Chi è Itamar Ben-Gvir, il volto nuovo del nazionalismo israeliano
Itamar Ben-Gvir (ANSA)

Chi è Itamar Ben-Gvir, il volto nuovo del nazionalismo israeliano

Itamar Ben Gvir è l’astro nascente della destra nazionalista israeliana. Nel dicembre 2022 è entrato a far parte del sesto governo di Benjamin Netanyahu come Ministro della Sicurezza Nazionale, portando nell’esecutivo la visione radicale propria della sua formazione, Otzma Yehudit (Potere Ebraico), sul conservatorismo sociale e sull’approccio alla colonizzazione della Palestina e al rapporto con le autorità arabe di Terrasanta.

Itamar Ben-Gvir è nato nel 1976 a Mevaseret Zion, sobborgo residenziale di Gerusalemme da un padre ebreo di origine irachena e da una madre immigrata curda, a sua volte di discendenza ebraica.

La madre di Ben-Gvir era stata volontaria nell’Irgun, l’organizzazione militante contro il colonialismo britannico, prima dell’indipendenza di Israele. La sua famiglia però non ha mai avuto una chiara connotazione politica.

Ben-Gvir, già da giovane studente, ha invece assunto posizioni ultranazionaliste e radicali, in particolar modo sul fronte del contrasto a ogni concessione ad arabi e palestinesi. Nel 1990 si è iscritto all’ala giovanile di Kach, partito ultraortodosso di estrazione religiosa e rigorosamente sionista. Kach fu bandito dal governo di Tel Aviv in seguito alle dichiarazioni di numerosi esponenti che mostravano un esplicito avallo al massacro compiuto dal terrorista Baruch Goldstein, che uccise a colpi d’arma da fuoco ventinove palestinesi nella Grotta dei Patriarchi nella giornata del 25 febbraio 1994. Ben-Gvir mantenne addirittura a lungo un’immagine di Goldstein nel salotto di casa e a diciott’anni, dopo esser stato più volte arrestato in proteste di piazza, gli fu negata la possibilità di arruolarsi nell’Israel Defence Force in quanto giudicato eccessivamente radicale sul fronte politico.

Il Washington Post ha ricordato come nel 1995, a diciannove anni, Ben-Gvir apparve in tutti i telegiornali nazionali quando minacciò in diretta televisiva il premier Yitzhak Rabin, fautore degli Accordi di Oslo coi palestinesi, sostenendo che i nazionalisti più intransigenti erano riusciti ad arrivare “alla sua macchina” e presto “sarebbero giunti anche a lui”. A prova della prospettiva radicale incarnata dalle sue parole Ben-Gvir mostrò il simbolo della Cadillac che era stato staccato dall’auto del premier. Tutto questo avvenne nel pieno della fronda nazionalista contro Rabin e poche settimane prima dell’assassinio del premier stesso.

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Itamar Ben-Gvir durante la sua controversa visita al Monte del Tempio del 31 marzo 2022. Foto: Epa/Abir Sultan.

Dopo i vent’anni, Ben-Gvir trovò la sua nicchia professionale: si laureò in legge nella città di Kiryat Ono e divenne il portavoce della difesa di tutti i nazionalisti israeliani aventi problemi con la giustizia. La principale testata del Paese, Haaretz, ha raccontato che Ben-Gvir è stato per anni “l’uomo di riferimento” per gli estremisti ebrei che affrontano problemi legali e ha difeso anche gli associati al gruppo ultranazionalista Lehava, che considera impuri i matrimoni degli ebrei con gli estranei alla cultura e alla società giudaica.

Nei primi anni Duemila la stessa destra istituzionale del Likud, in cui la personalità di Netanyahu iniziava a emergere con forza, guardava alle figure dell’ultranazionalismo etnico e religioso come a un problema politico. Anzi, “Bibi” fu accusato di essere troppo morbido e pragmatico con la minoranza araba, pur favorendo da premier l’aumento della presenza israeliana in Cisgiordania. Dopo qualche anno dentro e fuori dal Likud iniziarono a muoversi gruppi di pressione intenzionati a modificare l’agenda del Paese in senso etno-nazionalista. Tra i politici più attivi si segnalò Michael Ben-Ari, membro per lo Knessetper l’Unione Nazionale di estrema destra a partire dal 2009.

Ben-Gvir divenne l’assistente di Ben-Ari, radicale che leggeva il sionismo in chiave nazionalista contro ogni possibile commistione con altre culture. Poco dopo l’elezione, Ben-Ari attaccò Netanyahu per l’invito a Papa Benedetto XVI per una visita in Israeledefinendo “un’offesa alle vittime dell’Olocausto” l’arrivo del pontefice tedesco. Ben-Ari si distinse poi per aver definito il Nuovo Testamento un prodotto della “spazzatura della Storia” e aver bruciato bandiere palestinesi in pubblico. Dopo la mancata rielezione del 2013, assieme a Ben-Gvir strutturò la nuova formazione che sarebbe arrivata a creare Potere Ebraico.

Finita l’esperienza da assistente, Ben-Gvir lavorò di nuovo come avvocato e si trasferì da colono israeliano nel quartiere di espansione di Gerusalemme a Sheikh Jarrah. Otzma LeYisrael, la nuova formazione divenuta poi Otzma Yehudit, si presentata da sola nel 2013 e nel 2015, senza conquistare seggi in parlamento. Ma in seguito si è strutturata sulla scia della virata nazionalista del Likud, alimentata dal nuovo clima anti-islamico diretta conseguenza delle Primavere Arabe, delle continue guerre locali con i palestinesi e dell’aumento delle tensioni con l’Iran.

Nel 2019 è stato eletto deputato nella coalizione tra Otzma e Neom, un nuovo partito legato alla custodia dell’ortodossia religiosa. Da deputato ha ammorbidito molti toni radicali e focalizzato la sua proposta politica sull’agenda law and order, sempre marcatamente schierata a destra.

Ben-Gvir ha sottratto, con una serie di uscite, manifestazioni anti-palestinesi e dichiarazioni a effetto, il ruolo di “mastino” di Israele a Avigdor Lieberman, leader di Focolare Ebraico e storico ministro della Difesa di Netanyahu. Inoltre, ha affermato che i cittadini arabi di Israele che non mostrano esplicita fedeltà allo Stato e ne danno prova “devono essere espulsi”, senza specificare dove. Ha provato a impostare un’alleanza col futuro premier Naftali Bennett in vista del voto del 2020ricevendo però un secco rifiuto da parte di una figura rivelatasi molto più moderato.

Ad agevolare Ben-Gvir è stata proprio la somma tra la svolta a destra del Likud e la nascita della coalizione di unità nazionale includente anche la Lista Araba Unita per mettere ai margini Netanyahu nel 2021. Quando, dopo un anno e mezzo e i governi di Bennett e Yair Lapid la coalizione è naufragata, Ben-Gvir si è trovato di fatto numero due nel medesimo campo di Netanyahu.

Alle elezioni del 1 novembre 2022 Ben-Gvir e il suo partito, alleato al Partito Sionista Religioso, hanno ottenuto sei seggi su quattordici spettanti alla loro coalizione, divenuta di fatto il perno per permettere al Likud di Netanyahu di superare la soglia dei sessantuno seggi necessari a formare il nuovo esecutivo.

Tra le concessioni fatte a Ben-Gvir durante le trattative per la nascita del sesto governo Netanyahu, quella più clamorosa è forse la nomina come ministro della Sicurezza Nazionale, responsabile del controllo degli insediamenti nel West Bank e della Polizia. Come ha ricordato il Times of Israel, tra le varie anime della destra israeliana è “stato raggiunto un accordo su principi e legislazione da avanzare per sostenere le forze di sicurezza, migliorare la governance, sviluppare le città israeliane sottoservite, promuovere l’identità ebraica e riformare il sistema giudiziario”.

L’esecutivo, il più a destra della storia di Israele, si è insediato il 29 dicembre 2022. Per Ben-Gvir, a 46 anni, la carriera politica ha toccato un apice impensabile soltanto pochi anni prima, con l’ingresso in un governo plasmato in larga parte su parole d’ordine in cui si ritrova con forza.

Appena insediato ministro, Ben-Gvir ha subito fatto parlare di sé. Il 3 gennaio 2023 ha replicato la storica camminata compiuta da Ariel Sharon nel 2000 sulla Spianata delle Moschee di Gerusalemme, gesto considerato provocatorio dagli arabi e dai palestinesi. Ma che agli occhi del nuovo governo ha tracciato una linea: quella di un nazionalismo culturale, etnico e religioso che plasmerà l’esecutivo come mai in precedenza. E in cui il tribuno diventato ministro avrà un ruolo centrale.

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