Da Messina al cinema internazionale: Adolfo Celi, un "cattivo" di classe

Da Messina al cinema internazionale: Adolfo Celi, un “cattivo” di classe

Marco Olivieri

Da Messina al cinema internazionale: Adolfo Celi, un “cattivo” di classe

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giovedì 23 Febbraio 2023 - 16:42

Su Raiplay il film documentario di Leonardo Celi, figlio dell'artista, dedicato all'esperienza brasiliana e ai successi italiani ed europei

Buona parte di questo testo è tratta dal libro “Adolfo Celi, attore e regista”, a cura di Marco Olivieri, edito da Daf.

L’avventura comincia il 27 luglio 1922, quando Adolfo Celi nasce a Messina, figlio di un prefetto. La sorella Flavia, che visse a Messina, ricordava un regalo speciale che segnerà il futuro del giovane Celi, destinato a diventare un attore di calibro internazionale e a dividersi tra il cinema e il teatro: “Mio padre, sempre pronto a viziarlo, gli comprò una cinepresa. Era una delle prime dell’epoca”. Così, con tocco divertito, Adolfo cominciò a riprendere la sua famiglia. Qualche anno dopo, sarebbe avvenuto il debutto teatrale nella città dello Stretto, con il Guf (Gruppi universitari fascisti), prima d’approdare nel 1941 all’Accademia d’arte drammatica di Roma, al fianco di compagni d’arte come Vittorio Gassmann, Luciano Salce e Luigi Squarzina. Oggi il percorso dell’attore messinese, celebre per ruolo del dottor Sassaroli nella trilogia di “Amici miei” e per molti altri titoli, è visibile su Raiplay nel film documentario “Adolfo Celi, un uomo per due culture”, regia di Leonardo Celi, del 2006.

Gli anni brasiliani e poi nemico di James Bond/Connery

Attore ironico e appassionato, colto e popolare, “cattivo” di classe in molte produzioni, chi era Adolfo Celi? Il figlio Leonardo lo racconta in prima persona attraverso le scene dei film, i backstage e i filmini privati. Prodotto dalla sua casa di produzione, in collaborazione con Sky, il film ricostruisce l’esistenza di Celi, in modo da sottrarre all’oblio i quindici anni in Brasile e le pieghe meno conosciute di una vita contraddistinta – come ricorda il critico Tullio Kezich – “da tante carriere”. Da attore e regista a fondatore di teatri, in Brasile il Teatro Brasileiro de Comédia e la casa di produzione cinematografica “Vera Cruz”, e interprete di successo in Italia e in Europa. “Nel momento in cui si accostava a un nuovo mestiere, Adolfo buttava via quello precedente. Quando, nel secondo dopoguerra, firmò una regia storica della pièce I giorni della vita di Saroyan, con Vittorio De Sica, tutti salutarono il debutto di un nuovo grande regista”, rievoca Kezich nel documentario.

Leonardo e Alessandra Celi con la giornalista Marika Micalizzi a un evento messinese dedicato al padre

In un’emozionante carrellata tra immagini d’epoca e interviste con le star del cinema e del teatro brasiliano di allora, il documentario ricostruisce una figura fuori dal comune. E, ancora oggi, in Brasile, ricordano il siciliano Celi per lo scandalo provocato dalla messa in scena di “A porte chiuse” di Sartre e per la rappresentazione dei “Sei personaggi in cerca d’autore” di Pirandello. Da autentico pioniere, diede l’avvio al teatro moderno e firmò, da regista, due film. Due classici brasiliani, sconosciuti in Italia: “Caicara” (1950) e “Tico-Tico no fuba” (1952). Il successo internazionale arrivò grazie a “L’uomo di Rio” (1964) e ad “Agente 007, Thunderball” (1965), con la celebre benda sull’ occhio e lo sguardo gelido di Emilio Largo, il nemico di James Bond/Sean Connery.

Leonardo Celi: “Da bambino mi domandavo perché facesse sempre il cattivo”

Osserva Leonardo: “Quando ero bambino, mi domandavo perché facesse sempre la parte del cattivo, lui che era un padre così affettuoso. A cinquant’anni Adolfo aveva i capelli bianchi ma un cuore da fanciullo. Io e mia sorella vivevamo una splendida infanzia negli anni Settanta. Nostro padre ci portava spesso sui set per passare più tempo possibile con noi. Vivevamo come in una favola, o in un film, in un magico intreccio di realtà e finzione”, racconta l’autore del documentario.

Nel frattempo, scorrono le immagini del “Sandokan” televisivo, con Celi nel ruolo dell’antagonista Brooke, la scimitarra di Kabir Bedi, le tigri della Malesia e i due piccoli figli di Adolfo, l’attrice Alessandra e il regista Leonardo, immersi nella giungla. Tra i suoi innumerevoli ruoli, Celi amava il personaggio del commissario di polizia nel film “La villeggiatura” (1973), regia di Marco Leto. Un uomo delle istituzioni, nell’Italia del fascismo, che si confronta con un giovane intellettuale (Adalberto Maria Merli), confinato dal regime in un’Isola. “Con questo ruolo, ho potuto interpretare mio padre, che era un prefetto”, confessò l’attore.

Da ricordare la regia del film “L’alibi” con Vittorio Gassmann e Luciano Lucignani e le interpretazioni nel Petrosino televisivo, “La baronessa di Carini”, “Brancaleone alle crociate”, “Il fantasma della libertà”, “Cafè Express” e molti altri titoli. Non smise mai di amare il palcoscenico e morì, il 19 febbraio 1986, per un infarto, prima di debuttare a teatro con “I misteri di Pietroburgo”, con gli allievi della Bottega fiorentina. Lo sostituì in scena l’amico Gassmann. Sepolto nel cimitero monumentale di Messina, Celi è stato ricordato con diverse manifestazioni in questi anni e gli è stata dedicata una via nella zona sud.

Le foto di famiglia, con Adolfo Celi, la moglie, l’attrice Veronica Lazar, e i figli, l’attrice Alessandra e il regista Leonardo, per gentile concessione della famiglia Celi.

Un commento

  1. Gaetano Silvestro 25 Febbraio 2023 07:22

    Tutto bellissimo, ma vedere in che condizioni si trova la sua tomba è veramente indecente…

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