Böhme, Jakob nell'Enciclopedia Treccani - Treccani - Treccani

Böhme, Jakob

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Filosofo (Alt-Seidenberg 1575 - Görlitz 1624). Dal 1594 visse a Görlitz, facendo il calzolaio. Il suo pensiero risente l'influenza della mistica tedesca medievale (Eckart, Tauler) e rinascimentale (Weigel), e della concezione magico-alchimistica di Paracelso. Come altri mistici tedeschi del '500, il B. concepisce la storia sacra, e in particolare il dramma della redenzione, come storia eterna del mondo e dello spirito umano; alla radice di questa storia è l'ineffabile unità divina che si determina fuori di sé, nel Figlio attraverso lo Spirito, e poi ulteriormente progredisce nella determinazione di sé nella natura (mysterium magnum). Tale concezione, che nel 1600 il B. ritenne confermata da una visione estatica, è esposta nell'opera fondamentale: Aurora, oder die Morgenröthe im Aufgang, pubblicata postuma (1634 e 1656), come quasi tutte le opere minori che egli, perseguitato dall'ortodossia protestante, scrisse fra il 1619 e il 1624 per i suoi seguaci. L'unica opera pubblicata in vita dal B. fu Christosophie, oder Weg zu Christo (1624). Fu letto e stimato dai romantici (Schelling, Baader, Hegel), che ne furono notevolmente influenzati.

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