Frank Mentzer: "La vita è complicata, la realtà complessa. E il gioco di ruolo ti aiuta" - HuffPost Italia

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Frank Mentzer: "La vita è complicata, la realtà complessa. E il gioco di ruolo ti aiuta"

Frank Mentzer: La vita è complicata, la realtà complessa. E il gioco di ruolo ti aiuta

L’accostamento con Gandalf, il maturo condottiero della Compagnia dell’anello, non è peregrino. Barba bianca e lunga, un cappello da stregone consumato ed un bastone imbracciato con alla cima la testa di un serpente. Frank Mentzer è la special guest decisamente rock del Comicon napoletano. Non un ospite qualsiasi ma il creatore di quei preziosi manualetti che sanciscono regole ed istruzioni di Dungeons & Dragons, il gioco di ruolo per eccellenza. Magari non conosciutissimo dai giovani anche se rinvigorito nel suo ricordo da un film al cinema di pochi mesi fa con Chris Pine. 

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Da Springfield a Napoli il passaggio dimensionale è piuttosto virtuale…   

“Sono cresciuto nella zona ovest di Filadelfia: un’area della città dedita soprattutto a faccende agricole. Qui a Napoli mi trovo molto bene. E l’Italia è la mia seconda casa. E’ la quinta volta che vengo qui. Mi piace molto trascorrere più di qualche giorno sul Lago d’Orta. Beh poi vicino Napoli c’è Capri: che cosa vorrei di più?”

Da quella creazione di D&D ne è passata di acqua sotto i ponti.

“I miei amici Gary Gigax e Dave Arnison, che oggi non ci sono più, hanno iniziato a lavorarci oltre 60 anni fa. Sono stati dei pionieri. La Tactical studies rules pubblicò la prima edizione nel ‘74. Fu una genialata nella storia dell’umanità, perché si tratta del primo gioco dove si gioca vincendo o perdendo con personaggi immaginari che siano creature o mezzi”. 

Effettivamente c’è una bella differenza con i videogiochi che spopolano da 20 anni a questa parte.

“Niente a che vedere, completamente. In D&D se sei timido, se pensi troppo, tergiversi o sei preoccupato non riesci ad allinearti ai compagni di gioco che mettono il coraggio davanti a tutto. Ti confronti, comunichi, cerchi di condividere i problemi e quindi le soluzioni. Dopo una sessione esci che sei una persona migliore”. 

Un social game ben diverso dai giochi da tavolo come si diceva un tempo.

Per i giovani è certamente un bell’allenamento in vista delle situazioni da affrontare nella vita reale. Qualsiasi situazione intendo. Ci si siede in quattro o cinque e poi si orientano i propri percorsi studiandoli insieme. Un ragazzo, col gioco di ruolo, diventa smart”.

E dei videogiochi che cosa pensa? 

“Un modo di passare il tempo molto diverso. Molto più semplice in tutto. Mi siedo a casa, accendo il computer e ci sono altre persone in ogni dove che giocano con me. Manca però quell’interazione che permette al giovane di progredire. Lì devi digitare sempre, scatta una sorta di piano B. C’è meno spontaneità perché quando sei in un luogo fisico la tua prima reazione è il dialogo e non la meditazione su che cosa scrivere o fare. Io credo che il gioco di ruolo sopravviverà alla new age della tecnologia”. 

Lei come si è appassionato alla strategia? 

“Ho iniziato a giocare negli anni 70 a Earth dove sei su un’astronave e viaggi per lo spazio. Mi piaceva molto anche Rune Quest: ricco di regole anche quello”.

Per il futuro dell’intrattenimento verso i giovani che cosa immagina?  

“L’intelligenza artificiale spero che non soppianti i ragionamenti dell’uomo. Il computer non può diventare il maestro del gioco. Siamo noi che lo muoviamo, lo indirizziamo e dovremmo essere liberi di manovrarlo. Occorrerebbe una programmazione sui software talmente sofisticata da governare anche la mente umana…”.

Meglio sancire sempre i confini tra reale e virtuale?

“La vita è complicata. Tutti gli uomini e le donne cercano di dare una spiegazione ad eventuali fallimenti. Non esiste una sola risposta. La verità è sempre complessa, come la vita d’altronde. Ed il gioco di ruolo aiuta a confermare la propria lucidità sugli eventi da affrontare”.

C’è chi sostiene che i giochi di ruolo portino al suicidio.

“Gli psicologi hanno dimostrato l’esatto contrario. Chi si è tolto la vita lo ha fatto per altre ragioni”. 

Ancora oggi c’è più di qualche scettico sull’argomento, però…

“Il copione è sempre lo stesso, da 40 anni a questa parte. I genitori immaginano i propri figli che giocano a Scarabeo o Monopoli. Vedono invece che qualcuno pratica anche i giochi di ruolo e gli sembrano subito una fesseria. Poi approfondiscono la conoscenza e si ricredono perché capiscono che i ragazzi acquisiscono skills di natura dialettica e non solo strategica come può arrivare dal Risiko o di natura istruttiva come per il Trivial pursuit. Un’addizione importante soprattutto oggi, nell’epoca social”.

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