Illusioni perdute, il film che ci fa riscoprire il capolavoro di Honoré de Balzac - MYmovies.it
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Illusioni perdute, il film che ci fa riscoprire il capolavoro di Honoré de Balzac

L'opera di Xavier Giannoli offre l'occasione di (ri)frequentare la straordinaria scuola francese dell'Ottocento. Dal 30 dicembre al cinema.
di Pino Farinotti

Cécile De France (48 anni) 17 luglio 1975, Namur (Belgio) - Cancro. Interpreta Louise nel film di Xavier Giannoli Illusioni Perdute.
venerdì 10 dicembre 2021 - Focus

"Illusioni perdute" è uno dei grandi classici dell’ottocento firmato da Honoré de Balzac. Un testo che ha dettato cultura e sentimento. Attraverso il suo protagonista Lucien Chardon, giovane ambizioso, affascinante, col talento della scrittura, che ritiene che la provincia gli stia troppo stretta. Raggiunge Parigi ed entra in quella società. Ma sempre da “straniero”, e non basta il talento e il merito. Là ci sono altre regole. Ci sono tribù e salotti, invidie e donne pericolose. E, costante, c’è il problema del denaro. Lucien ha approcci che tutto promettono, ma, impietose, le illusioni finiscono per perdersi. Xavier Giannoli, ne ha fatto un film, pregevole: Illusioni perdute (dal 30 dicembre al cinema). Il regista francese ha eseguito, correttamente, tenendo le giuste misure, gestendo al meglio la regola dell’evoluzione temporale. Chardon può benissimo essere un ragazzo dotato che cerca di realizzare sé stesso. Può vivere in ambienti e in epoche che corrono e ricorrono. E dove tutto è complesso, dove se sei onesto devi accettare compromessi pesanti, e se hai buone idee non trovi il contesto per esprimerle. E comunque il potere è altrove, e non riesci a scalfirlo. Perché i mediocri si uniscono e formano un cordone, nel quale non ti lasciano entrare. Chardon è un carattere eterno.  

Illusioni perdute. Balzac le scrisse in forma di trilogia fra il 1837 e il 1843. Il racconto segue Lucien Chardon dalla giovinezza fino al suo ritorno finale, prostrato, al suo villaggio. Come detto, divenne un’opera che di grande successo.      

Abbiamo un riferimento importante in questo senso. Alessandro Manzoni, che, molto attento alla cultura francese – aveva vissuto a Parigi molti anni- lesse quei testi e li apprezzò. E così accolse con piacere la notizia che Honoré de Balzac sarebbe venuto a casa sua in via Morone. Ma l’incontro fu deludente. Balzac non gli piacque. Anche perché dichiarò, ingenuamente, di non aver letto "I promessi sposi". Ruggero Bonghi, che si può definire un cronista di allora, scrive di quell’incontro. “Balzac andò a far visita al Manzoni e gli disse parecchie cose insulse. Gli voleva dare di sé un gran concetto. Parlò sempre lui. Manzoni fece in modo che l’incontro fosse di breve durata".

Balzac mi offre l’occasione per allargare l’argomento “scuola francese di letteratura” straordinaria, dominante nell’Ottocento. Lucien Chardon non è l’unico modello, espresso dagli scrittori di quella stagione, che abbia contribuito alla formazione delle generazioni. Ritengo che sia opportuna, e dovuta, una retrospettiva.

Partendo dai personaggi protagonisti dei romanzi. E dalle loro indicazioni.
René (René, 1802, di François-René de Chateaubriand) è la vocazione a nuovi orizzonti, raggiungibili attraverso la “fuga”.
Fabrizio del Dongo (La Certosa di Parma, 1839, di Stendhal): lo spirito romantico, idealista, di colui che vuole cambiare le cose.
Edmond Dantès (Il conte di Montecristo 1845, di Alexandre Dumas padre): la grande vendetta, inutile, che alla fine lascia l’animo vuoto.
Armand Duval (La signora delle camelie 1848, di Alexandre Dumas figlio). L’amore con devozione e pietà. Incrollabili.
Rafhael (Raphael,1849, di Alfonse de Lamartine): l’esperienza cosmopolita per conoscere uomini e culture.
Jean Valjean (I Miserabili,1862, di Victor Hugo) il forzato evaso che si riscatta diventando benefattore dell’umanità.
Frédéric Moreau (L’educazione sentimentale, 1869, di Gustave Flaubert): il giovane ambizioso –come Chardon- che sogna intense passioni e grandi successi. E si affida a cattivi maestri. Fallimento.

In sintesi estrema, stando a quelle brevi didascalie, -il solito problema di spazio- credo emerga un’antologia di comportamento dettata da grandi maestri, Hugo, Flaubert, i Dumas e tutti gli altri, giganti inventori. Lucien Chardon, di Illusioni perdute, è stato lo spunto per evocare quei modelli, quegli esempi nei quali possiamo riconoscerci tutti noi. Anche adesso.

E c’è un altro auspicio. Che il film di Xavier Giannoli, esemplare e intenso, e il testo da cui è tratto, possano indurre a (ri)frequentare quei libri. Sarebbe, in questa brutta epoca un deterrente utile. E ci arricchirebbe.     


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