I paradossi degli adolescenti e il ruolo dei genitori, parte del problema - HuffPost Italia

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I paradossi degli adolescenti e il ruolo dei genitori, parte del problema

“Avevo vent’anni, non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita”. Sono le parole dello scrittore francese Paul Nizan, parole del 1931 e ora riportate da Massimo Ammaniti, psicoanalista e professore onorario di Psicopatologia dello sviluppo, nel suo ultimo libro, I paradossi degli adolescenti, in uscita da Raffaello Cortina.

La data di quelle parole ci ricorda che mai è stato facile essere adolescente, anzi che la fase adolescenziale è stata più volte considerata una sorta di inevitabile malattia, essendo momento di cerniera tra il piacere e il dovere, momento cruciale che prepara l’ingresso nella vita adulta, a quel salto così complesso e così temuto.
Eppure, scrive Ammaniti, “negli ultimi anni questo passaggio all’età adulta è diventato più difficile, e lo testimonia l’aumento degli stati d’ansia, di depressioni e disturbi dell’alimentazione, e anche dei tentativi di suicidio. Di sicuro la pandemia ha pesato sui giovani interferendo gravemente con la loro vita sociale: obbligati ai rapporti online, sono stati costretti a rinunciare a esperienze e scoperte necessarie per la loro età. Tuttavia, molte indagini epidemiologiche sui disturbi degli adolescenti rilevano che la condizione dei giovani è peggiorata dopo il 2012. Molti si sono interrogati sul motivo di questo cambiamento, che è stato attribuito al venir meno della famiglia tradizionale, sostituita da unioni familiari meno capaci di guidare lo sviluppo dei figli. Parallelamente, poi, i gruppi dei coetanei sono diventati sempre più fondamentali, e hanno spostato il baricentro esistenziale dei giovani dalla famiglia agli amici. Il gruppo è necessario, perché è da lì che passa il riconoscimento sociale, ma il gruppo crea allo stesso tempo tensioni e competizioni: la paura è quella di non essere all’altezza degli altri, di venire rifiutati”.

Aumenta, in sostanza, il richiamo del proprio ambiente, del ritiro, di quel “io sto nel mio”, pronti a barattare un po’ di sicurezza con la perdita della libertà, della scoperta, dell’avventura nel mare aperto. Per Ammaniti, “l’adolescente è come una biglia che corre lungo un crinale di montagna: non possiamo sapere da quale parte cadrà”. 

Vincenzo, Silvia, Antonella, Flavio, Eleonora, Antonello, sono le “biglie” dell’autore, sono i ragazzi delle storie, dei casi clinici, diremmo noi che ci occupiamo di questo lavoro, ragazzi che evidenziano e rappresentano, per buona parte, i problemi di tutti i giovani di oggi, dei nostri figli, dei figli dei nostri amici, dei figli che non arrivano più, come in passato, presto, ma tardi, essendo oggi l’età media delle madri di trentatré anni. E non è possibile parlare o scrivere degli adolescenti senza parlare o scrivere dei genitori, di noi genitori che spesso non sappiamo da quale verso prendere il disagio, lo squilibrio, la difficoltà emotiva e di crescita di chi abbiamo davanti. Pensiamo di aver vissuto anche noi gli stessi problemi, eppure mai sono gli stessi. Tutto evolve e, purtroppo, precisa Ammaniti, “l’adolescenza non è solo quella dei ragazzi e delle ragazze. Oggi scopriamo che esiste anche l’adolescenza dei genitori”. 

Il giovanilismo dei genitori, che preferiscono essere amici dei figli piuttosto che assumersi responsabilità, nuoce al rapporto vero e alla crescita. L’adultescenza è un pericolo, poiché, ricorda Ammaniti appoggiandosi su Donald Winnicott, “gli adolescenti avrebbero bisogno di confrontarsi con adulti stabili, convinti delle proprie idee, in grado di assumere in modo fermo il proprio ruolo educativo”.

Insomma, il problema degli adolescenti non è soltanto degli adolescenti. La famiglia, i genitori, la società, la scuola, le istituzioni, non possono voltare lo sguardo dall’altra parte, perché dei paradossi degli adolescenti sono parte. 

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