I 50 anni de «Il Padrino» e della colonna sonora di Nino Rota | Corriere.it

I 50 anni de «Il Padrino» e della colonna sonora di Nino Rota

diDavide Grittani

Il compositore la scrisse nella sua casa di Torre a Mare e quando vinse l’Oscar non andò neppure a ritirarlo

Tra pochi giorni l’industria cinematografica darà il via alle celebrazioni del 50esimo anniversario del Padrino (per alcuni l’uscita del film negli Usa è datata 12 marzo 1972, per altri due settimane dopo) e, com’è giusto che sia, pubblico e media si concentreranno quasi esclusivamente sul primo capitolo della trilogia di Francis Ford Coppola, tra le più importanti della storia del cinema. Solo ai più attenti questo anniversario farà tornare in mente Nino Rota, autore delle colonne sonore del Padrino e Padrino II. Eppure sono in tanti a pensare che gran parte della planetaria fortuna della saga dei Corleone la si debba proprio alle musiche del compositore milanese, a cominciare dal Godfather Waltz – tema principale per tromba solista – che in poche note restituisce l’immenso talento di Nino Rota (Milano, 1911 – Roma, 1979).

Sulla scia del successo di La dolce vita (Fellini, 1960), Il Gattopardo (Visconti, 1963) e Otto e mezzo (Fellini, 1963), Coppola intende affidare a Rota la colonna sonora di un progetto senza precedenti, così ambizioso da mettere paura. Tradurre in pellicola le sorti di una dinastia, quella raccontata nel libro di Mario Puzo, scrittore italo-americano che nel 1969 aveva pubblicato un romanzo che, camuffato da epopea popolare, conteneva in realtà almeno altri cinque, sei generi: thriller, giallo, saga, dramma e i prodromi delle fiction televisive. Il mito di Al Capone era tramontato molti anni prima, ma sopravvivevano la fascinazione cinematografica e la curiosità antropologica per «certa italianità», ispirate dall’esigenza di interpretare le origini della criminalità che si stava impossessando delle principali città americane (manco a dirlo, origini che portavano dritto alla lunga ondata migratoria cominciata a fine Ottocento).

Rota accetta senza entusiasmo, molti biografi sostengono «non convinto dal progetto e un po’ spaventato dalla grande ambizione del regista». A confermare questa versione c’è il racconto della cugina del compositore, Silvia Rota Blanchaert: «Non voleva scrivere le musiche del Padrino. Coppola andò apposta a Roma col film montato, si presentò alla sua porta. Nino lo accolse in ciabatte e vestaglia, Coppola gli chiese di “parlare col maestro Rota”. Rimase interdetto quando capì che ce l’aveva di fronte. Dopo qualche ora lo convinse a scrivere le musiche del film». Ma la prima stesura che Rota consegna a Coppola e alla Paramount è composta da frammenti, motivi che non costituiscono un insieme compositivo ma sono stati recuperati da prove, precedenti stesure, anche da scarti. «Come se non avesse voglia – avrebbe aggiunto Silvia Rota Blanchaert – di scrivere le musiche che gli avrebbero cambiato la vita».

Negli anni in cui Nino Rota scrisse le colonne sonore del Padrino (1972) e Padrino II (1974), era direttore del conservatorio Niccolò Piccinni di Bari (incarico che ricoprì dal 1950 al 1976). In questa lunga parentesi della sua carriera, artisticamente circoscrivibile tra Vita da cani (Steno e Monicelli, 1950) e Casanova di Federico Fellini (Fellini, 1976), Rota trascorse tra Bari e Torre a Mare molte «estati magiche e ispiratissime» durante cui compose alcuni dei suoi più noti capolavori: certamente Cappello di paglia e le musiche dei film più celebri di Fellini, Monicelli e Visconti, ma anche quelle del Padrino furono influenzate dall’atmosfera «nostalgica e misteriosa del mare che avevo di fronte casa, quel mare che come nel film di Coppola separa l’Italia dall’America».

Ma a dispetto del suo talento, il rapporto con Coppola fu tutt’altro che semplice. Dopo l’ascolto dell’anteprima la Paramount decretò che le musiche di Rota «non erano capaci di esaltare il dramma», così chiese a un altro compositore di riscriverla. Ma questa idea si rivelò un disastro, al punto che i produttori scelsero di ripristinare la versione originaria di Rota facendola però firmare anche al padre di Coppola (Carmine, modesto flautista) che aveva scritto alcune note del Godfather Waltz: la consegna della partitura avvenne tra fine febbraio e inizio marzo 1972, ecco perché oltre che del film ricorre il 50esimo anniversario delle sue musiche.

Quando si diffuse la voce della possibile candidatura all’Oscar, un produttore italiano denunciò Nino Rota all’Academy Awards contestando che «uno dei temi fosse già stato utilizzato nel film Fortunella (De Filippo, 1958)». L’Oscar arrivò lo stesso, due anni dopo, per Il Padrino II. Ma Nino Rota non andò nemmeno a ritirarlo, pretese che glielo spedissero via nave fino a Bari. Dove al posto suo andò a prenderlo Peppino Decataldo, custode del conservatorio Piccinni. Il maestro non volle sentirne parlare per molto tempo, 5 anni: durante cui – secondo il racconto dello stesso Decataldo – la statuetta dell’Academy, ovvero il premio più conosciuto e ambito al mondo insieme al Nobel, rimase custodito in un ripostiglio insieme a molte cianfrusaglie e ai boccacci della salsa. Ecco chi era Nino Rota, questa la breve storia della tormentata ma fortunatissima genesi della colonna sonora del Padrino.

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27 febbraio 2022 2022 ( modifica il 27 febbraio 2022 2022 | 15:24)