Nemico Pubblico Recensione

Nemico pubblico - la recensione del film con Will Smith e Gene Hackman

14 maggio 2020
3.5 di 5
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Assai prima dello scandalo NSA e delle rivelazioni di Edward Snowden, il teso thriller di Tony Scott scritto da David Marconi, con Will Smith e Gene Hackman, ci parlava dei rischi della sorveglianza globale.

Nemico pubblico - la recensione del film con Will Smith e Gene Hackman

Nel 2013 la “talpa” Edward Snowden ha rivelato al mondo i programmi di sorveglianza globale messi in atto dalla NSA e di altre nazioni, ufficialmente per combattere il terrorismo, ma di fatto con rischi inaccettabili per la privacy dei cittadini. Ma già molti anni prima, nel 1998, un film che venne contestato proprio dall'Agenzia per la sicurezza americana, Nemico pubblico di Tony Scott, affrontava - in modo ovviamente spettacolare e un po' esagerato (all'epoca) - questi temi, ricorrenti nella società e nel cinema fin dal ventesimo secolo. Non a caso uno dei film omaggiati nell'action thriller scritto da David Marconi è il fondamentale La conversazione di Francis Ford Coppola (1974, a sua volta ispirato da Blow Up di Michelangelo Antonioni), di cui vengono citate sequenze e ambienti, oltre a dare a Gene Hackman un ruolo che ricorda moltissimo l'Harry Caul da lui interpretato quasi 25 anni prima.

Lo sviluppo della tecnologia satellitare e informatica, utilizzata a fini militari o paramilitari da parte delle grandi potenze, ha oggi portato alla concretizzazione di quelle che un tempo sembravano solo i timori infondati di esagitati complottisti liberali e di sinistra. Nel film la categoria è rappresentata dalla moglie del personaggio di Will Smith, interpretata da Regina King, a cui è lasciata la conclusione del film. Quando un politico in tv pronuncia la frase “Sapevamo che dovevamo sorvegliare i nostri nemici. Ma abbiamo anche capito che dobbiamo sorvegliare le persone che li sorvegliano”, lei commenta: “Bene, ma chi sorveglierà chi sorveglia quelli che sorvegliano?”. Perché il problema non sta nei mezzi ma nelle persone che li usano ed è potenzialmente infinito e senza soluzioni definitive. Una chiusa pessimista per un film divertente e spettacolare che, come consuetudine di Tony Scott, non ha alcuna intenzione di fare pistolotti politici ma solo di confezionare un thriller teso, avvincente e divertente, su un argomento comunque di attualità.

La trama, per chi non ha visto il film o non lo ricordasse, parte dall'omicidio di un membro repubblicano del Congresso (un cammeo non accreditato di Jason Robards) da parte di un funzionario della NSA, quando ribadisce il suo rifiuto di firmare una legge sull'antiterrorismo che amplia i confini della sorveglianza sui cittadini. Il delitto, mascherato da incidente, viene ripreso dalle telecamere di un ornitologo, che in fuga dagli agenti passa la registrazione a un rampante avvocato di colore, suo ex compagno di università, senza che questi se ne accorga. A quel punto si scatena su ordine del responsabile del delitto la caccia all'inconsapevole possessore della prova che potrebbe incriminarlo. Per sua fortuna l'ingenuo avvocato incontrerà sulla sua strada un misterioso personaggio di nome Brill (Hackman), in grado di ribaltare la situazione.

Non si tratta dunque di niente di particolarmente originale: non è la prima volta (pensiamo anche al meno spettacolare ma intelligente The Net, del 1995) che nel cinema degli anni Novanta vediamo un uomo comune (e comune Will Smith nel film lo è davvero, al punto da rasentare la stupidità), che si ritrova senza accesso a carte di credito, screditato con amici, famiglia e datori di lavoro, solo contro un'organizzazione che ha il potere di fare cose inconcepibili per il cittadino medio. Ma nel film di Tony Scott, nonostante alcune ingenuità di sceneggiatura, tutto funziona in modo brillante e coinvolgente, con una chiarezza e una geometria nello svolgimento, capaci di rendere attraente una trama classica e piuttosto lineare. Dai bellissimi titoli di testa, che mostrano la violenza, i soprusi e i delitti per le strade delle nostre città attraverso i freddi e distanti occhi delle telecamere, agli inseguimenti mozzafiato (a piedi, in bici e in auto), dai tetti degli edifici sorvegliati dagli elicotteri alle immagini dal satellite, Scott arricchisce un thriller che per andare dal punto A al punto B non prende mai la strada più breve e più comoda. La sua regia adrenalinica e precisa, che non lascia niente al caso, eleva al di sopra della media un tipico prodotto di entertainment che nelle mani di un qualsiasi shooter, di cui abbonda la storia di Hollywood, sarebbe potuto diventare banale.

Il resto (e non è poco) lo fanno gli attori, non solo i protagonisti, Will Smith a cui il personaggio sembra cucito addosso (solo l'anno precedente è uscito Men In Black e l'umorismo deve avere sempre una parte nei suoi personaggi), il sempre magnifico Gene Hackman, che aggiorna uno dei suoi personaggi più famosi, e Jon Voight in una parte viscida che sembra prefigurare le sue future prese di posizione. Parliamo anche del ricco reparto dei comprimari, che può permettersi (a volte anche per poche scene) gente del calibro di Jack Black, Barry Pepper, Lisa Bonet, Scott Caan, Jake Busey, Gabriel Byrne, Lisa Bonet, Jamie Kennedy, Anna Gunn, Seth Green, Philip Baker Hall, Ian Hart, James LeGros, Stuart Wilson, Jason Lee, Grant Heslov e – non accreditato – Tom Sizemore nel ruolo del boss mafioso. Sarà l'inevitabile nostalgia per gli anni che passano, ma i film di genere degli anni Novanta ci mancano sempre di più, ogni volta che ci capita di rivederne uno.



  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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