Rivista Contrasti | Sport e Cultura
I due mondi di Italo Balbo
Cultura
Beniamino Scermani
06 Giugno 2024

I due mondi di Italo Balbo

Vita e morte dell'unico uomo che avrebbe potuto uccidere Mussolini.

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28 Maggio 2024

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06 Maggio 2024

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16 Aprile 2024

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Marco Battistini
08 Aprile 2024

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14 Maggio 2024

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Il 12 maggio del 1957 moriva uno straordinario pilota e con lui la Mille Miglia.
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06 Maggio 2024

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Il tutto, però, in un Giro d'Italia ormai svuotato.
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18 Marzo 2024

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Il miglior Sei Nazioni della storia della palla ovale italiana impone delle riflessioni.
È iniziata l’era di Jannik Sinner
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Vito Alberto Amendolara
29 Gennaio 2024

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22 Ottobre 2023

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Gianluca Palamidessi
16 Maggio 2024

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Nelle sfuriate di Max c'è il sunto di due stagioni difficilissime.
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Emanuele Meschini
30 Maggio 2024

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Intervista esclusiva all'attaccante francese.

Editoriali

Giovanni Casci
17 Maggio 2024

L’inconscio collettivo del popolo romanista

L’inconscio collettivo del popolo romanista
L’inconscio, secondo Freud, è «un particolare regno della psiche con impulsi di desiderio propri, una propria forma espressiva e caratteristici meccanismi psichici che non vigono altrove». Un regno insomma sommerso, che non affiora nella coscienza del soggetto e come tale non viene toccato, indirizzato o inquinato dalla ragione. Una dimensione che per Freud è esclusivamente personale, mentre per altri – Jung su tutti – diventerà anche collettiva, con una psiche comune a tutti gli uomini e strutturata poi nei vari archetipi, una sorta di categorie universali di rappresentazione a priori. In queste righe, chiaramente deformando l’impostazione junghiana, vogliamo ipotizzare una presunta, e quantomai vaga, psicologia collettiva romanista. Una psicologia pre-razionale, inconscia, profonda, che si trova nell’animo dei tifosi romanisti ancor prima che nei loro discorsi e atteggiamenti. Un qualcosa che è nell’aria e negli sguardi, per un buon osservatore, ma che non emerge nelle parole e spesso neppure nelle consapevolezze degli stessi interessati. Un qualcosa di cui si è avuta l’ennesima e decisiva epifania a Roma-Bayer Leverkusen, laddove ad un passo dall’ultimo atto europeo, e con una squadra in fiducia di gioco e risultati, l’Olimpico ha dato la sua risposta inconscia. Al di là delle percezioni personali, è evidente per chiunque abbia frequentato lo stadio della Roma che l’atmosfera non era lontanamente paragonabile non solo a quella dell’anno prima – in semifinale, sempre con il Leverkusen, ma anche in quarti con il Feyenoord, in ottavi con la Real Sociedad, in sedicesimi con il Salisburgo – ma nemmeno a quella di due anni prima in Conference League (pensiamo al clima a dir poco elettrico e trascinante con il Bodo, in quarti, o con il Leicester, semifinale). Fisiologica stanchezza, può ipotizzare qualcuno. Abitudine (recentissima) a certi palcoscenici e fine dell’effetto novità, può rilanciare qualcun altro. Eppure non è solo questo, c’è altro che giace sotto la cenere, in una dimensione precedente al detto e al conscio, che come magma ribolle nelle viscere della Città Eterna e nell’inconscio giallorosso; un qualcosa di sconosciuto anche a tantissimi tifosi stessi, inconsapevoli di cosa si muova nelle profondità del loro animo ma consapevoli, questo sì, che qualcosa di diverso rispetto agli anni scorsi ci sia – e con il Leverkusen non è certo stata la prima volta di un Olimpico scarico, tutt’altro. La Roma di De Rossi è propositiva, gioca bene, ottiene risultati, vola sulle ali dell’entusiasmo. Il suo nuovo allenatore è un santino e quasi un santone per il popolo giallorosso, è uno di loro, un tifoso, un capitano; il suo nome viene scandito e invocato da tutti, prima del fischio d’inizio e non solo. In teoria è il matrimonio perfetto, e il tifoso ha tutto con De Rossi: un ultraromanista in panchina, una squadra rianimata che lo segue, fino al Bayer anche un filotto invidiabile di risultati – il derby vinto con la Lazio, la qualificazione in Champions nel mirino, i turni superati in Europa League (sedicesimi, ottavi, quarti con il Milan conquistati già a San Siro, laddove la Roma non vinceva da anni). Nella dimensione del conscio non ci può essere nulla di meglio. Eppure… Eppure con José Mourinho, piaccia o meno, era tutta un’altra cosa. continua a leggere

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Pierfilippo Saviotti
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Michele Larosa
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Ali Dia, l’impostore

Michele Larosa
20 Gennaio 2024

Garrincha maledetto

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Roma-Liverpool: notte di Coppe e di Campioni
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Emanuele Meschini
30 Maggio 2024

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Una partita come strumento di comprensione del mondo.
Supertifo, io c’ero
Tifo
Domenico Rocca
22 Maggio 2024

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Parabola della prima storica rivista dedicata al tifo organizzato.
Zulu, Zulu, Zulu!
Tifo
Alessandro Imperiali
11 Maggio 2024

Zulu, Zulu, Zulu!

Chi sono i folli tifosi del Birmingham.

Cultura

Beniamino Scermani
06 Giugno 2024

I due mondi di Italo Balbo

I due mondi di Italo Balbo
Lamiere e sangue, sabbia e cherosene, fumo nero ed odore di carne bruciata: è questo lo scenario che si presenta ai primi soldati che raggiungono l' aereo schiantatosi a pochi metri dal campo T.2 di Sedi Azeis. La RAF ha appena attaccato l'antistante baia di Tobruk, cogliendo di sorpresa la difesa italiana, ma sembra che un apparecchio inglese ci abbia lasciato le metalliche penne. In realtà, tra i rottami in fiamme, si scorgono tre fasci neri su campo bianco, inconfondibile effige dei velivoli della Regia Aeronautica. La soddisfazione lascia presto spazio allo sgomento: l'aereo di Italo Balbo è stato abbattuto dal fuoco amico. La carlinga brucia fino al mattino seguente, il 29 giugno 1940, quando i giornali italiani battono la notizia della morte in combattimento del Governatore della Libia. Ben presto però la verità viene alla luce e la trama del complotto comincia a serpeggiare tra le truppe, così come negli ambienti governativi e militari. Qui, il gerarca nativo di Quartesana nella campagna ferrarese aveva ormai pochi estimatori: se i contrasti con Mussolini ed i gerarchi del suo cerchio magico erano ormai noti all'interno del Gran Consiglio, anche i vertici dell'esercito malcelavano l'invidia nei suoi confronti. “Un bell'alpino, un grande aviatore, un autentico rivoluzionario. Il solo che sarebbe stato capace di uccidermi”.Benito Mussolini su Italo Balbo Infatti la fama di Italo Balbo aveva raggiunto una dimensione globale qualche anno prima, quando aveva condotto due storiche crociere atlantiche, divenendo il volto più celebre della Regia Aeronautica. Allo stesso tempo, sebbene non avesse frequentato alcuna accademia militare, soltanto i suoi più capziosi delatori avrebbero potuto considerarlo un parvenu dell'ars militaria, dati i suoi trascorsi durante la Grande Guerra. Infatti, a vent'anni, nel 1916 si era arruolato come sottotenente ed aveva servito in Carnia nel battaglione Val Fella degli Alpini. Promosso tenente l'anno successivo, aveva raggiunto il Deposito Aeronautico di Torino per prendere parte ad un corso di pilotaggio, sua fervente passione. Tuttavia lo sfondamento a Caporetto lo aveva costretto a tornare al fronte, dove aveva guidato il reparto d'assalto Alpini "Pieve di Cadore", durante la controffensiva sul Monte Grappa. Prima dell'Armistizio di Villa Giusti, si era meritato una medaglia di bronzo e due d'argento al valor militare, oltre alla promozione al grado di capitano. Un ritratto di Italo Balbo Deposte le armi, aveva ripreso gli studi presso l'istituto fiorentino di scienze sociali Cesare Alfieri, dove si sarebbe diplomato con una tesi sul pensiero economico e sociale di Giuseppe Mazzini. Quindi aveva lavorato come giornalista ed era stato iniziato alla Massoneria italiana; nel frattempo si era fidanzato con la contessina Emanuela Florio, con cui si sarebbe sposato nel 1924 e che gli avrebbe dato tre figli. Nel 1921 aderì al PNF ed ottenne l'incarico di segretario del Fascio ferrarese, sezione che originariamente aveva sposato le cause rivoluzionarie di matrice futurista e socialista. In realtà, al crescere del potere di Balbo, le squadre da lui dirette sarebbero diventate sempre più il braccio armato dei padroni agrari e della borghesia conservatrice. Nell'Emilia Romagna che ancora ardeva per l'incendiario Biennio Rosso, egli organizzò una serie di cruente azioni repressive contro le Leghe contadine, tenendo spesso sotto scacco i prefetti stessi. Sempre in camicia nera, tra gli squadristi si vociferava addirittura che Balbo fosse l'ideatore della "cura" dell'olio di ricino da somministrare ai nemici politici. La sua notorietà crebbe rapidamente dopo la presa del Castello Estense e l'occupazione di Ravenna, azioni seguite da rappresaglie che misero a ferro e fuoco le basi anarchiche e rosse della Romagna. Soltanto a Parma le sue squadre vennero respinte dalla tenacia degli antifascisti locali, supportati dai reparti del regio esercito . . . continua a leggere