Enrico VIII | Alex Esposito |
Anna Bolena | Carmela Remigio |
Giovanna Seymour | Sofia Soloviy |
Lord Rochefort | Gabriele Sagona |
Lord Riccardo Percy | Maxim Mironov |
Smeton | Manuela Custer |
Sir Hervey | Alessandro Viola |
Regia | Alessandro Talevi |
Scene e Costumi | Madeleine Boyd |
Light designer | Matthew Haskins |
Coreografia | Maxine Braham |
Assistente alla regia | Pamela Recinella |
Direttore | Corrado Rovaris |
Maestro del Coro | Fabio Tartari |
Orchestra "I Virtuosi Italiani" | |
Coro Donizetti | |
Allestimento della Welsh National Opera - Cardiff |
La tragica esistenza di Anna Bolena raccontata dai versi di Felice Romani nel capolavoro musicale di Gaetano Donizetti è tornata in scena a Bergamo dopo l'interlocutoria edizione del 2006 che aveva visto Dimitra Theodossiou nel ruolo della protagonista.
Per questa occasione la sfida è stata indubbiamente grande in quanto la direzione artistica ha deciso di rappresentare l'edizione critica curata da Paolo Fabbri, direttore scientifico della Fondazione Donizetti, una versione molto vicina a quanto messo in scena da Donizetti per la prima assoluta del 26 dicembre 1830 al Teatro Carcano di Milano. Tutto ciò ha comportato la riapertura di tutti i tagli, sia nelle arie che nei recitativi e, gioco forza, la scelta di un cast in grado di garantire la sicurezza necessaria all'esecuzione di un'opera già di per sé – anche nelle esecuzioni meno complete – particolarmente complessa.
Queste intriganti premesse non solo hanno richiamato appassionati e critica da ogni dove garantendo il sold out per entrambe le recite in programma ma hanno certamente posto le basi per un Festival Donizetti di respiro internazionale.
Un deciso valore aggiunto a questa impegnativa operazione è stato apportato dalla raffinatissima regia ideata da Alessandro Talevi per l'allestimento che debuttò nel 2013 alla Welsh National Opera di Cardiff, ripreso ed adattato alle esigenze del Teatro Donizetti. Il regista sudafricano di nascita ma di origini italo-britanniche ha saputo rendere perfettamente le atmosfere cupe che molto probabilmente caratterizzavano i nobili palazzi del '500.
Nello specifico della breve esistenza terrena di Anna Bolena (non c'è certezza sulla data di nascita, ma prendendo per buono il 1507 accredidato da quasi tutti, la sfortunata regina morì a 29 anni) il buio alla corte dei Tudor era ulteriormente accentuato dal folle comportamento di Enrico VIII, figura tra le più complesse, controverse e per questo studiate, dell'intera storia Reale inglese. Il sovrano figlio di Enrico VII e secondo monarca della dinastia Tudor, all'epoca del matrimonio con Anna Bolena aveva 42 anni ed era già affetto dai problemi fisici che molto probabilmente furono alla base della sua instabilità mentale. Dispotico, irascibile e paranoico, tutto preso dall'ossessionante desiderio di avere un erede maschio, era ormai divenuto l'ombra dell'affascinante principe alto, atletico e illuminato che incantò coloro che lo conobbero in gioventù. Paranoie che probabilmente furono alimentate anche dall'acume strategico e dall'intelligenza di Anna Bolena verso la quale il re nutriva qualche complesso di inferiorità.
Volti e risvolti psicologici sottolineati benissimo dalla regia di Talevi il quale, anziché perdersi nell'inutile ricostruzione dei lussi della corte ha preferito focalizzarsi sul dramma intimo e sul generale clima di oppressione, focalizzando il proprio lavoro soprattutto sui movimenti dei protagonisti e quindi sul loro carattere.
Come abbiamo accennato il dramma di Anna Bolena è soprattutto dovuto al fatto di non aver dato a Enrico VIII un figlio maschio; abbiamo quindi apprezzato l'idea iniziale di far vedere il momento in cui dà alla luce Elisabetta I ed infine, nel corso dell'ultima scena, mostrare gli ultimi deliranti istanti della regina vertere soprattutto sull'essere madre e sul ricordo della figlia. Peccato per l'incidente che ha portato, proprio all'inizio del monologo finale, alla rottura di una delle quattro rotelle della culla impedendo quindi alla protagonista di trascinarla sino al proscenio, ma sono anche questi piccoli contrattempi che arricchiscono la storia dell'opera lirica di simpatici aneddoti e rendono sempre vivo, palpitante e imprevedibile uno spettacolo teatrale.
A coadiuvare positivamente l'idea registica le eleganti ed essenziali scene disegnate da Madeleine Boyd, autrice anche dei semplici quanto efficaci costumi. Le luci disegnate da Matthew Haskins completavano in maniera appropriata il lavoro scenico.
Carmela Remigio al debutto nel ruolo di Anna Bolena, si è calata perfettamente nei complessi panni della protagonista dando prova di grande intelligenza interpretativa affiancata da una sicurezza tecnica al giorno d'oggi assolutamente invidiabile. Ci colpiscono immediatamente i colori utilizzati dalla Remigio per rendere al meglio l'angoscia di cui è intrisa la cavatina “Come, innocente giovane” e subito dopo rimaniamo addirittura meravigliati dalla precisione con cui sgrana perfettamente le agilità della cabaletta “Non v'ha sguardo a cui sia dato...”. Carico di rabbia, emozionante ma senza scadere in eccessi il ripetuto “Giudici! Ad Anna!!” che introduce la stretta “Ah! Segnata è la mia sorte” cantata con impeto e chiusa da un buon re sovracuto. Ma il capolavoro del soprano pescarese lo viviamo a partire dal recitativo “Piangete voi? Donde tal pianto” che ci accompagna con grande pathos sino al cantabile di “Al dolce guidami” segnato da un magistrale controllo del fiato, legati perfetti, mezzevoci e filati da autentica belcantista; la scaletta di terzine ascendenti sulle parole “del nostro amore” resa con qualche suono un po' fisso è l'unico passaggio che potremmo definire non perfettamente riuscito di tutta la sua esecuzione. La protagonista chiude la sua performance dando vita ad un “Coppia iniqua” cantata con slancio, trasporto e temperamento assolutamente trascinanti. Dopo i lunghi minuti del monologo finale vissuti da un teatro su cui era calato improvvisamente un silenzio quasi irreale - sembrava che tutti i presenti fossero improvvisamente guariti dalla tosse - l'ovazione decretata dal pubblico a Carmela Remigio è parsa quasi liberatoria.
Alex Exposito è risultato un Enrico VIII di alto livello vocale e interpretativo. L'artista bergamasco che vedemmo nel 2007 sul medesimo palcoscenico come ottimo Dulcamara e successivamente perfetto Leporello a Londra ed in altri teatri, ci ha stupiti per la sicurezza vocale con cui ha sostenuto un ruolo così difficile. Oltre ad aver mostrato di possedere vocalmente il necessario peso specifico richiesto dalla parte, ha evidenziato la consueta cura nel fraseggio ed un'emissione sostenuta da una tecnica di prim'ordine. A queste doti vocali ha confermato ancora una volta un carisma scenico formidabile riuscendo così a rendere il personaggio truce, violento e realmente implacabile, come voluto da Donizetti e come sottolineato dalla lettura registica.
Sofia Solovij già Giovanna Seymour nell'edizione di Anna Bolena andata in scena a Bergamo nel 2006, dopo un'avvio leggermente in sordina con qualche suono un po' intubato, si è evidentemente scaldata riconfermandosi sino al termine dell'opera artista sicura e affidabile.
I panni di Percy sono stati vestiti per l'occasione da Maxim Mironov. L'ancor giovane tenore russo si è dovuto scontrare con le tremende difficoltà di questo ruolo, accentuate dalla versione critica che in questo caso non gli ha risparmiato nulla di tutto ciò che Donizetti scrisse per la leggendaria vocalità di Giovan Battista Rubini, il grande tenore romanese che cantò il ruolo dell'innamorato di Bolena in occasione della prima rappresentazione assoluta. Di primo acchito si potrebbe cadere nell'errore di giudicare troppo leggera la voce di Mironov ma analizzando la partitura vien difficile pensare che un tenore dotato di un materiale vocale più robusto possa arrivare incolume alla fine dell'opera. Al di là dei singoli acuti e sovracuti è proprio la tessitura nel suo complesso che obbliga spesso a fraseggiare su tonalità estreme. Basti pensare all'aria posta subito dopo l'ingresso “Da quel dì che, lei perduta” porta Percy a cantare svariati Do e addirittura a doverli emettere senza apparente sforzo, quasi fossero note centrali, con leggerezza ed intrisi della trasognata soavità che deve caratterizzare il suo essere innamorato. Ebbene, non solo Mironov è riuscito a superare perfettamente gli scogli insiti in questa prima parte ma è stato sicurissimo e convincente anche nella terribile aria del secondo atto che sfocia nella scoppiettante cabaletta “Nel veder la tua costanza” resa con estrema sicurezza.
Gabriele Sagona nel ruolo di Rochefort, fratello di Anna e amico fraterno di Percy si è confermato il giovane artista sicuro su cui parecchie direzioni artistiche stanno mostrando giustamente di fare affidamento, ma ci ha dato l'impressione di essere ulteriormente maturato evidenziando una vocalità più scura, tornita e sonora rispetto a quanto ricordavamo dai nostri precedenti ascolti. Inoltre anche dal punto di vista scenico è risultato disinvolto e convincente.
Brava anche Manuela Custer che è riuscita a rendersi credibile nel ruolo di Smeton risolvendo con tecnica sicura e interpretazione sorvegliata una parte non semplice da autentico contralto.
Positivo anche Alessandro Viola nel ruolo di Hervey.
Corrado Rovaris ci ha offerto una lettura coinvolgente, dai tempi agili ma mai frenetici, trasparente nei colori, ricca di intense e sempre significative dinamiche, ottimamente coadiuvato dall'orchestra de I Virtuosi Italiani la quale ha mostrato grande equilibro fra le sezioni ed una sufficiente precisione di esecuzione, fatto salvo per qualche suono censurabile emesso talvolta da parte degli ottoni.
Complessivamente buona la prova del coro preparato da Fabio Tartari, a parte un paio di punti in cui il coro maschile è andato fuori tempo ed alcuni suoni non bellissimi durante il coro femminile “Chi può vederla a ciglio asciutto”.
Al termine grande e meritato trionfo di pubblico per tutti i protagonisti dell'opera, nessuno escluso.
La recensione si riferisce alla recita del 27 Novembre 2015.
Danilo Boaretto