Turati, Filippo nell'Enciclopedia Treccani - Treccani - Treccani

Turati, Filippo

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Uomo politico italiano (Canzo 1857 - Parigi 1932). Di formazione democratica e positivista, aderì al marxismo e fu tra i fondatori della rivista Critica sociale (1891) e del Partito socialista dei lavoratori italiani (1892). In età giolittiana promosse l'ascesa del movimento operaio per via gradualista e parlamentare. Leader dei riformisti, fu espulso dal PSI (1922). In esilio a Parigi, promosse la nascita della Concentrazione antifascista e la riunificazione del partito (1930).

Vita e attività

Figlio di un alto funzionario statale, intraprese gli studi giuridici, laureandosi nel 1877 presso l'univ. di Bologna. Trasferitosi con la famiglia a Milano, frequentò A. Ghisleri e R. Ardigò, e iniziò la carriera di pubblicista come critico letterario. Negli anni successivi si avvicinò agli ambienti operai e socialisti e attraverso Anna Kuliscioff, cui si unì dal 1885, entrò in contatto con esponenti della socialdemocrazia tedesca. A questo periodo risale l'adesione di T. al marxismo, che si innestò sulla sua precedente formazione democratica e positivista. Nel 1889, insieme alla Kuliscioff, fondò la Lega socialista milanese, con l'obiettivo di creare un punto di raccolta e di chiarificazione delle forze socialiste, primo passo verso la formazione di un partito autonomo della classe operaia. Questa azione, nel cui ambito si collocò la pubblicazione della rivista Critica sociale, culminò nel 1892 nella fondazione del Partito socialista dei lavoratori italiani (che dal 1895 assunse la denominazione PSI), cui T. diede un contributo decisivo. Deputato dal 1896, fu arrestato in occasione dei moti del 1898; condannato a dodici anni di reclusione, fu liberato l'anno successivo. A capo della corrente riformista, di fronte alla nuova fase politica avviata da G. Giolitti, sostenne la necessità di appoggiare la borghesia liberale e di adottare una strategia gradualistica, convinto della possibilità dell'instaurazione pacifica del socialismo nel quadro di un generale progresso economico. Antimilitarista, avversò la guerra di Libia (1911) e l'intervento italiano nel conflitto mondiale; nel dopoguerra il suo ruolo all'interno del PSI, ormai guidato dalla componente massimalista, andò progressivamente scemando. Espulso dal partito, nel 1922 diede vita, con G. Matteotti, al PSU. Nel 1926, dopo una fortunosa fuga organizzata da F. Parri, C. Rosselli e S. Pertini, si stabilì a Parigi, dove contribuì, nel 1929, alla costituzione della Concentrazione antifascista e, l'anno successivo, alla fusione socialista.

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