La sicurezza sul lavoro ha radici antiche e ha subito un notevole sviluppo nel corso dei secoli, passando da un'attenzione focalizzata sulla protezione tecnologica alla valorizzazione del ruolo dei lavoratori nella cura della propria sicurezza.

Le antiche radici della sicurezza sul lavoro risalgono addirittura ai tempi antichi, trovando testimonianze nella Bibbia e nel pensiero di figure come Ippocrate nell’antica Grecia e l’imperatore romano Claudio. Il XVI secolo ha visto l’emergere di pionieri nella medicina del lavoro, Georg Bauer e Bernardino Ramazzini. Nel corso del Novecento, diverse misure legislative hanno introdotto regole per migliorare le condizioni di lavoro e la sicurezza dei lavoratori, sia in Italia che a livello internazionale.

Il passaggio dalla Terza Rivoluzione Industriale ha portato a un cambiamento nel modo di concepire la sicurezza sul lavoro. Con il Decreto Legislativo 626/94, l’attenzione si è spostata dalla prevenzione tecnologica a un approccio centrato sull’uomo, coinvolgendo i lavoratori nella cura della propria sicurezza e introducendo la valutazione dei rischi come elemento chiave della protezione dei lavoratori. Il successivo Decreto Legislativo 81/2008 ha rappresentato una riforma sostanziale, armonizzando le diverse normative sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e fornendo un quadro normativo completo per garantire un ambiente di lavoro sicuro e salubre per tutti.

Le antiche radici della sicurezza sul lavoro

Nel corso dei secoli, il concetto di “sicurezza sul lavoro” ha radici profonde, risalenti addirittura ai tempi antichi. Una delle prime testimonianze si trova nella Bibbia, nel libro del Deuteronomio, scritto tra il VI e il V secolo a.C. In questo testo, al capitolo 22, versetto 8, si legge l’invito a costruire un parapetto intorno alle terrazze delle case nuove per prevenire incidenti e tragedie. Passando alla Grecia antica, nel periodo compreso tra il IV e il V secolo a.C., emerge la figura di Ippocrate, riconosciuto come il padre della medicina scientifica. Oltre a trattare malattie e ferite, Ippocrate sottolineava l’importanza di comprendere la professione dei pazienti per una diagnosi più accurata delle patologie, come diceva ai suoi discepoli. Anche nell’Impero Romano, si ritrovano segni di attenzione alla salute dei lavoratori. Nel I secolo a.C., l’imperatore Claudio stabilì una legge secondo cui gli schiavi malati avrebbero ottenuto la libertà se avessero recuperato la salute. In epoca medievale, le corporazioni di arti e mestieri assunsero un ruolo significativo nell’assistenza ai lavoratori. A partire dal XII secolo, queste organizzazioni garantivano cure e supporto ai propri associati, riconoscendo l’importanza della salute e del benessere dei lavoratori.

I pionieri della medicina del lavoro: Bauer e Ramazzini

Nel XVI secolo, il medico tedesco Georg Bauer, noto anche come Georgius o Gregorio Agricola, lasciò un’eredità fondamentale con il suo libro “De Re Metallica” (“Sulla natura dei metalli” in italiano), pubblicato postumo nel 1556. Quest’opera classica dell’alba della metallurgia e dell’arte mineraria rimase insuperata per diversi secoli. Oltre a descrivere metodologie estrattive e geologiche, il testo individuava le malattie correlate a queste attività, anche se gli infortuni venivano attribuiti all’inesperienza dei lavoratori. Nel XVIII secolo, il medico italiano Bernardino Ramazzini, professore all’Università di Modena e Padova, pubblica nel 1700 il trattato “De Morbis Artificum Diatriba” (“Le malattie dei lavoratori” in italiano). In quest’opera, Ramazzini elencava circa quaranta malattie legate soprattutto alle occupazioni artigianali dell’epoca. Egli visitava personalmente gli ambienti di lavoro per identificare i pericoli e osservare i danni per la salute dei lavoratori, anticipando l’obbligo che oggi spetta al medico competente nel campo della sicurezza sul lavoro. Il suo motto era “prevenire è di gran lunga meglio che curare“. La pubblicazione ottenne una seconda edizione nel 1713 con un supplemento, e Ramazzini è considerato come il padre della medicina del lavoro.

Dalla Prima Rivoluzione Industriale ai primi diritti per i lavoratori

Tra il 1760 e il 1830, l’Inghilterra fu teatro della Prima Rivoluzione Industriale, una trasformazione epocale che segnò il passaggio da una società basata sull’agricoltura e l’artigianato a un sistema industriale moderno, grazie alle invenzioni come il telaio meccanico e le macchine a vapore. Le prime officine industriali emersero, con un reclutamento di lavoratori, inclusi donne, adolescenti e perfino bambini, senza alcuna considerazione per le condizioni igieniche. I rapporti di lavoro subirono una profonda trasformazione, dividendo nettamente capitale e lavoro e allontanando i lavoratori dagli imprenditori. Di fronte a questa nuova realtà, i lavoratori si unirono per rivendicare salari migliori e condizioni di vita dignitose, richieste che l’autorità non poteva più ignorare. All’interno delle fabbriche, l‘orario di lavoro era estenuante, specialmente per i bambini, che iniziavano a lavorare a soli 6-7 anni e svolgevano turni di circa 12 ore al giorno. Gli ambienti di lavoro erano claustrofobici, con temperature comprese tra i 26 e i 30 gradi Celsius, scarsa circolazione d’aria e finestre ridotte. Molte volte, i bambini si ammalavano o rimanevano feriti a causa delle macchine. I momenti di pausa erano limitati a mezz’ora per la colazione e altrettanto per il pranzo. Coloro che arrivavano in ritardo o commettevano errori venivano puniti e picchiati dai sorveglianti. Solo nel 1833 si introdussero delle regolamentazioni sul lavoro minorile. I ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 18 anni potevano lavorare per massimo 12 ore al giorno, mentre per i ragazzi tra i 9 e gli 11 anni l’orario era limitato a 8 ore al giorno. Ai bambini sotto i 9 anni venne proibito di lavorare.

Nascono le leggi sulla sicurezza sul lavoro

La necessità di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori ha spinto molti paesi a introdurre leggi e normative specifiche nel corso dei secoli. Un primo passo significativo fu fatto dall’Inghilterra nel 1833, con il Factory Act, che istituì i primi quattro ispettori di fabbrica e avviò un dibattito sulle condizioni di lavoro, dando origine a nuove norme di prevenzione e protezione dagli infortuni. In Germania, nel 1884, venne approvata una legge sull’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, che garantiva cure mediche e pensioni per gli infortunati e introdusse le prime norme di prevenzione. Tuttavia, solo nel 1973, si stabilì l’obbligo legale per i datori di lavoro di assumere un medico aziendale e uno specialista in sicurezza sul lavoro. In Francia, la prima legge sulla salute e sicurezza negli stabilimenti industriali fu emanata nel 1893. Negli Stati Uniti, invece, le prime leggi significative sulla sicurezza sul lavoro giunsero solo negli anni ’60 del XX secolo. Nel 1970, l’Occupational Safety and Health Act istituì la OSHA (Occupational Safety and Health Administration) con l’obiettivo di garantire la sicurezza e la salute sul lavoro attraverso l’introduzione di standard adeguati e la sorveglianza della loro applicazione.

Continua l’industrializzazione, le prime norme italiane

A partire dal 1870, la Seconda Rivoluzione Industriale segnò una nuova era con l’introduzione dell’elettricità e del petrolio nell’ambiente lavorativo. Durante il periodo dal 1886 al 1899, una serie di leggi iniziarono a regolamentare le occupazioni dei lavoratori nelle miniere e l’impiego dei bambini, dando vita alle prime norme sull’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali. La legge del 11 febbraio 1886, numero 357, fu un passo significativo nella tutela del lavoro minorile nelle cave, nelle miniere e nelle fabbriche industriali. Questa legge vietava il lavoro per i bambini di età inferiore ai 9 anni e l’impiego notturno prima dei 12 anni. Successivamente, intervennero altre importanti leggi, come quella del 17 marzo 1898, numero 80, riguardante gli infortuni sul lavoro. Con questa normativa, venne introdotto il concetto di fatalità o errore umano nelle situazioni di incidenti sul lavoro. Nel 1899, furono promulgate una serie di regolamenti generali e specifici per la prevenzione degli infortuni, tra cui il Regio Decreto numero 230, il “Regolamento generale per la prevenzione degli infortuni“; il Regio Decreto numero 231, il “Regolamento generale per la prevenzione degli infortuni nelle cave e nelle miniere“; e il Regio Decreto numero 232, il “Regolamento generale per la prevenzione degli infortuni nelle imprese e nelle industrie che trattano materie esplodenti“.

Leggi del ‘900, verso una maggiore tutela dei lavoratori

Nel corso del Novecento, diverse misure legislative furono introdotte per migliorare le condizioni di lavoro e la sicurezza dei lavoratori. Nel 1902, l’età minima per iniziare a lavorare venne innalzata a 12 anni, e nel 1904 questa soglia fu ulteriormente aumentata a 14 anni. Iniziarono anche le prime inchieste sulle condizioni di lavoro di alcune categorie di lavoratori, e fu istituito l’Ispettorato del lavoro per vigilare sul rispetto delle normative. Nel 1906 si svolse il I Congresso Internazionale di Medicina del Lavoro, un momento cruciale per promuovere la consapevolezza sull’importanza della salute dei lavoratori. L’incessante produzione legislativa di quel periodo portò alla creazione di una solida struttura normativa. La legge del 22 dicembre 1912, numero 1361, istituì un corpo di ispettori dell’industria e del lavoro, mentre il R.D. del 23 luglio 1913, numero 988, approvò norme per garantire un buon governo igienico nei cantieri delle grandi opere. Il R.D. del 29 luglio 1927, numero 1443, introdusse norme legislative per disciplinare la ricerca e la coltivazione delle miniere. Nel 1928, il Regio Decreto numero 530 introdusse il regolamento generale per l’igiene del lavoro (che sarebbe stato abrogato nel 1956 dal D.P.R. numero 303), mentre l’anno successivo, con il Regio Decreto numero 928, si iniziò a tutelare le malattie professionali.

Il quadro normativo italiano fino al riconoscimento Costituzionale

Il sistema legislativo italiano a favore dei lavoratori ha avuto un costante sviluppo nel corso degli anni, offrendo una protezione sempre più solida per la sicurezza e il benessere dei dipendenti. Già nel Codice Penale del 1930, ancora in vigore, agli articoli 437 e 451, sono previste sanzioni per coloro che non installano o rimuovono i dispositivi di sicurezza per gli infortuni. La legge del 26 aprile 1934, numero 653, regola e tutela il lavoro delle donne e dei fanciulli, riconoscendo la necessità di particolari accorgimenti per categorie specifiche di lavoratori. Nello stesso anno, entra in vigore il Regio Decreto numero 1265, noto come “Testo unico delle leggi sanitarie“, ancora oggi un importante riferimento per molte normative urbanistiche. Nel 1942, viene approvato il Codice Civile, il cui articolo 2087 stabilisce che gli imprenditori sono tenuti a garantire l’integrità fisica e morale dei lavoratori, adottando le misure necessarie in base alla natura del lavoro, all’esperienza e alla tecnica disponibile. La Costituzione della Repubblica Italiana, promulgata il 27 dicembre 1947 e in vigore dal 1° gennaio 1948, ha sancito i diritti fondamentali dei lavoratori. L’articolo 32 sottolinea il diritto alla salute come un diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività. L’articolo 41, invece, protegge la libertà di iniziativa economica privata, purché sia in linea con l’utilità sociale e non ledi la sicurezza, la libertà e la dignità umana.

Il boom economico e boom della tutela dei lavoratori

Negli anni ’50, l’Italia conobbe un periodo di crescita economica noto come “boom economico”, ma con tale sviluppo arrivò anche un notevole aumento degli infortuni e delle malattie professionali. Per far fronte a questa sfida, il Parlamento emanò la legge 12 febbraio 1955, numero 51, delegando il potere esecutivo a stabilire norme generali e speciali sulla prevenzione degli infortuni e sull’igiene del lavoro. Di conseguenza, furono introdotti una serie di Decreti del Presidente della Repubblica, rimasti in vigore per quasi 50 anni e ora abrogati. Tra questi, il D.P.R. 547/1955 riguardava la prevenzione degli infortuni sul lavoro, il D.P.R. 164/1956 la prevenzione degli infortuni sul lavoro nel settore delle costruzioni, e il D.P.R. 303/1956 le norme sull’igiene del lavoro. Questa fase di prevenzione si basava principalmente sulla protezione tecnologica delle macchine e delle attrezzature, focalizzandosi sulla gestione dei pericoli. Nel 1965, venne pubblicato il D.P.R. del 30 giugno, numero 1124, che racchiudeva il “testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali“. Questo testo unico segnò un importante passo avanti nella tutela dei lavoratori, garantendo una copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali.

L’affermazione della moderna sicurezza sul lavoro

Nel 1970, si verificò la cosiddetta Terza Rivoluzione Industriale, caratterizzata dall’introduzione massiccia dell’elettronica, delle telecomunicazioni e dell’informatica, un periodo fondamentale in cui venne definito il concetto moderno di sicurezza del lavoro. Tuttavia, fino a quel momento, le leggi riguardanti la sicurezza sul lavoro erano frammentate, senza costituire un corpus iuris capace di fornire un contributo efficace ai magistrati che dovevano giudicare casi specifici di reato. In risposta a questa esigenza, venne promulgata la legge 20 maggio 1970, numero 300, che introdusse lo Statuto dei lavoratori. L’articolo 9 di questo statuto sanciva la tutela della salute e dell’integrità fisica dei lavoratori, riconoscendo loro il diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. I lavoratori, tramite le loro rappresentanze, potevano promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di misure atte a preservare la loro salute e integrità fisica. Nel 1978, venne istituito il servizio sanitario nazionale con la legge numero 833 del 23 dicembre, che assegnava alle unità sanitarie locali il compito di controllare e tutelare l’igiene ambientale per prevenire infortuni sul lavoro e malattie professionali. Il DPR numero 962 del 10 settembre 1982 introdusse disposizioni riguardanti le lavorazioni a rischio cancerogeno con il cloruro di vinile monomero. Inoltre, l’articolo 3 di questo decreto sancì il concetto di valutazione dei rischi, richiedendo al datore di lavoro di adottare misure tecniche e organizzative adeguate per ridurre al minimo le concentrazioni di cloruro monomero alle quali i lavoratori erano esposti.

L’implementazione delle direttive europee

Alla fine degli anni ’80, l’Italia si trovò a dover dare attuazione alle direttive del Consiglio Europeo riguardanti la sicurezza e la salute dei lavoratori. Con la Direttiva 89/391/CEE del Consiglio dei Ministri del 2 giugno 1989, si introdusse il principio della programmazione, pianificazione e prevenzione, insieme alla massima sicurezza tecnologica possibile, al fine di promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro. Un elemento chiave per la protezione della salute e sicurezza dei lavoratori fu l’obbligo di valutare i rischi ai quali erano esposti durante il loro lavoro. In risposta alle direttive comunitarie, l’Italia emanò il Decreto Legislativo 15 agosto 1991, numero 277, riguardante la protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dall’esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro.

L’evoluzione del D.Lgs 626/94 sulla sicurezza sul lavoro

La direttiva 89/391/CEE, mirante a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, fu recepita nell’ordinamento italiano con il Decreto Legislativo 19 settembre 1994, numero 626, sebbene con cinque anni di ritardo. Questo decreto segnò una svolta fondamentale nell’approccio alla prevenzione, ponendo al centro la tecnica, l’organizzazione e, soprattutto, l’uomo. L’ordinamento basato principalmente sulla prevenzione tecnologica fu superato dopo cinquant’anni, e si adottò un nuovo approccio che riconosceva l’importanza dell’uomo nella creazione di un ambiente di lavoro sicuro. Il decreto introdusse l’obbligo per il datore di lavoro di valutare i rischi, una novità significativa per la protezione dei lavoratori. Tra le altre innovazioni, il Decreto introdusse il Rappresentante dei lavoratori per la Sicurezza, un rappresentante eletto dai lavoratori, e istituì il servizio di prevenzione e protezione. Si sancì il principio dell’autotutela per i lavoratori, responsabilizzandoli nella cura della loro sicurezza e di quella degli altri presenti sul luogo di lavoro. L’introduzione del medico competente incaricato di effettuare la visita medica lavoro garantì una migliore sorveglianza della salute dei lavoratori. La valutazione dei rischi non fu più limitata a un agente specifico, ma si estese a un’analisi aziendale globale. L’art. 5 del decreto sanciva che “Ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro”. Nel corso degli anni, il D.Lgs 626/94 fu soggetto a diverse modifiche, fino a essere infine abrogato dal D.Lgs 81/2008, che rappresenta l’evoluzione successiva nel quadro normativo italiano sulla sicurezza del lavoro.

Il D.Lgs 81/2008, un passo fondamentale nella sicurezza sul lavoro

Dopo un lungo e complesso percorso durato 14 anni, il decreto legislativo 9 aprile 2008, numero 81, noto come “testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro” (acronimo TUS), è stato emanato in attuazione dell’articolo 1 della Legge 3 agosto 2007, numero 123. Questo decreto ha svolto una riforma sostanziale, riunendo e armonizzando diverse precedenti normative riguardanti la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro, inclusa l’abrogazione di alcune di esse. Il D.Lgs 81/2008 stabilisce le misure generali per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro e codifica la gestione della sicurezza attraverso diversi aspetti essenziali.

  • Valutazione dei rischi: identifica l’obbligo per i datori di lavoro di valutare i rischi presenti nei luoghi di lavoro.
  • Misure di prevenzione e protezione: indica le misure da adottare per prevenire e proteggere i lavoratori dai rischi individuati.
  • Programma di miglioramento: prevede un programma per garantire un continuo miglioramento dei livelli di sicurezza nel tempo.
  • Ruoli organizzativi: specifica i ruoli all’interno dell’organizzazione aziendale responsabili dell’attuazione delle misure di sicurezza.

Il D.Lgs 81/2008 è strutturato in 13 titoli che coprono vari aspetti legati alla sicurezza e alla salute nei luoghi di lavoro. Tra questi, vengono trattati i luoghi di lavoro stessi, le attrezzature e i dispositivi di protezione individuale. Il testo copre una vasta gamma di rischi e dedica un titolo specifico alla protezione dalle ferite da taglio e da punta nel settore ospedaliero e sanitario. Questo testo unico è entrato in vigore il 15 maggio 2008 ed è applicabile a tutti i settori di attività, sia privati che pubblici, coprendo tutte le tipologie di rischio, salvo eccezioni e limitazioni previste dallo stesso decreto. Il TUS ha rappresentato un passo fondamentale nella tutela dei lavoratori, fornendo un quadro normativo completo e chiaro per garantire un ambiente di lavoro sicuro e salubre per tutti.