La lunga guerra tra Castruccio e Spinetta Malaspina il Grande

Il 4 aprile 1320 Federico I d’Asburgo conferma al lucchese le terre in Lunigiana. Sette secoli fa l’Antelminelli ottiene Fosdinovo, Fivizzano e Verrucola: la lotta tra i due si sarebbe conclusa solo con la morte del primo nel 1328. Il Malaspina, ricco e potente, sarebbe vissuto a lungo: morì a settant’anni nel 1352.

Il castello della Verrucola dove nacque Spinetta Malaspina il Grande nel 1282
Il castello della Verrucola dove nacque Spinetta Malaspina il Grande nel 1282

Sette secoli esatti fa, il 4 aprile 1320, il lucchese Castruccio Castracani degli Antelminelli otteneva da Federico I d’Asburgo la conferma del vicariato imperiale nelle terre di Lunigiana conquistate l’anno precedente a danno anche di Spinetta Malaspina: tra queste Fosdinovo, Fivizzano e Verrucola.
Spinetta – che sarebbe stato poi ricordato come “il Grande” – era nato nel 1282 proprio nel piccolo borgo dominato dalle torri del grande castello che ancora oggi si può ammirare lungo la strada del Cerreto, poco a monte del capoluogo. Rampollo del ramo dello Spino Fiorito, i suoi primi anni di vita sono contraddistinti solo da notizie nebulose e incerte, anche se lo si ritrova non ancora ventenne al fianco niente meno che di Enrico VII all’inizio del 1311: appena incoronato re d’Italia a Milano, il futuro imperatore aveva inviato il Malaspina a Reggio quale proprio ambasciatore incaricato di far rispettare le condizioni di pace imposte. E l’anno successivo ritroviamo Spinetta ancora al fianco di Enrico VII nella spedizione contro la Firenze guelfa che lo vide impegnato per settimane in un lungo quanto infruttuoso assedio.
Il Malaspina restò fedele all’imperatore e nel 1313 fu testimone del bando contro i vescovi conti di Firenze e di Luni: la fuga da qui del vescovo Gherardino permise a Spinetta di occupare gran parte del territorio, allargando il proprio controllo fino ad affacciarsi in Garfagnana, ottenendo l’investitura di Camporgiano. Le complesse vicende che seguirono la morte di Enrico VII, avvenuta proprio in quello stesso 1313, portarono Spinetta Malaspina a perdere il controllo su gran parte delle terre della Lunigiana centro orientale: un processo che si compì, appunto, nel 1319 ad opera di Castruccio Castracani.

Castruccio Castracani degli Antelminelli (1281 - 1328)
Castruccio Castracani degli Antelminelli (1281 – 1328)

Per il Malaspina iniziò una sorta di esilio: rifugiatosi a Verona alla corte di Cangrande Della Scala partecipò attivamente alle guerre contro Treviso e Padova. Si arriva così a quella primavera di settecento anni fa con il Castracani confermato dell’investitura delle terre di Lunigiana e in procinto di muovere contro Firenze. In questo scenario si colloca la mossa di “trasformismo politico” di Spinetta che, passando alla parte guelfa – sua storica rivale – sostenne i fiorentini, ratificando la propria decisione con la partecipazione alla lega costituitasi nel 1321 a Reggio.
Ma l’Antelminelli, che nel frattempo si era di fatto impadronito anche di Sarzana e di Pontremoli, si dimostrò troppo forte: a Spinetta non rimase ancora una volta che imboccare la strada per Verona dove si distinse di nuovo al fianco di Cangrande che, per riconoscenza, nel 1328 gli avrebbe donato il castello di Vighizzolo che il Malaspina aveva conquistato. Proprio in quello stesso anno si consumò l’ultimo atto della lunga lotta tra Spinetta e Castruccio: quest’ultimo infatti morì nel mese di settembre, permettendo al primo di rientrare in possesso di tutte le terre perdute in Lunigiana, senza lasciare, come si è visto, le posizioni di vantaggio conquistate alla corte di Cangrande.
Dal 1328 fino alla morte, avvenuta nella primavera del 1352 a Fosdinovo, Spinetta Malaspina si meritò quell’appellativo di “Grande”: oltre ad allargare i propri domini in Lunigiana, nel reggiano, ma anche in Piemonte, Lombardia e Veneto, non smise il duro “mestiere delle armi” che lo condusse spesso al centro delle più importanti vicende storiche dell’Italia settentrionale nella prima metà del XIV secolo.
Negli ultimi anni della sua lunga vita poteva vantare la proprietà di vaste aree della Lunigiana, di Massa e nel territorio di Verona nonché il possesso di un grande patrimonio finanziario che gli permetteva di concedere ingenti prestiti ora a questa, ora a quella città, fazione o signoria per finanziare una delle innumerevoli guerre che contraddistinsero quegli anni. Agli eredi (tre figlie femmine avute dalla moglie legittima, più vari figli maschi “naturali”) aveva lasciato il compito di costruirgli una “honorabili arca marmorea”, ma quel monumento funebre in marmo non è mai stato trovato.

Paolo Bissoli