HORROR & SF – "Suor Omicidi", un film che non vuole morire

Uscito nel 1978 ed esempio pregnante del filone denominato nun exploitation, “Suor Omicidi” di Giulio Berruti è un film sfortunato e maledetto, distrutto dalla censura, scomparso dalla circolazione per quasi trent'anni e divenuto oggetto di culto. Ora è finalmente possibile riesaminare quest'opera affascinante, di alto valore tecnico e culturale.

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"Dopo le disavventure produttive di Suor Omicidi, mi passò totalmente la voglia di continuare a fare quel tipo di cinema e decisi di dedicarmi solo ai documentari, nei quali ero libero di potermi esprimere … è la prima volta, in trent'anni, che presento Suor Omicidi davanti a una platea per una proiezione pubblica … questo film, per tanti anni, è stato dimenticato e per lungo tempo ho sperato che finisse nell'oblio e che nessuno lo ricordasse più … ultimamente, invece, ho scoperto che esso vive ancora, così come me e alcuni attori che lo interpretarono. Noi non vogliamo morire, questo film non vuole morire …"

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Sono le parole che un visibilmente emozionato Giulio Berruti ha pronunciato prima della proiezione di Suor Omicidi durante la quarta edizione del Ravenna Nightmare Film Fest. Un piccolo evento che ci permette di recuperare un film importante, dall'alto valore artistico e morale, per troppo tempo sepolto nelle segrete della censura e ora oggetto di culto per un pubblico cinefilo soprattutto estero (negli States pare esista addirittura un fans club, che venera questo film alla pari di pellicole quali Il Monaco e I Diavoli di Russell). Girato nel 1978 in mezzo ad infinite difficoltà logistiche dovute alla cronica mancanza di denaro, con attori al lavoro per una paga meramente simbolica, Suor Omicidi, esempio pregnante della nun exploitation, ovvero la rappresentazione di suore dedite alla perdizione (che in Italia vede tra le sue fila, ad esempio, Le Monache di Sant'Arcangelo di Domenico Paolella, 1973, mentre all'estero possiamo citare Le confessioni proibite di una monaca adolescente, di Jess Franco, 1977), annovera un cast di prim'ordine, che prevede Anita Ekberg, Lou Castel, Alida Valli e Joe D'Alessandro.

La storia di Suor Gertrude (ispirata a un fatto realmente accaduto in Belgio), mentalmente disturbata e morfinomane, dedita al vizio e ai piaceri della carne, accusata degli omicidi ai danni di anziani e malati che scuotono la realtà di un ospizio cattolico, attraversa, al termine della lavorazione, un crocevia di contrattazioni, accuse e veleni nei confronti del comitato censorio che ne pretende una sostanziale revisione con il taglio di molte sequenze anche fondamentali nell'economia del fim. Dopo patteggiamenti e modifiche, il film esce nelle sale, seppur in una versione rabberciata, e ottiene ottimi incassi nei cinema di Roma. La distribuzione, all'insaputa di Berruti, compie un tremendo passo falso lanciando il film con la dicitura "dagli archivi segreti del Vaticano". Dopo pochi giorni, il Vaticano stesso ne chiede e ottiene così il sequestro. Il film scompare nel nulla e non viene più proiettato in Italia, è proibito anche in Inghilterra per "indegnità", diviene reliquia invisibile ma ottiene successo in Spagna e in Germania. Oggi finalmente, è stato possibile recuperarlo, rimetterlo sul mercato e proporlo in una versione quasi integrale (purtroppo alcuni fotogrammi sono andati definitivamente persi).


La genesi di Suor Omicidi (The Killer Nun per il mercato americano) iscrive di diritto questo film nel folto calderone delle opere maledette, distrutte sul nascere dalla cecità di preconcetti ideologici che poco hanno a che fare con la qualità artistica di un prodotto, ma capaci di continuare a vivere grazie al passaparola e alla passione di una nicchia di pubblico. Suor Omicidi si avvale di un racconto scritto e modellato con intelligenza, in grado di fondere insieme l'atto di accusa alle istituzioni cattoliche con una struttura narrativa che incastra sapientemente il giallo all'italiana e l'horror. E se la Ekberg offre un'ottima interpretazione, così come tutto il resto del cast, è nelle sequenze degli omicidi, lisergiche e musicalmente trascinanti, che Berruti dimostra un talento visivo fuori dal comune, degno del miglior Argento.

Se non siamo ai livelli del sopraffino shock psico-visivo del sopracitato The Devils, Suor Omicidi, nel suo attacco frontale alla morale imposto attraverso le linee guida di un cinema che ha ben chiare le proprie coordinate, è un'opera di indubbio impatto scenico e di assoluta maturità culturale. Anche per la sua capacità di andare oltre al facile erotismo di facciata e di non affondare nelle paludi del soft-core (come invece fanno film dello stesso filone, ad esempio La vera storia della Monaca di Monza di Bruno Mattei, 1980), sebbene alcuni elementi (il suggerito amore lesbico, lo "stupro" ai danni di un paziente) se ne avvicinino, ma senza alcun scivolone, nè scatologico nè tautologico, nel cattivo gusto.


Berruti, co-sceneggiatore e aiuto regia in Hanno Cambiato Faccia e Baba Yaga di Corrado Farina, e regista di Noi siam come le lucciole (1976), ha come detto abbandonato il mondo del lungometraggio di fiction dopo il calvario di Suor Omicidi ed è incredibile notare come il cinema italiano, in questi anni, autocontorcendosi nella propria infinita crisi, abbia perso per strada un regista dalle simili potenzialità. Resta la necessità di un'opera alloglotta da recuperare in ogni modo, per inclinare finalmente lo sguardo alla periferia del cinema mainstream di cui quotidianamente abbiamo visione, una visione spesso anestetizzante.

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