The Greatest Hits - Recensione

La musica può portarti indietro nel tempo? A quanto pare, sì.

The Greatest Hits – La recensione

L’unica ragione per cui ho guardato The Greatest Hits, uscito direttamente su Disney+ il 12 aprile, è la mia passione per i film romantici a tema viaggi nel tempo. In questo caso, la nostra time-traveller è Harriet (Lucy Boynton), il cui fidanzato, Max (David Corenswet, che tra l’altro sarà il nuovo Superman nel DC Universe), è morto due anni prima in un incidente stradale. Da allora ogni volta che sente una canzone chiave della loro relazione viaggia indietro nel tempo e, per la durata del brano, rivive quel momento, cercando in quei pochi minuti di cambiare il passato e salvare la vita di Max.

Terrorizzata dall’idea di essere presa alla sprovvista da uno di questi viaggi, durante i quali nella vita reale sviene, Harriet gira sempre con un paio di cuffie insonorizzanti in testa, lavora in una biblioteca in maniera da essere in silenzio, si è allontanata dai suoi amici. Una delle sue poche attività "ricreative" è partecipare a un gruppo di terapia per la gestione del dolore; è lì che incontra David (Justin H. Min), che sta cercando di superare la morte di entrambi i genitori, e che forse potrebbe aiutarla a voltare pagina.

Tanto l’idea centrale è accattivante, tanto The Greatest Hits incespica nell’esecuzione. Fa una fatica incredibile a ingranare e annaspa ad arrivare alla fine dei 94 minuti. Si presenta con un concetto ambizioso sul viaggio nel tempo, ma lo trasforma in un pretesto per la scontata storia d’amore centrale, che segue invece esattamente la traiettoria che ci si aspetta.

Cercasi backstory disperatamente

Il colpo di grazia è dato dai dialoghi che non hanno brillantezza o ritmo. A peggiorare la situazione c’è il fatto che i personaggi principali siano a malapena tratteggiati, e diventa a volte davvero difficile provare interesse per la loro situazione.

Il fidanzato morto, Max, viene presentato solo attraverso i flashback musicali e, anche se non sarebbe stato disdegnabile un qualche aggancio per capire il dolore devastante di Harriet, ha senso che sia un personaggio un po’ vago. A ogni modo lo sono anche i protagonisti: si capisce solo da una scena con un cameo di Nelly Furtado alla fine del film che, prima della tragedia, Harriet era una produttrice musicale. Di David si sa genericamente che prima della perdita dei genitori viveva a San Francisco - a fare cosa? Non si sa. Hanno dei gusti o degli interessi oltre al piangersi addosso e ascoltare dischi? Mistero.

Ma dai, anche tu un amante della musica nelle grinfie di un lutto devastante?

Niente di questo è colpa di Boynton e Min, che si impegnano al massimo e sono genuinamente gradevoli. Boynton si merita un ruolo migliore invece che questa creatura a metà tra una cool girl à la Gillian Flynn e una ragazza interrotta, mentre a Min è stato chiaramente detto di essere suadente e "lo-fi", ma in un film con un tale problema di ritmo servirebbe un comprimario col 200% in più energia (che il talentuoso Min ha oltretutto dimostrato di saper rimediare, altrove: vedasi The Umbrella Academy, per non parlare dello splendido After Yang).

Per quanto si possa tentare di farci credere il contrario, i due non hanno assolutamente chimica; il film si spegne ancor di più quando sono nella stessa scena, per poi fare timidi tentativi di riaccendersi quando ci sono altri comprimari (delle macchiette: il migliore amico gay, la sorella ribelle, la psicologa generosa… ).

Un esercizio di banalità

Come già abbondantemente accennato, il lutto e il rimpianto sono temi centrali di questo film. Il personaggio di Harriet praticamente non esisterebbe se non per quello - il lutto è il suo unico tratto della personalità. Sarebbe stato interessante vedere un film romantico lavorare di più su questo tema, invece di ripiegare su frasi a effetto e luoghi comuni, ed è anche abbastanza orribile che il "meet cute" tra Harriet e David sia al grief counselling.

Tiè, un’immagine di Lucy Boynton che è tanto carina.

Mi hanno lasciata perplessa anche le selezioni musicali - da un lato ha senso che Harriet leghi i suoi ricordi a canzoni di nicchia, ma dall’altro un film così commerciale ha bisogno di scelte più incisive e pop (nel senso di popolari, anche se fossero i Led Zeppelin, per dire) rispetto a Jamie xx e un remix oscuro dei Roxy Music.

La mente di chi legge a questo punto penserà: "certo che questo film ti ha fatto veramente schifo" – e invece no. The Greatest Hits riesce a essere così cocciutamente beige da non risultare nemmeno offensivo. È inerte, generico. È ancora più sorprendente se si pensa a quanto fosse ambizioso il precedente progetto dello sceneggiatore e regista Ned Benson: La scomparsa di Eleanor Rigby era un trittico di film che raccontavano la stessa storia dai punti di vista di ciascun protagonista, e poi in una unica narrazione combinata.

In una scena particolarmente drammatica, Harriet esclama di essere "haunted by music", stregata (nel senso di casa stregata) dalla musica; mi sono scoperta a distrarmi pensando a come sarebbe quel film, e quanto lo avrei preferito.

The Greatest Hits è disponibile su Disney+. Abbonandovi alla piattaforma attraverso questo link contribuirete alla realizzazione dei contenuti quotidiani di IGN Italia.

Verdetto

Se si decide di fare un film con i viaggi nel tempo, allora ci vuole convinzione: non è possibile tirarsi indietro subito e cercare di confondere le acque con un nuovo interesse amoroso. E se si è dei codardi, almeno questo interesse amoroso e la protagonista devono avere una chimica scoppiettante. E se non hanno chimica, almeno si devono scrivere dei dialoghi divertenti. E se non ci sono neanche dei dialoghi divertenti, cosa stiamo qui a fare? Piuttosto riguardiamoci il problematico Questione di tempo o La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo.

In questo articolo

The Greatest Hits

12 Aprile 2024

The Greatest Hits – La recensione

4
Brutto
Non ho tempo per questi viaggi nel tempo.
The Greatest Hits
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