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Viaggio on the road nel cuore dell’Australia

Gli sconfinati deserti dell’Outback, le vaste pianure salate, formazioni rocciose che testimoniano i miracoli della geologia, oasi lussureggianti, gole e sorgenti: cielo e terra si incontrano in un sogno ad occhi aperti lungo l’Explorers Way, la rotta che attraversa da Nord a Sud il continente più antico del pianeta, dove culture aborigene millenarie vivono in connessione profonda con la natura

15/05/2024 10:37

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Viaggio on the road nel cuore dell’Australia

Un lungo nastro d’asfalto che collega Adelaide a Darwin, il South Australia al Northern Territory, il Golfo di St Vincent al Mar di Timor, due mondi agli antipodi che si incontrano nel grande centro rosso dell’Outback. Un lungo nastro d’asfalto che racconta la storia dei pionieri e proietta i nuovi esploratori in una polifonia di panorami opposti, dai climi costieri a quelli montani, dagli sconfinati deserti alle vaste pianure salate, fino alle verdi oasi tropicali. Un lungo nastro d’asfalto, che taglia in due il “continente fossile”, correndo da Nord a Sud per la bellezza di 3.000 km:, è la promessa di un epico viaggio on the road nel cuore del sublime e selvaggio entroterra australiano. Ribattezzata Explorers Way in omaggio all’intraprendenza di tutti coloro che si addentrarono in questi aspri territori contribuendo a disegnarne la geografia, la Stuart Highway ripercorre il corridoio tracciato nel 1862 dall’esploratore scozzese John McDouall Stuart, su cui poi fu costruita la linea dell’Overland Telegraph. Riviverne l’avventura con gli itinerari firmati Turisanda significa immergersi nello stupore di emozioni ancestrali, fra le meraviglie geologiche di una natura primordiale e le tracce della cultura aborigena, una delle più antiche ancora viventi al mondo, incontrando le comunità locali, ammirandone l’arte, la musica e le tradizioni millenarie.

 

Un brindisi alla partenza

Si parte da Adelaide dove c’è sempre qualcosa da fare: un bar fronte mare, moli estesi e prati erbosi perfetti per un picnic, affacciati su lunghe e bianchissime spiagge; magari, una passeggiata fra le specie esotiche dei giardini botanici o fra gli epici murales disseminati lungo i vicoli, agli angoli delle strade e persino su enormi silos di grano; dopo una full immersion nella più grande esposizione al mondo di manufatti aborigeni, un’uscita in kayak sul fiume Torrens o un tramonto con vista sulla città in cima al tetto dell’iconico Adelaide Oval. Oggi Adelaide, capitale del South Australia è il punto di partenza dell’Explores Way, città della cultura e dell’arte, delle rassegne musicali, delle vetrine culinarie e, soprattutto, del buon vino. Una sosta al Central Market, a caccia di prelibatezze locali, è d’obbligo prima di partire alla volta della Clare Valley, la regione vinicola del Riesling, con fattorie, ristoranti e più di 40 rinomate cantine, dove si possono degustare prodotti tipici accompagnati da alcune delle migliori etichette al mondo. L’incipit del viaggio ha il sapore di un’odissea culinaria e il bouquet di un buon calice, mentre la storia dei primi insediamenti europei scorre tra i filari e gli uliveti che introducono al bush australiano.

Vette primordiali

I pascoli e i campi di colza lasciano il posto al famigerato “entroterra rosso”. Superando la città crocevia di Port Augusta e i paesi dell’Outback come Quorn e Hawker, la muraglia montuosa dei Fliders Ranges si staglia contro il cielo: scogliere color ocra, gole profonde e creste affilate danno corpo ad alcune delle formazioni rocciose più antiche del pianeta. I boschetti di eucalipto della parte meridionale si diradano verso nord dove la ruvida bellezza del deserto prende il sopravvento, attraverso un territorio selvaggio, più che primitivo, creato, secondo il mito aborigeno, dai serpenti arcobaleno (akurra) durante il Dreamtime, la dimensione fuori dal tempo che ha dato origine al mondo. Ripercorrendo le vie dei canti Adnyamathanha, tra spazi infiniti e tramonti di fuoco, la spiritualità prende vita nelle grotte sacre e nei dipinti rupestri, come quello che all’Arkaroo Rock raffigura la creazione di Wilpena Pound (Ikara nella lingua aborigena), una delle perle geologiche più iconiche del Flinders Ranges National Park: un enorme anfiteatro naturale lungo 17 km e largo 8 km, modellato dall’erosione in oltre 550 milioni di anni, come attestano i fossili di Ediacaran, che contengono i resti della più antica forma di vita multicellulare. Se si osserva dall’alto grazie acon un volo panoramico, il cratere spalanca la sua grande bocca riflettendo sfumature cangianti a seconda della luce del giorno. Canguri, emù, wallaby delle rocce dalle zampe gialle ed enormi rapaci compaiono lungo percorsi eterni e polverosi, piste per fuori strada, rotte panoramiche e sentieri escursionistici. Una sosta al Prairie Hotel di Parachilna è di rigore per vivere l’esperienza del tipico pub australiano e gustare la celebre Feral Feast, con carne di capra, canguro e cammello. Per proseguire poi con un tour sulla cresta di Arkaroola, un vasto santuario nella natura selvaggia all’estremità settentrionale dei Flinders, esplorando le svettanti cime di granito, le gole profonde e le sorgenti che si alternano lungo il cammino verso un panorama mozzafiato.

La città del sottosuolo

Non è tutto oro quel che luccica. A volte è sale, tanto sale. Come quello che si trova sulla vasta superficie del Lake Eyre, noto anche come Kati Thanda. L’enorme distesa rilucente del lago salato, il più grande al mondo, è una festa di colori scoppiettanti in contrasto con l’intenso blu del cielo. Il modo migliore per ammirarlo è il volo panoramico, soprattutto quando il bacino è inondato dalle piogge stagionali, che attirano sulla riva uccelli acquatici come pellicani, gabbiani d’argento e avocette dal collo rosso. Dalla vista aerea a quella sotterranea, il passo è breve, così come la distanza dal “paesaggio lunare” dei pozzi minerari di Coober Pedy, la capitale mondiale dell’opale, che ancora oggi e’ famosa per l’attività estrattiva. Gli oggetti di scena disseminati nel parco desertico che la circonda, set di produzioni cinematografiche come Mad Max, Pianeta rosso o Priscilla Queen of the Desert, non rappresentano la sola stravaganza. Il nome della cittadina deriva da un’espressione aborigena che significa più o meno “uomo bianco in un buco” e descrive piuttosto fedelmente ciò che l’ha resa celebre: hotel, abitazioni, chiesa, libreria, attrazioni come il Museo minerario di Old Timer o la miniera di opale di Umoona e persino un campeggio, si trovano tutti sottoterra, scavati nell’arenaria, al riparo dal calore della superficie. Sono molte le cose singolari a Coober Pedy: all’ingresso del drive-in il valletto ricorda ai clienti di non portare esplosivi e la cittadina ospita un campo da golf, l’unico gemellato con il St Andrews di Scozia, dove si gioca la sera con palline che si illuminano al buio (di giorno fa troppo caldo) su un terreno completamente privo d’erba.

Nel cuore spirituale dell’Australia

Vaste distese di vibrante deserto rosso e cespugli di spinifex a perdifiato, sovrastati da un cielo in continuo movimento su un’immensa landa di nulla antropico. Superato il confine con il South Australia, il Northern Territory accoglie gli esploratori nel Red Centre, cuore spirituale del Paese e sito dell’enorme monolite che rappresenta il luogo sacro per eccellenza: Uluru, alias Ayers Rock, insieme a Kata Tjuta, costituisce il più imponente massiccio d’Australia, che dà il nome al Parco nazionale Uluru-Kata Tjuta, Patrimonio mondiale dell’Umanità dell’Unesco dal 1987. Attorno alla montagna, alta 380 metri e larga tre chilometri, il deserto appiattisce l’orizzonte fin dove lo sguardo riesce a spingersi. «Una bellezza uscita da un sogno», scrisse Walter Bonatti. «Le sue proporzioni da incubo sono il riassunto di un infinito isolamento». Ma quella che appare in superficie è solo la punta di un iceberg molto più vasto, che si estende nel sottosuolo per circa 7 km di profondità, tanto da ipotizzare, come sostengono diversi scienziati, che si tratti di un asteroide caduto sulla Terra oltre tre miliardi di anni fa. Un enorme blocco di arenaria che è un susseguirsi di grotte nascoste, cunicoli sotterranei, corsi d’acqua, rocce polverose e sentieri da visitare con i ranger o libere escursioni, tour in segway, in autobus, in bicicletta o voli panoramici. Le sue sorgenti, le caverne e gli antichi dipinti aborigeni custodiscono i miti fondativi della popolazione Anangu sull’origine del mondo (Tjukurpa). Secondo la cultura natia, le cavità e le pozze nascoste del monolite furono scavate da creature ancestrali, dèi zoomorfi, come la Lucertola Rossa Tatji, con l’intento di recuperate il suo kali (boomerang) conficcatosi nella roccia, o i fratelli Bellbird e due uomini lucertola dalla lingua blu, Lungkata e Mita, protagonisti di una cruda disputa seguita all’uccisione di un emù. Fascino e mistero avvolgono i miti su Uluru, rappresentati da dipinti rupestri sulla sua superficie ma non rivelati ai piranypa (i non-aborigeni), che possono apprenderne solo la trama generale.

Gole profonde e arte aborigena

Cupole di arenaria, ripide scogliere e gole profonde modellate dallo scalpello del tempo celebrano un’altra meraviglia della natura. Kings Canyon, la maggiore tra le gole della cordigliera MacDonnel, nel Parco nazionale Watarrka, è uno scrigno della geologia, che conserva piante fossili incastonate in cima alla scarpata risalenti al Miocene, quando nel centro dell’Australia albergava un mare interno. La suggestione di un eden scampato alla desertificazione si fa più intensa con un trekking lungo i sentieri scavati fra le rosse pareti di roccia, che svettano sopra fitte foreste di palme, felci e cicadee, dove trova riparo la ricca fauna endemica. La parte occidentale dei MacDonnel Ranges, con scorci d’incanto come le Gole di Glen Helen e Ormiston, le pozze di Serpentine Gorge ed Ellery Creek Big Hole, la lacuna di Simpsons e le cave minerali di Ochre Pits, così come la parte orientale della cordigliera, con tesori nascosti come Emily e Jessie Gap, Corroboree Rock e N’Dhala Gorge, possono essere visitate con gite giornaliere da Alice Springs. Alice, come la chiamano i locali, è la base perfetta per esplorare luoghi remoti dell’Outback e siti storici come l’Old Telegraph Station Reserve, che segnò la nascita della cittadina con la costruzione della linea telegrafica, o il distretto di Hermannsburg, ex missione luterana del XIX secolo che, non solo offre uno spaccato avvincente sulla vita della popolazione Arrarnta, ma è stata la casa del celebre acquarellista Albert Namatjira. La stessa Alice Springs pullula di gallerie e musei che immergono nell’arte e nella cultura aborigena, a partire dall’Araluen Cultural Precinct, che custodisce alcune delle opere più significative dell’Australia centrale e della regione del deserto occidentale, oltre a promuovere festival e performance di livello mondiale.

Pub e sorgenti termali

Dopo una sosta ai Devils Marbles, chiamati dagli aborigeni Warumungu “Karlu Karlu”, per osservare antichi massi di granito in equilibrio funambolico sulla piana desertica, si approda a Tennant Creek, avamposto dell’ultima corsa all’oro negli anni ’30. Un’avventura da rivivere con un tour sotterraneo presso il centro minerario di Battery Hill, per poi ascoltare al Nyinkka Nyunyu Art and Culture Center la leggenda di Nyinkka, il goanna dalla coda appuntita che diede forma alla cittadina. Lungo la rotta verso nord, si avvicendano grandi allevamenti di bestiame, siti usati come punti di ristoro durante la Seconda guerra mondiale, come Elliott, e pub frequentati da bizzarri personaggi con cui ci si può intrattenere mentre ci si concede una sosta. Primo fra tutti il Daly Waters Pub, forse il più antico ed eccentrico del Territorio, con le pareti tappezzate da una collezione di memorabilia e improbabili cimeli lasciati dagli avventori. E, dopo tanto deserto, dopo chilometrate di bush e polvere mangiata al volante, il paradiso all’improvviso riecheggia nel gorgoglio di un’oasi termale, anzi, una sequela di oasi termali: dalle acque curative di 32°C delle piscine di Mataranka alla sorgente fiancheggiata da palme di Bitter Springs nel Parco Nazionale di Elsey, alle calde sorgenti di Katherine.

Cultura, natura e avventura

Crociere, canoeing e un pizzico di speleologia, passeggiate nel bush e voli panoramici sulla celebre Katherine Gorge, una delle 13 presenti nel sistema fluviale del Nitmiluk National Park, fiancheggiata da scogliere alte 70 metri. L’Outback incontra i tropici a Katherine, cittadina di campagna situata sulle sponde dell’omonimo fiume, un gateway per la natura e l’avventura, alla scoperta dell’arte rupestre, della fauna selvatica e delle storie tramandate dal popolo Jawoyn. Darwin dista solo 320 km, ma il bagaglio dei ricordi non è completo senza un’esperienza culturale al Top Didj, per imparare la tecnica della pittura Rarrk (a tratteggio incrociato) o ad accendere il fuoco con i bastoncini o, ancora, per cimentarsi nel lancio del boomerang e della lancia, visitando poi la Katherine Art Gallery, dov’è custodita una delle migliori raccolte d’arte aborigena della zona. All’interno dell’aerostazione originale della Seconda guerra mondiale, invece, fra le mura del Katherine Museum, l’epopea dei pionieri rivive nell’eclettica collezione di manufatti, fotografie, mobili, mappe, utensili e cimeli, dagli oggetti del 1872 legati all’Overland Telegraph Line al primo “flying doctor”, il De Havilland Gypsy Moth del dottor Clyde Fenton, che negli anni Trenta raggiungeva i pazienti delle aree più remote a bordo del suo biplano. Risvegliato lo spirito d’avventura, ci si può addentrare su una tortuosa passerella nelle Cutta Cutta Caves, uno dei sistemi di grotte carsiche tropicali presenti solo in Australia, ammirandone le suggestive stalattiti e i cristalli simili a zucchero filato che ornano le pareti, dove trovano riparo pipistrelli fantasma e pipistrelli ferro di cavallo.

Il parco della cultura

Se il Parco Nazionale di Litchfield, uno dei tesori naturali meglio preservati del Northern Territory, è un detour obbligatorio per nuotare sotto cascate avvolte dalla nebbia, ammirare insoliti termitai o saltare tra le sorgenti, il Kakadu National Park, il più grande d’Australia annoverato fra i patrimoni dell’Unesco, è un vero e proprio scrigno di storia, cultura e natura, popolato da più di cento specie di rettili, oltre 64 di mammiferi e più di un terzo di tutte le specie di uccelli del Paese. Cooinda è il centro turistico più affermato del sito ed è un ottimo punto di partenza per visitare i 20mila km2 di parco grazie ad attività come le Yellow Water Cruises sull’omonimo fiume, avventure off-road, escursioni alle cascate Jim Jim, Gunlom con la sua infinity pool naturale o l’enorme rilievo di Nourlangie con pitture rupestri aborigene che tramandano il grande racconto della creazione. Il Warradjan Cucltural Centre è il posto giusto per scoprire la cultura e le tradizioni della popolazione Bininj/Mungguy custode del Kakadu. Incluse quelle culinarie, protagoniste dal 24 al 26 maggio della rassegna A Tasteof Kakadu, il food festival dedicato agli ingredienti del bush con eventi dislocati nei luoghi più iconici del Parco, dagli show cooking a speciali menu a base di prodotti nativi come la Kakadu plum o la red bush apple, dalle passeggiate con esperti bush tucker alle crociere al tramonto lungo il Yellow Water billabong. Una curiosità: la prugna di Kakadu, tipica di questo luogo, è riconosciuta nel mondo come la fonte di cibo naturale con il più alto contenuto di vitamina C: 3.000 mg per 100 g di frutta. Un superfood che non ha eguali sul pianeta.

La città del Top End australiano

La capitale dell’Australia settentrionale, più vicina a Jakarta e a Singapore di quanto non lo sia a Sydney e Melbourne, segna l’arrivo dell’avventura lungo l’Explorers Way. Si conclude un viaggio anche se sembra sia terminata un’era, struggente e assoluta come i tramonti sul Mar di Timor. Con il suo clima tropicale e il lifestyle tipicamente rilassato, Darwin è il luogo ideale per metabolizzare e sedimentare l’esperienza australiana, indugiando ancora un po’ nel sentimento di spiazzante libertà che viene dall’immensità degli spazi, dalla connessione profonda con l’energia della terra, dove il tempo si dilata e la natura si fa dimensione suprema. Così battezzata dal Sergente John Lort Stokes, in onore dell’ex compagno di viaggio Charles Darwin, che non visitò mai l’area, la città incarna con amabile tenacia, lo spirito di resilienza del territorio in cui sorge: gli intensi bombardamenti durante la Seconda guerra mondiale e il ciclone Tracy che la rase al suolo il giorno di Natale del 1974, non bastarono a intaccarne l’indole amabile e ospitale. Si possono ancora ammirare alcune delle migliori opere aborigene che l’intera Australia possa offrire e al Museum and Art Gallery of the Northern. I mercati al tramonto di Mindil Beach, ogni giovedì e domenica da maggio a ottobre, sono una tappa obbligata, nonché il luogo ideale per assaporare la cucina locale e perdersi fra le bancarelle di artigianato, mentre musicisti ambulanti e maghi offrono le loro arti al calar del sole. La vicinanza all’Asia spiega le forti influenze orientali, specialmente nelle suggestioni gastronomiche e nella varietà dei mercati. Appena fuori da Mindil, se ne incontrano diversi, da Nightcliff Market a Parap Market a Rapid Creek Market. La Wave Lagoon, sul lungomare della città, è un immancabile must: le piscine con moto ondoso artificiale permettono di godersi un bagno senza imbattersi nelle meduse o nei coccodrilli giganti che abitano le rive dell’oceano. Verso sera, una birra locale o un succo fresco sul Waterfront, ammirando la baia che si tuffa in un tramonto che entra nel cuore, commuove come la forma più pura di meditazione: essere totalmente in un momento, sprofondati nella sua contemplazione.

 

 



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