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Norberto Bobbio
“È uno struzzo, quello di Einaudi, che non ha mai messo la testa sotto la sabbia”
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Recensione a cura del BLOG erigibbi.it
Sherlock Holmes è stato un personaggio molto importante nel mio periodo adolescenziale, in cui mi dedicavo quasi esclusivamente alla lettura di horror (quelli di Stephen King) e di gialli (quelli di Agatha Christie e di Arthur Conan Doyle).Quando dopo molti anni, ho scoperto questa edizione Einaudi contenente tutti i romanzi (Uno studio in rosso, Il segno dei quattro, Il mastino dei Baskerville e La valle della paura) mi sono fiondata ad acquistarlo (all’appello manca la raccolta di tutti i racconti, ma rimedierò sicuramente… prima o poi).Sherlock Holmes, anche grazie alla serie tv ben riuscita Sherlock, lo conosciamo tutti: eccentrico, geniale e affatto modesto. Vive al 221B di Baker Street assieme al dottor Watson, suo fidato amico, fuma la pipa e si droga quando non ha casi da risolvere che lo tengono attivo e interessato al mondo.Perché Sherlock, nonostante il suo caratteraccio, piace così tanto? Probabilmente perché ha uno spirito d’osservazione fuori dal comune e riesce così a interpretare e a “indovinare” cose a noi sconosciute ma che sono lì, davanti ai nostri occhi. Indovinare è il peggior termine che potrei usare, e se Sherlock fosse qui accanto a me probabilmente sarebbe deluso da questa scelta inappropriata di termini. Me ne scuso. «No, io non tiro mai a indovinare: è un’abitudine che odio perché distrugge le facoltà logiche. Quello che le sembra strano, lo è solo perché lei non segue il mio filo logico e non tiene conto dei piccoli fatti da cui possono dipendere importanti conclusioni.»Ovviamente tutto questo è possibile perché Arthur Conan Doyle lo rende possibile, ma in realtà è come se Sherlock esistesse realmente, noi lettori (o di sicuro io) crediamo che tutte le sue deduzioni e le sue scoperte geniali siano reali e non frutto di fantasia, e magari siamo convinti che al 221B di Baker Street Sherlock, e ovviamente Watson, siano realmente esistiti!Come fa notare Margherita Oggero nella prefazione, Uno studio in rosso, che è il primo romanzo (1887), e La valle della paura, che è l’ultimo dei quattro romanzi (1915), sono strutturati nello stesso modo: si dividono in due parti; nella prima si svolge il crimine, c’è l’indagine e la soluzione del caso; nella seconda parte si torna indietro negli anni e si raccontano gli antefatti e di conseguenza i moventi.Sarà un caso, ma entrambi i romanzi mi sono piaciuti molto, La valle della paura ancora di più rispetto a Uno studio in rosso. Sia nel presente, sia nel passato, sono stata sorpresa dagli eventi e dalla risoluzione finale: colpi di scena a cui non avevo pensato e che mi hanno piacevolmente colpita.Il secondo romanzo, Il segno dei quattro (1890) è quello che mi è piaciuto meno. Questo non significa che non mi sia piaciuto, anzi; mi ricordo tra l’altro che era uno di quelli che avevo già letto durante l’adolescenza, ma non mi ricordavo assolutamente chi era il colpevole e come si erano svolti i fatti (avevo un’idea, ma si è rivelata sbagliata).Il terzo romanzo, Il mastino dei Baskerville (1902), è probabilmente il testo più conosciuto di Arthur Conan Doyle, anche se oserei paragonare la sua “fama” con quella di Uno studio in rosso, ma magari anche in questo caso potrei sbagliarmi.Assieme a La valle della paura, Il mastino dei Baskerville è stato il romanzo che più ho preferito, forse perché c’è una mescolanza di generi: il giallo e l’horror.Ho sempre trovato Sherlock Holmes un personaggio affascinante per la sua genialità e leggere i romanzi che parlano di lui e dei suoi casi è stato un piacere. Se vi piace lui o il genere giallo, i libri su Sherlock sono un porto sicuro dove approdare ogni qualvolta si ha bisogno di braccia amiche pronte ad accogliervi.Valutazione: 4.5
