Ad appena qualche giorno dall’incontro con Margherita Mannino al Teatro Kolbe, il tour promozionale dell’opera terza di Matteo Vicino, al ritorno in Italia dopo un anno all’estero trionfale (ben 4 premi fra importanti festival di seconda fascia), ritorna a Mestre. Il regista e la distribuzione hanno acconsentito a un secondo incontro, sempre al Kolbe, al quale è stato presente in prima persona il regista stesso, che alla fine della proiezione ha concesso dell’ulteriore tempo al pubblico per un cordiale Q&A.

Lovers è, come recita il sottotitolo, appunto, un piccolo film sull’amore, diviso in quattro episodi indipendenti l’uno dall’altro ma recitati sempre dallo stesso quartetto di attori (a cui va aggiunto i preziosi cameo di Ivano Marescotti) che a ogni svolta assumono un ruolo diverso, venendo chiamati a una prova professionale non indifferente, e reagendo di conseguenza, specie Luca Nucera, il migliore del manipolo. Il filo conduttore di queste quattro storie è duplice, in primo luogo è rappresentato da una problematica di tipo amoroso, facente riferimento alla sfera del tradimento o dei secondi fini, e in secondo luogo non va ignorato il sottotesto critico, che da adito a quella critica sulla decadenza culturale del paese che costituisce l’altro comune denominatore.

Ma al di là della composizione, Lovers è prima di tutto una commedia romantica, e come tale si diverte a esagerare, a giocare con lo spettatore, sottoponendogli episodio dopo episodio un personaggio dallo stesso nome ma foriero di tutt’altri comportamenti e stereotipi rispetto a quanto avveniva fino a pochi secondi prima, ribaltando le caratteristiche macchiettistiche che prima contraddistinguevano i protagonisti, capovolgendone continuamente i ruoli, così Federico (Nucera) prima è un imprenditore amorale, poi un insicuro commesso, da capo un fisioterapista apparentemente poco ambizioso ma dal pieno controllo sulla moglie, e infine uno scrittore desideroso di riconoscimento. Ciò fa sì che ogni personaggio venga delineato dalla somma della quattro sfaccettature che gli vengono attribuite, creando così una figura totalizzante, carica di umorismo (a tratti volutamente grottesco, a tratti sagace) e potenzialità.

Nessuna delle storie ha supremazia sulle altre né viene protratta per più tempo; sono quattro scaglioni complementari senza un esito definitivo, visto che Vicino taglia sempre sul momento della verità, calcando fino allo spasimo sull’ambiguità e sulla bivalenza dei conflitti interni alla doppia coppia, che, circolarmente, vede ruotare gli avvenimenti creando regolarmente una netta divisione, non tanto fra le coppie, che si incrociano ripetutamente, ma fra due “vincitori” e due perdenti. La prima categoria non è tale però solo in amore, lo è socio-economicamente, riuscendo a dimostrare supremazia sull’altro, ingannandolo, manipolandolo, ferendolo e via dicendo, esibendo un “valore sociale” superiore. E qui alberga il secondo filo rosso di Lovers, che delinea molto bene a sua volta la supremazia della società dello spettacolo sul mondo culturale e la capacità della prima di asservire il secondo, che viene spesso vincolato agli stessi criteri, perdendo la propria bussola.

Vicino è capace di veicolare questo elemento critico senza prendersi troppo sul serio, e nemmeno senza sondare fino in fondo la problematica, rimanendo sui primi strati, quelli con cui tutti noi abbiamo a che fare quotidianamente, creando un’opera facile da vedere ma comunque pungente che trova una sua dimensione attraverso questo sottobosco leggermente più impegnato che dona vigore anche ai momenti meno pregni. Il tutto nonostante la poca esperienza (Young Europe e Outing sono di levatura decisamente inferiore) e un budget limitato, potendo però contare su una scrittura precisa e regolare che trova il suo perfetto partner in una regia che – cosa rara in queste genere di produzioni – dietro di sé ha un’idea: nello specifico misconosce il piano medio focalizzandosi sulle estremità, cioè i personaggi presi singolarmente da un lato e i contesti (rigidi e precisi) all’interno dei quali si svolge l’azione dall’altro, alternando primi piani e campi totali, conferendo ritmo e dinamismo a una narrazione molto scorrevole. In conclusione, si può dire tranquillamente che Lovers si inserisce in quel non troppo largo panorama di film italiano che tentato di uscire un minimo dagli schemi.

Una menzione d’obbligo è riservata a Cinit, che ha permesso e permette, in collaborazione con altre associazioni culturali, questo genere di iniziative in giro per l’Italia.