La tragedia della Marmolada: volti, storie e soccorsi. Il film nei cinema veneti | Corriere.it

La tragedia della Marmolada: volti, storie e soccorsi. Il film nei cinema veneti

diUgo Cennamo

La sopravvissuta De Camilli: «Un rumore sordo e il ghiacciaio ci è arrivato addosso»

«Una tragica pagina per la montagna che si è trasformata in un magnifico esempio di solidarietà umana». Con queste parole Giorgia Lorenzato, che con Manuel Zarpellon firma la regia del documentario Marmolada 03.07.2022, riassume quanto lo schermo racconta. Una giornata sconvolgente e imprevedibile per una calamità naturale che ha tolto la vita a undici persone ferendone gravemente altre otto. Non una valanga, com’è stata inizialmente descritta da chi ha lanciato i primi sos, ma la montagna che si è sgretolata all’improvviso, una travolgente frana di massi e di blocchi di ghiaccio. Le immagini riprese a distanza dal telefonino di un escursionista sono il terribile documento rimbalzato dai social alle televisioni di tutto il pianeta. 

Un racconto, doppio registro

Marmolada 03.07.2022, visibile in diverse sale del Veneto dopo aver vinto il Leone di Vetro alla Mostra del Cinema di Venezia 2023 e partecipato fuori concorso al recente Trento Film Festival, non spettacolarizza la tragedia, ma racconta un aspetto emerso con potenza: la forza, il coraggio e la perizia di chi ha prestato soccorso dagli istanti immediatamente successivi al disastro. «Quando abbiamo deciso di girare questo documentario - spiegano gli autori - ci siamo posti due obiettivi: raccontare la potente coralità del lavoro dei soccorritori rispettando vittime, feriti e parenti senza esibire il loro dolore». Ne esce un’opera essenziale che raccoglie le testimonianze di chi per giorni si è prodigato prima per salvare le vite umane di chi il destino ha risparmiato, poi per restituire i corpi di chi sembrava essere stato inghiottito nelle viscere della montagna. Agenti di polizia, carabinieri, vigili del fuoco, guide del Cai, operatori del Suem e del Soccorso alpino e speleologico raccontano quei giorni drammatici spesi per dare una speranza e una risposta a chi attendeva con ansia di sapere il destino dei propri cari. Si susseguono le parole di chi si è salvato grazie a un the bollente servito al rifugio ritardando per questo la discesa a valle e le testimonianze dei primi soccorritori che si sono calati dall’elicottero con le pale per muovere la neve quando invece servivano picconi per rompere ghiaccio e roccia. 

Sopravvissuti e soccorritori

A distanza di due anni il documentario ha avuto un altro grande merito, fare incontrare sopravvissuti, parenti e amici delle vittime con quanti si sono prodigati in quei giorni con un’abnegazione fuori dal comune. «Quando vieni soccorso da qualcuno - sottolinea Manuel Zarpellon - difficilmente si ripresenta l’occasione per ringraziarlo… Spesso non sai nemmeno chi sono quelli che ti hanno aiutato, persone che ti salvano e poi non vedi mai più, spariscono nonostante questo dono immenso. Il nostro documentario vuole fare sentire a queste persone il grazie che arriva a loro non solo dalle autorità ma da chi è stato salvato proprio grazie al loro operato. Laddove i famigliari hanno assistito alla proiezione e hanno incontrato i soccorritori di quei giorni sono stati vissuti molto emozionanti». La perdita ricambiata in parte dall’appartenenza a una nuova famiglia, a un gruppo che ha condiviso l’evolversi di una tragedia. 

La testimonianza

Lo testimonia anche Alessandra De Camilli, architetta di Schio, che alle 14 e 51 si trovava proprio sotto il fronte della frana. Lei è fra gli otto superstiti, ma il suo compagno nella vita oltre che di cordata, Tommaso Carollo, non ce l’ha fatta: «All’improvviso abbiamo sentito un rumore sordo, fortissimo: ci siamo girati e abbiamo visto ghiaccio e massi che ci arrivavano addosso. Tommaso mi ha spinto e ha gridato “via”: abbiamo tentato di scappare poi non ricordo più nulla se non che mi sono ritrovata seduta e mi dicevano che sarebbe arrivato l’elicottero. Mi ha soccorso un alpinista francese che avevamo appena incrociato e salutato. Aveva scelto di percorrere un sentiero meno scosceso del nostro. Ha visto tutto e nonostante continuassero a precipitare massi è corso a proteggermi. Se non fosse stato per lui e fossi rimasta intrappolata non so quanto avrei potuto resistere. Ha messo a repentaglio la sua vita e gliene sarò per sempre grata».

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8 maggio 2024