Cracker - Greenland - Recensioni - SENTIREASCOLTARE

Recensioni

6.4

Nati nel lontano 1992 su iniziativa dell’ex Camper Van Beethoven David Lowery (e passati indenni attraverso gli anni e i contratti major), tornano i Cracker con un disco come Greenland. Quattordici tracce che sanno di polvere e di stivali texani, un inno al roots-rock in cui convivono Dylan e i Dire Straits, spaccati pop e mire FM.

Ascendenze che scorrono sulle corde della slide guitar che cesella Something You Ain’t Got, si nascondono nel mid-tempo di Maggie – che cita, chissà quanto volontariamente, i Mojave 3 -, ballano sul pianoforte trascinante e le chitarre accese di Where Have Those Days Gone, si contorcono sul south-rock teso e vibrante – quell’invisibile cerniera temporale che unisce Rolling Stones, Black Crowes e i Primal Scream di Give Out But Don't Give Up – di Everybody Gets One For Free. Il ventaglio dei referenti stilistici si allarga inaspettatamente all’hard rock con venature psych, quando si incappa nei riff granitici di Gimme One More Chance, nelle sfuriate elettriche di The Riverside o nelle lentezze eteree di Minotaur, in un impeto derivativo ma mai scontato capace di fondere armoniosamente elementi melodici tra i più disparati.

A questo punto parrebbe lecito chiedersi se dietro a tutto il lavoro del gruppo si nasconda l’obiettivo di ampliare il più possibile l’eventuale bacino d’utenza, o la necessità di ravvivare il fuoco di passioni giovanili mai sopite grazie ad un progetto musicale necessario. Sospendiamo il giudizio e ci affidiamo ai lettori.

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