Anita Caprioli risponde da Roma, dove ha trascorso il periodo di lockdown con la sua bambina, e la sua voce è esattamente quella di una donna bella e talentuosa. Presa da un’ansia da interrogazione (io), le elenco tutti i film in cui l’ho vista, e quella che delineo è una collezione di gioielli: dopo il debutto in A domani, di Ciarambino, nel 2000 è protagonista di Denti, di Gabriele Salvatores, e poi lavora in Vajont, di Renzo Martinelli, accanto a Daniel Auteuil. Seguono l’acclamato Santa Maradona, e il divertentissimo Ma che colpa abbiamo noi, di Carlo Verdone. Versatile e curiosa, Caprioli partecipa a progetti esteri ( Je suis venu’ pour elle di Ivan Taieb) e d’esordio (Onde di Francesco Fei e Per non dimenticarti di Maria Antonia Avati), fino al debutto alla regia di Alba Rohrwacher, Corpi Celesti, del 2011, in concorso al Quinzaine del festival di Cannes e per il quale ottiene nel 2012 una candidatura al David di Donatello e il Ciack d’oro come Miglior attrice non protagonista. La commedia la vede impegnata nello stesso anno con Immaturi e Immaturi: il Viaggio, di Paolo Genovese. Nel 2013 è a Venezia come protagonista de La prima neve di Andrea Segre, e al 2014 risale il primo ruolo in una serie Rai, come la protagonista: Catturandi - in nome del Padre, del regista Fabrizio Costa. È stata giurata ufficiale alla 72esima Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia nella categoria Orizzonti, e quello di giurata è un ruolo che ama particolarmente: "Amo scoprire film nuovi, magari d’esordio, trovo siano una fonte d’ispirazione e di grande innovazione". Le chiedo se abbia mai pensato, come tanti attori e attrici, di passare dall’altra parte del set per cimentarsi alla regia, alla sceneggiatura o alla produzione. "La produzione è l’ambito che a un certo punto mi ha attratto", confessa, "perché è dove incrociare tanti talenti e dare realtà a un progetto. Ma è davvero complesso, quindi a ora il ruolo non interpretativo in cui mi trovo meglio è la spettatrice". Attualmente su Rai Play con la serie Liberi Tutti , tornerà al cinema con tre film autoriali. Iniziamo da I Predatori, di Pietro Castellitto, accanto a Vinicio Marchioni. "Il titolo suggerisce bene il nucleo del film, perché è una storia che mette in contatto due famiglie di estrazione completamente diversa che condividono la stessa giungla, Roma. Un banale incidente e la follia di un ragazzo li farà collidere e metterà a nudo ciò che condividono: sono tutti predatori". L'arbre du soir di Adel Bakri (visto come interprete ne La passione di Cristo, di Mel Gibson del 2004) è invece un storia che intreccia due integrazioni, quella di un ragazzo tunisino che arriva in Italia e, al contrario, il ritorno di un’immigrata di seconda generazione (Caprioli) che dall’Italia torna in Tunisia.

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Stefano Moro Van Wyk

Il terzo film in uscita è il progetto italo cileno Vera de Verdad, primo lungometraggio di Beniamino Catena, un film dalla trama inquietante, giocato sulle note surreali della tradizione latinoamericana (Vera, una bambina di nove anni, scompare per tornare cinque anni dopo, ma, invece di essere adolescente, è una donna di trent’anni). Tre film importanti e complessi, dunque, che sarebbero dovuti uscire in questi mesi, e di cui l’emergenza Covid ha solo rimandato la distribuzione, prevista per l’autunno. È invece visibile su Rai Play la serie Liberi tutti, con Giorgio Tirabassi, Thomas Trabucchi, Valeria Bilello e Caprioli nel ruolo di coprotagonista. Cosa pensa delle serie? "Io le amo, sia da spettatrice (ho appena visto La fantastica signora Maisel, bellissimo), che da attrice. Il tempo dilatato della serialità permette di approfondire i personaggi, di seguirli in un’evoluzione complessa. C’è il tempo di uno sviluppo maggiore rispetto ai tempi di un film." Segue, da parte mia, una serie di consigli su serie imperdibili, da brava divoratrice seriale quale sono. Non posso esimermi, in chiusura, di tornare alle origini, ossia al teatro: è stato solo l’inizio o è un amore che dura nel tempo? "Ho recentemente portato in tournée La storia di Antigone (stagione 2018/2019, ndr), una riscrittura di Ali Smith all’interno del progetto Save the story di Alessandro Baricco, con la regia di Roberto Tarasco". Antigone!, esclamo io, un grande classico! "Sì, ma il punto interessante è il punto di vista inedito, perché l’intera storia è osservata e raccontata da una cornacchia…" La banalità, diciamo, non rientra nell’orizzonte di Anita Caprioli. È ottimista sulla ripresa post Covid-19? "Sì, anche perché si deve essere ottimisti. È una scelta." Io mi fido e concordo, anche perché, come è evidente, le scelte di Anita Caprioli sono state tutte azzeccate. Versatile e colta, Caprioli ha interpretato ruoli drammatici e comici, in film sperimentali così come in grandi successi di pubblico: in quale genere si trova più a suo agio? "Non saprei: forse nella commistione di generi, nei ruoli sfaccettati che quindi sono sia drammatici che leggeri. L’importante, in un progetto, è sentire la comunione d’intenti di chi ci lavora".