The Equalizer 2 - Senza perdono Recensione

The Equalizer 2: recensione dell'action con Denzel Washington presentato al Locarno Festival 2018

05 agosto 2018
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Antoine Fuqua torna a raccontare di un gentile vicino dalla doppia vita.

The Equalizer 2: recensione dell'action con Denzel Washington presentato al Locarno Festival 2018

Cosa avrà convinto Denzel Washington ad accettare il primo sequel della sua vita professionale? In The Equalizer 2, infatti, torna a indossare i panni, comodi e dimessi, di Robert McCall, pacifico tassista amante delle letture classiche, ma ogni tanto spinto a fare giustizia, a vendicare torti e violenze inflitte ai più deboli. Probabilmente sarà stata l’adesione etica al modus operandi del suo personaggio, che prima di scatenare la sua furia di ex agente dei servizi concede la possibilità al peccatore di redimersi, di ammettere la colpa e pentirsi. Quando regolarmente lo guarda come fosse un sessantenne innocuo, e un po’ folle, scatena la sua furia misurando i secondi necessari e sufficienti, non volendo indugiare troppo nei panni del Dio vendicatore da Antico Testamento. Come dire, la violenza va anche bene, se non accetti la seconda possibilità così centrale nella cultura ancestrale americana, ma che sia un lavoro fatto in fretta e pulito. Certo, le ossa di spezzano e Antoine Fuqua, che torna dietro la macchina da presa anche in questo secondo capitolo, sembra indugiare con piacere nel mostrare arti in posizioni innaturali e nei rumori da pelle d’oca che così li hanno ridotti.

Perché Denzel Washington, come molta Hollywood da decenni a questa parte, sulla vendetta ha una sua concezione morale - spesso rappresentata anche al cinema - decisamente lontana da quella delle nostre parti. In fondo, Fuqua e Washington si sono conosciuti nella Church of God in Christ di Los Angeles, proprio una chiesa pentecostale frequentata da molti esponenti dello showbiz locale. Il predicatore mancato Washington, lettore accanito della Bibbia, deve molto alla musicalità dei sermoni di quelle chiese black per il suo stile recitativo. Possono sembrare discorsi fuori contesto per quello che è e rimane un action, ma sono chiaramente in cima ai pensieri di chi The Equalizer 2 l’ha diretto e interpretato.

C’erano aspetti del protagonista ancora rimasti taciuti nel primo episodio, come il destino della moglie di McCall, che qui forniscono lo spunto per la trama principale, con il passato che ritorna e  gli amici che rischiano di trasformarsi in nemici. Ce ne sono molte di sotto trame in questo ritorno alla base dopo i giri per l’Europa e il salvataggio della giovincella rapita mostrata nel primo film. Quello che rimane è lo stile inconsueto, per una buona parte riflessivo e sereno come le (apparenti) giornate di Robert McCall, libro alla mano e sorriso sempre pronto, che poi lascia spazio a una serie di interventi più o meno accidentali da vendicatore morale, dopo aver definitivamente accettato questo come suo destino alla fine di The Equalizer

Ci sono molti piccoli nemici e brevi rivoli narrativi, condizione dovuta alla nuova routine di McCall, che disperdono un po’ le forze di un film che però conferma una sua chiave inedita nella Hollywood di oggi, in cui più che l’ossessione per l’acceleratore sempre a tavoletta si gioca sui cambi di ritmo, di velocità, come fanno i fuoriclasse dello sport preferito da Washington: il basket. Un film che non stanca mai, non satura lo sguardo e l'udito dello spettatore, cosa assai rara nel cinema degli studios, anche grazie all’ambientazione fra Boston e dintorni, fra lo skyline di una tipica downtown americana e l’oceano violento dei suoi dintorni, concentrando il momento chiave della vendetta proprio nel corso di una tempesta, a proposito di rimandi biblici, in occasione del ritorno a casa.

Più dispersivo del primo, The Equalizer 2 conferma l’affiatamento fra due uomini di cinema come Fuqua e Washington, anche a un continente di distanza dalla Los Angeles di Training Day, regalando una sequenza di tensione, quasi inattesa, fra le più convincenti degli ultimi anni. Pochi decibel, macchina appena in movimento, e l’eterna paura di un innocente, e presto di noi spettatori, di essere visto dai cattivi mentre cerca disperatamente di rimanere in silenzio assoluto, chiuso in una panic room.



  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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