Temple Of The Dog - Temple Of The Dog - recensione

Innanzi tutto ci tengo a precisare una cosa: per me il grunge non esiste, anche se ho scritto che questo disco è grunge; infatti non sono mai riuscito a capire cosa accomuna tra di loro gruppi come Melvins e Pearl jam, o Alice in Chains e Screaming trees.

E' evidente che le camicie di flanella non bastano... ok, sono tutti gruppi che vengono dalla stessa città, ma questo che c'entra con la musica? Il fatto che i Soundgarden siano di Seattle così come i Mudhoney non vuol dire che facciano musica simile. Ogni gruppo di Seattle ha un suo stile, che spesso è diverso anni luce da quello di un altra formazione che suona, magari, nella sala prove di fronte. Quindi cos'è il grunge?
E' l'entusiasmo, è il fermento di quella città, è la voglia che c'era di fare musica sincera, diretta e incazzata, è il fatto che a Seattle piove sempre quindi i ragazzini non fanno altro che suonare nei garage e i risultati, alla lunga, si vedono. Ma la realtà è che un genere musicale di nome grunge, a mio avviso, non è mai esistito.

Bastò poco all'ignoranza dei giornalisti (un pò di jeans strappati e capelli lunghi) per montare subito il filone musicale e così nacque il grunge, inventato di sana pianta. Il fatto che questo genere sia più una sincerità ed un entusiasmo nell'approccio alla musica che non uno stile musicale vero e proprio è confermato da un realtà: le cose migliori della scena di Seattle si sono avute non dalle formazioni ufficiali ma dai cosiddetti "supergruppi". Dopo che ogni formazione, infatti, aveva sviluppato il suo personalissimo modo di fare "grunge" si passava ai side-projects, i gruppi si scambiavano musicisti, nell'atmosfera amichevole e "cameratesca" che contribuì ad etichettare come "grunge" questo fenomeno, e così nascevano i veri capolavori, come i Mad Season o i Temple of the dog.
Quest'ultimi vengono spesso indicati come "i Soundgarden e i Pearl Jam insieme", non è assolutamente vero.

La formazione comprende i due chitarristi della marmellata allucinogena (Gossard e McCready) più il bassista Jeff Ament ed Eddie Vedder insieme a Chris Cornell ed allo splendido batterista Matt Cameron provenienti dai Soundgarden, però , in pratica, quasi tutte le canzoni sono state scritte da Cornell, quindi non ha senso parlare di Supergruppo. La realtà è che questo è uno dei dischi più sinceri e commoventi della storia della musica: dedicato allo scomparso Andrew Wood (compagno di stanza di Cornell, cantante anche lui, morto di overdose) è tutto ispirato dalla morte dell'amico, ed è sofferto e sentito dalla prima all'ultima nota.
I primi due pezzi, "Say hello 2 Heaven" e "Reach down" sono già semplicemente dei capolavori, dolci e meravigliosi, che riescono sia a commuovere che a mettere in luce le doti tecniche del gruppo, la seconda traccia dura ben undici minuti ma non annoia mai, anzi tiene col fiato sospeso fino alla fine; i testi sono di una bellezza semplice ma disarmante, e mettono ancora più in evidenza come sia Cornell a tenere i fili del tutto.

Vedder compare chiaramente nella bellissima "Hunger Strike", altro pezzo splendido con un intreccio di voci incredibile, ma è sempre e comunque in secondo piano (infatti, molti fans dei Pj si arrabbiarono con questo progetto perchè pensarono fosse una manovra commerciale per dare più visibilità al cantante di San Diego, niente di più sbagliato). I Temple of the dog riescono anche a scrivere pezzi tirati e duri risultando comunque toccanti, nelle liriche e nell'approccio, come in "Pushing Forward Back", però sono la tristezza e la mancanza i temi principali dell'album, che ritornano con "Wooden Jesus" e "Times of trouble", tra gli episodi migliori.
Questo è un album che non ha avuto l'attenzione che si merita (così come "Above" dei Mad Season) ma che cresce ad ogni ascolto per tutte le emozioni che ci sono dietro e che sono impossibili da ignorare. In questo disco non c'è niente che non sia perfetto ed esattamente al suo posto, è tutto come deve essere perchè dietro ogni nota c'è sentimento e sofferenza per la perdita, c'è sincerità e questo non può non influenzare la musica.

I Temple of the dog hanno dedicato un capolavoro assoluto alla scomparsa dell'amico, e al pari di Buckley, Drake, Reed... tutti i più grandi, gli "imprescindibili", hanno dimostrato che la musica non ha niente a che fare con tecnica o col talento compositivo, ma ciò che può elevare la musica ad Arte è solo l'emozione e la sincerità con cui la si fa. Scusate per la lunghezza eccessiva.

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