Il congiuntivo è morto (viva il congiuntivo!) - Purpletude
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Il congiuntivo è morto (viva il congiuntivo!)

Il congiuntivo è morto (viva il congiuntivo!)

La crisi del congiuntivo al tempo del web

Pochi giorni fa ho cannato un congiuntivo. Non fosse stato per il correttore automatico di Word, nemmeno me ne sarei accorto. Vabbè, dirai, succede a tutti.
Ok, ma se capita a un (ex) linguista come il sottoscritto, che per anni ha perso diottrie, prima, a scavare le origini delle parole e, poi, a leggere correggere e riscrivere centinaia di libri d’altri, beh, ti assicuro che la cosa si fa preoccupante. Che sia davvero in crisi come dicono, il congiuntivo?

La crisi del congiuntivo

L’allarme risuona da trent’anni (era il 1992 quando Marco Mazzoleni usciva con il provocatorio “Se lo sapevo non ci venivo”), al punto da non fare più notizia. La progressiva erosione del terreno sotto ai piedi del congiuntivo, a favore del più semplice uso dell’indicativo, è sotto gli occhi di tutti. Dalla tv ai banchi di scuola, dal bar sotto casa alla piazza dei social network, quando si esce dai contesti più rigorosi e puristi il congiuntivo è ormai un vezzo da radical chic, roba da vergognarsi quasi.
Niente di nuovo sotto il sole. Anche questo fenomeno rientra nel naturale e fisiologico invecchiare, pardon maturare, della nostra lingua. La complessità si semplifica o, ahinoi, si banalizza: nel rispetto del sacrosanto principio dell’economicità della lingua, ciò che non è più strettamente necessario a esprimere il pensiero si sacrifica.

Questo significa che stiamo guardando la questione dal lato sbagliato.
Non è il congiuntivo a essere in crisi, ma le nostre esigenze comunicative che fino a ieri lo rendevano necessario. Lo dimostra (anche) il fatto che questo modo verbale sia tutt’altro che morto anzi piuttosto in salute, se osserviamo l’uso che ancora ne facciamo all’interno di funzioni sintattiche specifiche.

Ma a che serve il congiuntivo?

La risposta a questa domanda è semplicissima e serve a definire meglio i confini della cosiddetta crisi del congiuntivo: serve a distinguerci dagli animali.
Perché attraverso il congiuntivo esprimiamo due stati d’animo che ci caratterizzano in quanto esseri umani dotati di intelletto cioè Homo sapiens sapiens: il desiderio e il dubbio. E bada bene che ho scritto desiderio e non bisogno: desideri e bisogni sono due cose ben distinte, se la differenza non ti è chiara leggi qui perché è una cosa importante.

Senza il congiuntivo siamo simili alle piante, agli animali che vivono nel qui e ora poiché dominati dagli istinti, al massimo a bambini che esprimono soltanto i bisogni che hanno nell’immediato. Attraverso questo modo verbale mettiamo una distanza tra noi e i fatti di cui parliamo: è il modo della riflessione e della valutazione, che permette una migliore e più profonda comprensione di noi stessi in relazione a ciò che ci circonda. Il congiuntivo è lo specchio linguistico della nostra consapevolezza di esseri senzienti e pensanti cioè dotati, allo stesso tempo, di emozioni e raziocinio.

No, il congiuntivo non è in crisi

Più che di crisi del congiuntivo, quindi, sarebbe meglio parlare di crisi del dubbio, dell’incertezza, del pensiero valutativo e profondo, della capacità di mettersi in discussione, dell’umiltà di riconoscere la relatività delle proprie opinioni.
Complice il web e, in particolare, gli algoritmi social che accoppiano il simile col simile, è fin troppo facile illudersi di avere la Verità in pugno fin nelle questioni più irrilevanti: è l’epoca della certezza, dell’asserzione e delle affermazioni che non ammettono repliche. Sapio ergo sum. Io sono convinto di sapere dunque sono. La fiducia ipertrofica dell’effetto Dunning-Kruger fa il resto: ed ecco che il congiuntivo diventa il più inutile dei modi verbali.
Dunque no, il congiuntivo non è affatto morto. Semplicemente, lo abbiamo messo da parte come un abito passato di moda. Ma ciò non significa che non sia attuale né privo di utilità, anzi: quando attorno a noi viene meno la capacità di esprimere la raffinatezza semantica e sintattica propria del congiuntivo, essere in grado di sfruttarne a pieno le potenzialità fa la differenza; al punto che potremmo definire questo tempo verbale un vero e proprio “ascensore sociale”. Un motivo più che valido per continuare a usarlo, non trovi?

Quando si usa il congiuntivo?

I modi in cui il congiuntivo può essere usato sono riconducibili alle funzioni che abbiamo appena visto, cioè quelle di manifestare desiderio/volontà e incertezza oppure, più genericamente, esprimere una valutazione. Se ti capita di essere incerto sul suo uso, chiediti prima se la frase che stai per dire o scrivere serve a esprimere un desiderio o un dubbio. Questo è già un primo modo per fare chiarezza, forse un po’ troppo semplicistico ma comunque funzionale a schiarirsi le idee.
Riassumendo, sono tre le occasioni in cui usare il congiuntivo:

  1. Congiuntivo volitivo: Si usa in proposizioni subordinate, dette “argomentali”, che esprimono volontà o desiderio. Si riconoscono facilmente perché dipendono da frasi contenenti verbi quali aspettare, bisognare, desiderare, occorrere, ordinare, permettere, preferire, temere, eccetera o aggettivi e nomi quali ansioso, desiderio, ordine, necessario, preferibile, eccetera. Nota che si tratta di eventi non ancora realizzati e che sono soltanto desiderati, voluti.
    Ad esempio: È necessario che tu legga questo.
  2. Congiuntivo dubitativo: Si usa per esprimere fatti di cui non si è certi, cioè in proposizioni subordinate argomentali rette da verbi, aggettivi o nomi che indicano dubbio o opinione quali credere, dubitare, immaginare, pensare, (im)possibile, (im)probabile, eccetera. Nota che, in questo caso, la realizzazione degli eventi espressi al congiuntivo è messa in dubbio o addirittura negata.
    Ad esempio: È probabile che domani ci sia il sole.
  3. Congiuntivo di valutazione: Si usa per esprimere una valutazione, un’emozione, una presa di posizione relativamente a un fatto. Nota che, differentemente dai casi precedenti, qui il congiuntivo esprime degli eventi che sono considerati già acquisiti. È semplice riconoscere le proposizioni che devono contenere questo tipo di congiuntivo, perché possono essere parafrasate con “il fatto che”.
    Ad esempio: Sono contento che tu sia venuto (Puoi anche dire “Sono contento del fatto che tu sia venuto”).

Come si usa il congiuntivo?

Ed eccoci alla famigerata consecutio temporum, che è più facile a farsi che a dirsi. Sulla base del legame con il verbo reggente, il congiuntivo può essere declinato nei suoi quattro tempi verbali:

  • Congiuntivo presente: Esprime un dubbio, una possibilità o un desiderio che dipende da un verbo al presente o al futuro indicativo.
    Ad esempio: Voglio che torni a casa.
  • Congiuntivo passato: Esprime una possibilità, probabilmente già verificatasi, che dipende da un verbo al presente o al futuro.

Ad esempio: Credo che sia tornato a casa.

  • Congiuntivo imperfetto: Esprime un dubbio, una possibilità o un desiderio che dipende da un verbo al passato indicativo o al condizionale.

Ad esempio: Vorrei che tornasse a casa.

  • Congiuntivo trapassato: Esprime una possibilità o un desiderio che dipende da un verbo al passato e che non si è verificata.
    Ad esempio: Avrei voluto che fosse tornato a casa.

Il congiuntivo ti mette le ali

Proprio così, il congiuntivo dà una marcia in più alla tua comunicazione, consentendoti di ottenere un maggior coinvolgimento di chi ti ascolta o ti legge. E sai perché?
Perché è il modo verbale tipico della gentilezza, infatti:

  1. Permette di mantenere una “distanza di cortesia” tra gli interlocutori;
  2. Crea un senso di vaghezza che coinvolge in prima persona il ricevente nel tuo messaggio.

La distanza fa sentire più tranquillo il ricevente, mettendolo a suo agio e rendendolo più disposto al dialogo: prerequisito essenziale alla buona riuscita della tua comunicazione.
La vaghezza è un’esca formidabile per catturare l’interlocutore e coinvolgerlo in prima persona nei tuoi contenuti. Di fronte a immagini vaghe e indefinite, inconsciamente l’ascoltatore o il lettore tenderà a completarle con la propria esperienza e, quindi, a ricreare autonomamente un contesto che riconosce come proprio, e che lo dispone nel migliore dei modi a ricevere la tua comunicazione.

Se hai ancora dubbi sul perché e sul come usare il congiuntivo, una buona grammatica come questa ti sarà di aiuto.

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