MARGHERITA Gonzaga, duchessa di Lorena in "Dizionario Biografico" - Treccani - Treccani

MARGHERITA Gonzaga, duchessa di Lorena

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 70 (2008)

MARGHERITA Gonzaga, duchessa di Lorena

Stefano Tabacchi

MARGHERITA Gonzaga, duchessa di Lorena. – Nacque a Cavriana, presso Mantova, il 2 ott. 1591, quarta dei sei figli di Vincenzo I Gonzaga, duca di Mantova, ed Eleonora de’ Medici, figlia del granduca di Toscana Francesco I. Sulla sua infanzia non si dispone di molte notizie, anche se non mancano sue rappresentazioni iconografiche, come alcuni ritratti di Frans Pourbus che la raffigurano adolescente. All’inizio del 1605 si cominciò a pensare a un suo possibile matrimonio e dopo un breve giro d’orizzonte, la scelta si indirizzò verso Enrico di Vaudémont, duca di Bar ed erede al trono del Ducato di Lorena, in seguito noto come Enrico il Buono, già ultraquarantenne e da poco rimasto vedovo – senza figli legittimi – di Caterina di Borbone, sorella di Enrico IV di Francia.

Nel contesto politico del primo decennio del Seicento il progetto di matrimonio assumeva un rilevante significato non solo per le corti interessate, ma anche per gli altri Stati europei. Per Vincenzo I Gonzaga si trattava soprattutto di un’occasione per difendere e accrescere lo status della propria casata nel sistema europeo delle corti, mentre per la casa di Lorena il matrimonio con una principessa italiana era uno strumento per rafforzare il proprio ancoraggio alle politiche controriformiste, dopo un periodo di oscillazioni che aveva portato Enrico di Lorena a subire la scomunica a causa del suo precedente matrimonio con un’ugonotta confessa. Le trattative matrimoniali furono complesse ma relativamente rapide e coinvolsero, tra gli altri, il granduca Ferdinando I di Toscana, cognato di Enrico di Lorena, e soprattutto Enrico IV di Francia, che da tempo esercitava un ruolo di tutela e controllo sulla Lorena. Fu proprio il sovrano francese a comunicare a Vincenzo I Gonzaga, nel settembre 1605, la definitiva accettazione lorenese della proposta matrimoniale. Qualche mese dopo, il 13 febbr. 1606, i rappresentanti del duca di Lorena e Carlo Rossi, procuratore del duca di Mantova, firmarono a Parigi il contratto matrimoniale davanti ai principi di sangue e ai principali consiglieri di Enrico IV. Il contratto prevedeva per M. una dotazione di 500.000 livres (di cui 140.000 donate dal re di Francia) e un appannaggio annuo di 25.000 livres, al quale si aggiungeva il possesso dei castelli di Blâmont e Deneuvre, e le imponeva la rinuncia a qualsiasi pretesa sull’eredità paterna. Nel complesso, si trattava di condizioni piuttosto favorevoli, che testimoniano del rilievo che la casa di Lorena attribuiva a questa alleanza matrimoniale.

Il 21 apr. 1606, a Mantova, M. sposò per procura Enrico di Lorena e, pochi giorni dopo, lasciò l’Italia accompagnata dalla madre, dal fratello Ferdinando e da un ampio seguito. Il 15 giugno M. fece il suo ingresso ufficiale a Nancy, occasione di festeggiamenti estremamente elaborati, che rappresentarono un episodio non secondario nella storia degli apparati di corte e del balletto.

Nonostante la forte differenza di età, il matrimonio fu sereno e M. poté, sin dall’inizio del suo soggiorno in Lorena, ottenere il rispetto della famiglia regnante e incontrare il favore dei sudditi. La personalità dei due sposi, del resto, presentava numerosi elementi comuni, dalla marcata pietas religiosa all’amore per l’arte e la musica italiana. Il 3 ott. 1608 M. diede alla luce la sua prima figlia, Nicole, ma il parto la mise in pericolo di vita, al punto che a Parigi si cominciò a elaborare progetti per impadronirsi della neonata allo scopo di tutelare gli interessi francesi nella regione. Rimessasi rapidamente, M. fu associata ad alcune responsabilità di governo dal marito, salito al trono di Lorena nel maggio 1608 con il nome di Enrico II.

Nella situazione di stabilità internazionale che caratterizzò i primi decenni del Seicento, anche una regione di frontiera come la Lorena poteva godere di una relativa tranquillità e ciò consentì al duca e a M. di promuovere una politica di lavori pubblici e abbellimenti che interessò soprattutto la città di Nancy. Sul fronte della politica estera, la questione che più impegnò i duchi fu il rapporto con la Francia, centrale non solo per ragioni geografiche, ma anche per l’aspirazione di Enrico IV a stringere ancora più i rapporti con la Lorena. In questo ambito cominciò a prendere corpo, già alla fine del 1608, un progetto di matrimonio tra il delfino e la poco più che neonata Nicole. Nel 1610 la questione acquistò nuova attualità perché il governo spagnolo reagì alle manovre francesi proponendo – sembra in maniera solo strumentale – un matrimonio di Nicole con il secondogenito di Filippo III, don Carlos. Al contrario del marito, M. era risolutamente filofrancese e si oppose a questa prospettiva, minacciando di trasferirsi con la figlia presso la zia, la regina di Francia Maria de’ Medici. La sua azione contribuì a sventare le manovre spagnole, ma il progettato matrimonio francese tramontò anch’esso, a causa della morte di Enrico IV e delle resistenze di una parte consistente della nobiltà lorenese, nel timore che esso preludesse all’annessione della Lorena alla Francia.

Dopo i primi anni di serenità, fosche nubi cominciarono a minacciare la casa di Lorena, a causa sia dell’evoluzione dei rapporti internazionali sia del profilarsi di complessi problemi successori. Il matrimonio di M. non aveva infatti prodotto eredi maschi, tranne un bambino morto in tenerissima età, ma solo due femmine: oltre a Nicole (morta nel 1657), Claude (1612-48). Già all’inizio degli anni ’20 del Seicento apparve dunque inevitabile cercare una soluzione a quella che rischiava di essere una grave ipoteca sul futuro del Ducato. In una prima fase, Enrico II e M. cercarono di garantire la successione al Ducato a Nicole, che avrebbe dovuto sposare Charles de Guise, figlio illegittimo del cardinale Louis (II) de Guise, ma il tentativo si scontrò con l’opposizione di François de Vaudémont, fratello di Enrico II che, richiamandosi alla legge salica (la cui applicazione in Lorena era controversa), negò il diritto di Nicole alla successione e si ritirò per protesta in Baviera. La situazione ben presto si deteriorò e si arrivò a un vero e proprio conflitto armato. Pressato dai suoi consiglieri, che temevano il collasso del Ducato, e dagli Stati generali di Lorena, che si espressero a favore di una soluzione di compromesso, Enrico II finì per concludere un accordo, in base al quale Nicole avrebbe sposato Charles de Vaudémont, che avrebbe assunto la carica di duca coreggente. Il matrimonio fu celebrato nel giugno 1621, ma rappresentò più una momentanea tregua che una soluzione definitiva alla faida che divideva la casa di Lorena.

Il 31 luglio 1624 Enrico II morì, lasciando M. in una situazione politicamente difficile. Nel suo testamento egli aveva ribadito l’assegnazione della titolarità del governo del Ducato alla figlia Nicole, ma già nel corso del 1625 François e Charles de Vaudémont attuarono una progressiva occupazione del potere, marginalizzando l’inesperta Nicole e sua madre. M. reagì rivolgendosi alla corte francese, che inviò in Lorena il futuro maresciallo Louis de Marillac per sostenere le sue ragioni, ed elevando una protesta formale. Si trattava di una mossa forse troppo precipitosa, che finì per produrre un’improvvisa accelerazione della vicenda. Nell’autunno del 1625 François de Vaudémont rivendicò apertamente per sé il potere, negando la legittimità degli accordi precedentemente stretti. La sua richiesta fu accolta dagli Stati generali di Lorena e François divenne duca il 21 nov. 1625. Cinque giorni più tardi egli abdicò in favore del figlio, che con questo stratagemma poté allontanare Nicole dal potere. Rimasta priva di concreti appoggi politici, M. cercò nuovamente il sostegno del governo francese, ma questo assunse un atteggiamento di prudente equidistanza rispetto alla controversia, limitandosi a non riconoscere ufficialmente il nuovo duca. Il sostanziale fallimento del tentativo indusse M. a formulare una nuova protesta ufficiale contro l’usurpazione, che fu presentata all’inizio del 1627 dal residente mantovano in Francia, Giustiniano Priandi, senza ottenere maggior successo.

Vista ormai con sospetto a corte, M. si ritirò nel castello di Nomeny, ma non smise di interessarsi alla situazione politica europea, che la vedeva coinvolta anche per ragioni familiari. Nell’ottobre del 1626 la morte di suo fratello, il duca Ferdinando, e l’ascesa al trono di Mantova dell’altro fratello, il debole e valetudinario Vincenzo II, avevano infatti aperto drammaticamente la questione della successione al Ducato di Mantova. In una prima fase M. si limitò a seguire a distanza gli eventi, ma già nel 1627, quando la morte di Vincenzo II e l’ascesa al Ducato di Carlo Gonzaga Nevers aprirono la guerra di successione, ella decise di far valere i propri diritti. I motivi del suo intervento in questa vicenda – ricordato anche brevemente da A. Manzoni – non sono ancora del tutto chiariti. È tuttavia probabile che ad animare M. fosse l’aspirazione a trovare per sé e le sue figlie una via d’uscita dalla Lorena, più che un intento rivendicativo nei confronti degli altri pretendenti al Ducato.

Nell’aprile 1628 M. inviò un ambasciatore alla corte imperiale, con il compito di reclamare l’assegnazione del Monferrato, in quanto feudo trasmissibile anche in linea femminile, e di assicurare l’imperatore Ferdinando II d’Asburgo che un’eventuale investitura di M. non avrebbe incontrato l’opposizione francese. La missione però si risolse in un completo fallimento, anche a causa dell’incapacità dei negoziatori inviati. I ministri di Francia e Venezia, infatti, non presero alcun impegno a favore di M. e la stessa imperatrice Eleonora Gonzaga, sorella di M., si rifiutò di dare credito alle sue ragioni. Le reali possibilità per M. di ottenere una parte dell’eredità gonzaghesca erano dunque svanite. Non per questo era però terminato il suo coinvolgimento nella vicenda. Già nell’estate del 1628, infatti, ricevette profferte dal governo spagnolo affinché cedesse sul Monferrato. M. rifiutò di prestarsi a questa manovra e si riavvicinò ai Gonzaga Nevers, pur mantenendo un atteggiamento indipendente e rivendicando puntigliosamente i suoi diritti. Nel progressivo dipanarsi delle trattative sulla sorte di Mantova, le ragioni di M. furono accantonate e il trattato di Ratisbona, del 13 ott. 1630, rimise alla valutazione di Maria de’ Medici la ricerca di qualche forma di compensazione per la rinuncia di M. all’eredità gonzaghesca.

La sostanziale sconfitta patita nella vicenda della successione mantovana fece maturare in M. la decisione di condurre vita ritirata. Il 29 giugno 1629 aveva preso l’abito di terziaria domenicana e si era estraniata dalle questioni politiche. Ma anche in questa fase M. dovette cercare di difendere i diritti di Nicole, duramente attaccati dal marito. Nel 1631 quest’ultimo cercò di invalidare il suo matrimonio, facendo condannare a morte per stregoneria Melchior de la Vallée, l’ecclesiastico che aveva battezzato Nicole, al fine di gettare ombre sulla validità del battesimo e quindi sulla capacità di Nicole a contrarre matrimonio.

La vicenda contribuì ad amareggiare gli ultimi anni di M., che morì a Nancy il 7 febbr. 1632.

Non poté dunque gioire del parziale ristabilimento delle sorti della sua famiglia, in seguito al matrimonio della figlia Claude con il nuovo duca di Lorena, Nicolas François de Vaudémont (1634), a favore del quale il fratello Charles aveva abdicato dopo l’ingresso delle truppe francesi in Lorena.

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