Chris Cornell suicida a 52 anni. Il destino tragico del mito grunge - La Stampa

Come una maledizione implacabile, la morte s’è presa Chris Cornell a 52 anni in una stanza d’hotel a Detroit, appena concluso un concerto con i Soundgarden. Il corpo è stato ritrovato da un amico di famiglia a cui avevo chiesto aiuto la moglie del cantante, che non riusciva a mettersi in contatto con lui. Era sul pavimento del bagno, con una fascia intorno al collo. «Suicidio per impiccagione», ha sentenziato il coroner poche ore dopo.

Si sapeva tutto dell’infanzia difficile di Cornell, dell’isolamento da adolescente, quando la depressione lo chiudeva in casa per giorni. Ma si sapeva anche qual era stata la cura, il ritrovamento in cantina di una collezione dei dischi dei Beatles. Divenne batterista, poi cantante, rivelando una voce pazzesca, capace di salire alle tonalità più alte.

A 20 anni, nel 1984, fondò i Soundgarden, che avrebbe portato nell’empireo del grunge, lo stile (di musica e di vita) che da Seattle sarebbe partito per conquistare il mondo. Rock duro, chitarre elettriche come non si sentivano da tempo, la Generazione X che dichiara chiusi gli Anni 80. L’epopea grunge dura poco, già nel 1994 Kurt Cobain dei Nirvana si spara e i Soundgarden pubblicano la loro canzone più (giustamente) nota, Black Hole Sun, un inno nichilista che mette fine alle danze.

I Soundgarden si sciolgono poco dopo e Cornell può sfogare il suo eclettismo: album solisti molto diversi tra loro, gli Audioslave che spostano più in là il concetto di hard rock, continui cambi di direzione. Il 2017 era sembrato l’anno giusto per chiudere tutti i cerchi: finito l’attuale tour dei Soundgarden, di nuovo insieme dal 2010, si sarebbe dedicato ai Temple of the Dog, un progetto del 1990 mai portato dal vivo. A gennaio era tornato con gli Audioslave in concerto, si parlava di un nuovo album. E la famiglia: dopo un legame tumultuoso (e una figlia, del 2000) con la manager dei Soundgarden, sembrava aver trovato la felicità con Vicky Karayiannis, americana di origine greca. Adorava i figli Toni, nata nel 2004, e Christopher Nicholas, del 2005, aveva comprato casa a Roma per farli crescere «nella Storia», aveva aperto un ristorante a Parigi. «Nulla mi ha cambiato come la paternità – ci aveva detto nel 2015 -. Da giovane credi che l’illuminazione arrivi con una spettacolare epifania, poi capisci che ce l’hai davanti agli occhi: sono loro, i tuoi figli, l’illuminazione». Fino a quando una notte la morte non decide di venirti a prendere.

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