questi 20 anni? "La presenza concreta di tante persone e le loro manifestazioni di affetto che ci fanno capire che lui è sempre qui con noi". Una forza d’animo non comune. "Sono una persona come tante altre che hanno perso in modo tragico il proprio figlio. Non mi sento un uomo diverso da loro o più bravo, assolutamente. La ’botta’ è stata enorme e niente cambierà cosa è successo. Ma con il passare del tempo l’affetto che ci ha circondato non è mai mancato ed è straordinario". Eppure non sarà stato tutto così semplice nella sua drammaticità. Lei parla con una serenità ammirevole. "Avevo 43 anni quando è cambiato tutto. Io sono cattolico e ho chiesto al Signore come potessi fare per continuare a vivere il resto del mio tempo dopo la morte di Niccolò". Sembra quasi irriverente chiederglielo, ma ha risposto? "Direttamente non lo ha fatto, eppure il segnale è stato inequivocabile perchè la creazione della Fondazione intitolata a Niccolò è stata la strada che abbiamo tutti seguito per avere uno scopo e aiutare gli altri". E di iniziative come Fondazione ne avete, lo dico al plurale perchè in tanti siete convolti, realizzate moltissime. "Se mi volto vedo cose straordinare che sono state portate a termine con l’aiuto di tanti in aiuto di tanti. Nell’ultimo anno è stato difficile per la pandemia, ma contiamo di ripartire più veloci appena ci sarà la possibilità, anche se non siamo rimasti fermi". Come se Niccolò fosse con voi a pianificare e realizzare. "E’ proprio così. Il dolore è sempre latente e non metti da parte quello che è accaduto. Non lo puoi fare. Mi domando però spesso ’e con Niccolò cosa avremmo fatto e pensato?’. Un modo per sentirlo sempre qui accanto". Qual è stato il momento che durante questi vent’anni l’ha commossa, segnandola ulteriormente nel profondo? "Ci sono stati due momenti diversi, diametralmente opposti tra loro. Uno che coinvolge direttamente Nicco e il secondo indirettamente, ma che si è reso possibile grazie alla Fondazione e quindi a lui". Da dove iniziamo? "L’intitolazione a Niccolò dei giardini dietro alla curva Fiesole. Erano i suoi giardini. Quando giocavo nella Fiorentina e mi allenavo allo stadio, Anna mi veniva a prendere con Niccolò, era piccolo, e dopo l’allenamento lo portavo a giocare proprio su quei prati. Aver scoperto quella targa è stato un tuffo al cuore". E il secondo? "La gioia di sentire nuovamente parlare un ragazzo (Marco Angelillo, ndr) che era partito, intubato dopo un drammatico incidente stradale, per essere operato a Innsbruck. Un miracolo sentirlo qualche anno dopo al telefono che mi diceva di avercela fatta con l’aiuto della Fondazione. E di Niccolò".