Le donne dello smooth-jazz in Italia (ultima parte): intervista a Cristina Massaro- "Lo smooth jazz è un genere di nicchia ma ha un potenziale enorme"
Venerdì 29 marzo, ore 21.00, appuntamento al Teatro Arciliuto (Piazza di Montevecchio 5, Roma), nel cuore della Roma antica, con il concerto di Cappuccio Collective Smooth feat. Eric Daniel al sax.
L’evento è presentato da Pentoniero Production.
“Cappuccio Collective Smooth”evoca con sonorità moderne le atmosfere smooth jazz degli anni ’80, tendendo verso un raffinato easy listening, spogliato delle complicazioni formali proprie del jazz “puro” e del jazz-rock maggiormente sperimentale.
L’accento sulle melodie e la contaminazione con influenze diverse, inclusa la disco music, diluisce ma non annulla l’impronta jazzistica, confluendo in un mood sofisticato e dalla vocazione internazionale, vicino ai parametri estetici della fusion.
Sul palco del Teatro Arciliuto, Il Teatro della Musica e della Poesia, una formazione quasi orchestrale: Annina Galiano alla voce, Aris Volpe alla batteria, Emiliano De Luca al basso, Cristina Massaro al pianoforte e alla tastiera, Anastasia Cecere al flauto, Mimmo Cappuccio alla chitarra, Ale Duke Migliore alle percussioni.
Ospite d’eccezione il sassofonista americano Eric Daniel, collaborazioni ed esibizioni dal vivo negli Stati Uniti con (solo per citare alcuni nomi) Gladys Knight, Tom Jones, Temptations, Jerry Lewis, Tony Bennett, Ella Fitzgerald, Stevie Wonder, Rodney Dangerfiel.
Il jazz, con tutte le sue derivazioni, è musica di liberazione per eccellenza, che - tra le altre cose- ha da sempre tracciato una via luminosa sotto il profilo dell'emancipazione professionale femminile.
Ecco che allora il Cappuccio Collective Smooth, fondato dal chitarrista e producer Mimmo Cappuccio, si lascia travolgere da una talentuosissima onda rosa.
Oltre alla lead voice Annina Galiano, sul palco romano anche Ale Duke Migliore alle percussioni, Anastasia Cecere al flauto e, al pianoforte, Cristina Massaro, incontrata da Nerospinto per una chiacchierata che chiude la rubrica "Le donne dello Smooth-Jazz in Italia".
Cristina Massaro, classe 1985, ha partecipato con risultati lusinghieri a concorsi pianistici nazionali ed internazionali. Ha svolto attività concertistica come solista e in varie formazioni cameristiche (in particolare eseguendo repertorio per clarinetto e pianoforte). Partecipa al corso di Composizione e Arrangiamento Jazz al Saint Louis College of Music di Roma. Dal 2021 affianca la docenza (è titolare della cattedra di Musica presso l’Istituto Comprensivo S. Minucci di Napoli) all’attività live e all’impegno come compositrice e arrangiatrice.
Ci parli della sua formazione…
Ho una formazione “classica”, sono diplomata al Conservatorio San Pietro a Majella, a Napoli; ho iniziato ad esibirmi in formazioni cameristiche o come solista ma ho sempre suonato in qualsiasi ambito, purché mi interessasse. Negli ultimi anni mi sento particolarmente vicina al jazz, soul, funk e a tutte le contaminazioni relative a questi generi.
Ci vuole raccontare il primo incontro con Mimmo Cappuccio?
Ho conosciuto Mimmo perché mi è stato presentato da un amico in comune; il primo incontro è avvenuto ad una cena con amici musicisti, già dopo la prima portata Mimmo mi stava parlando del suo progetto e del Collettivo.
Continuo ad investire con caparbietà sui giovani talenti, affiancando il difficile (in Italia) ruolo di producer a quello di chitarrista- ha dichiarato Mimmo Cappuccio. Cosa significa rapportarsi con un musicista e produttore che prosegue con tenacia una sorta di “parabola resistenziale”?
In primis ritengo che il lavoro di Mimmo sia in qualche modo audace e straordinario; portare avanti e divulgare un progetto discografico non così fruibile nel nostro paese, perché si ama il genere, è ammirevole. Sono onorata di far parte di questa idea, sono felice di imparare e sperimentare, di fare esperienze incredibili.
Qual è, a suo avviso, la forza del Cappuccio Collective Smooth?
Secondo me la forza sta nella sinergia che si è creata tra i componenti, data dalla stima che sentiamo l’uno verso l’altra; ciò viene inevitabilmente fuori sul palco, quando suoniamo ci sono un feeling e un interplay notevoli. Inoltre, i brani che portiamo in giro, i brani del disco, sono fortissimi, mi hanno entusiasmato sin dal primo ascolto.
Condivide l’opinione di Cappuccio secondo cui in Italia è ancora difficile fare smooth-jazz? Nel linguaggio jazzistico, d’altra parte, c’è una componente di “lotta”…
Sì. Nel nostro Paese non esistono troppe realtà smooth jazz, si tratta di un genere di nicchia, lo è sempre stato. Ma è un genere dal potenziale enorme, ricco di contaminazioni e sfumature che lo rendono ipnotico, a tratti sofisticato. Sono sicura che può ancora trovare un maggior interesse da parte del pubblico, uno spazio adeguato nel panorama musicale.
Percepisce, da parte degli addetti ai lavori “nostrani”, interesse nei confronti del progetto del collettivo?
Interesse può darsi...di sicuro percepisco una forte curiosità. Tanti sono i colleghi che hanno collaborato alle registrazioni delle tracce, in alcuni casi offrendo un contributo proprio nell’arrangiamento.
Il pubblico, invece, come sta rispondendo ai vostri live?
Il pubblico partecipa, si diverte, ci accoglie con entusiasmo. Dopo i concerti le persone ci fermano, vogliono saperne di più. La risposta di chi ci ascolta è sempre maggiore, di questo siamo estremamente grati.
Cappuccio Collective Smooth è contaminazione, ibridazione, sperimentazione. Cosa risponderebbe alle critiche dei c.d puristi del jazz?
Risponderei che sono semplicemente generi diversi.
Il suo artista musicale di riferimento?
Beh, sarebbe riduttivo citare un solo artista, un solo stile, un solo periodo storico. Le mie influenze musicali si intrecciano a partire da Brahms a Count Basie, da Monteverdi ai Doors, da Ahmad Jamal a Natalia Lafourcade.