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Le relazioni Stati Uniti – India alla prova del porto di Chabahar

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Il 13 maggio scorso Iran e India hanno concluso un accordo per lo sviluppo del porto iraniano di Chabahar. Il Dipartimento di Stato americano ha, però, commentato l’accordo rammentando il rischio di sanzioni per chi intrattiene rapporti con Teheran.

Lo scorso 13 maggio l’Indian Ports Global Limited (IPGL) e la Port&Maritime Organisation iraniana hanno sottoscritto un accordo decennale per lo sviluppo del porto di Chabahar. L’IPGL, in base a questo accordo, dovrebbe investire fino a USD 370 milioni in dieci anni.

Esponenti del governo indiano hanno salutato con soddisfazione l’accordo commentando che sarà di beneficio a tutta la regione. Il Dipartimento di Stato americano, a mezzo del suo portavoce, ha avuto una reazione fredda, ricordando che il regime di Teheran è ancora sotto sanzioni e che chi le viola rischia l’applicazione di quelle secondarie. 

L’importanza del porto di Chabahar e i rapporti con l’Asia Centrale

L’interesse indiano per il porto di Chabahar si può comprendere solo se si allarga il campo visivo a tutta la regione. Prima di tutto, è importante rilevare che l’India condivide forti e antichi legami con Paesi dell’Asia Centrale.U n esempio fra tutti, la dinastia Moghul (di cui il simbolo più famoso in India è il Taj Mahal) era originaria di Samarcanda. 

In epoca più recente, i rapporti tra India e Paesi dell’Asia Centrale (i cosiddetti “Stan”) si sono sviluppati a partire dal crollo dell’Unione Sovietica quando il governo di Narasimha Rao ha promosso iniziative volte a rafforzare la stabilità della regione e combattere il fondamentalismo religioso. 

Sono, infatti, gli anni dell’avvento dei Talebani in Afghanistan e l’India ha l’interesse ad impedire la proliferazione dell’Islam radicale e l’estensione dell’influenza pakistana negli Stan. Le politiche del governo Rao sono poi state continuate dal governo Vajpayee che, nel contesto della Extended Neighbourhood stringe diversi accordi per migliorare i rapporti in materia di sicurezza, connettività e commercio.

L’interesse indiano nella regione viene riaffermato anche dal governo di Manmohan Singh con la Connect Central Asia policy.

Narendra Modi non si limita a proseguire le politiche dei suoi predecessori, ma – complice anche un quadro geopolitico più favorevole (cacciata dei Talebani e c.d. Accordo sul nucleare iraniano del 2016) – investe e rafforza i legami nella regione. Nel luglio 2015 Modi si reca in Asia Centrale e visita i cinque Stati della regione concludendo vari accordi in materia di energia, commercio, sicurezza e scambi culturali.

Nello 2016 Modi si reca in Iran dove firma un accordo per lo sviluppo del porto di Chabahar – di cui rileverà la gestione nel 2018 – e chiede di accedere all’Accordo di Ashgabat sul trasporto multimodale a cui partecipano Kazakhstan, Uzbekistan, Turkmenistan, Iran e Oman.

Nel 2017 l’India diventa membro effettivo della Shanghai Cooperation Organization (SCO), organismo intergovernativo che raggruppa i Paesi dell’Asia Centrale (eccetto il Turkmenistan) oltre a Cina, Russia, Pakistan e (dal 2023) l’Iran.

Nel gennaio 2019 viene inaugurato l’India-Central Asia Dialogue, finalizzato a rafforzare le relazioni, i rapporti economici, la connettività e la cooperazione nella sicurezza tra i Paesi della regione e l’India.

Nel 2020 viene istituito l’India-Central Asia Business Council (ICANC) finalizzato a creare gruppi di lavoro su specifici settori come energia, agroalimentare, tessile, turismo, farmaceutica e corridori aerei.

L’interesse dell’India nella regione è ampio: non soltanto avere accesso a materie prime come uranio, gas naturale, oro, ma anche a dei mercati di esportazione (in particolare per la farmaceutica e l’informatica). Senza dimenticare il reciproco interesse a combattere la diffusione del radicalismo islamico e del terrorismo

Il principale ostacolo allo sviluppo dei rapporti tra India e Asia Centrale è quello geografico, considerato che fra l’India e gli Stan si frappongono Paesi con cui l’India non gode buoni rapporti (Pakistan e Cina), altamente instabili (Afghanistan) oppure soggetti a pesanti sanzioni internazionali (Iran).

La “rotta iraniana”, attraverso il porto Chabahar, è comunque diventata per Nuova Delhi la porta d’ingresso privilegiata nella regione centro-asiatica, ma finora non ha espresso il suo pieno potenziale, anche per via della paura di “rappresaglie” americane.

I rapporti con gli Stati Uniti

Fino ad ora gli americani hanno tollerato gli investimenti originariamente effettuati da Nuova Delhi a Chabahar e gli indiani si sono astenuti dal farne di nuovi, così come dall’acquisto di petrolio e gas iraniano.

Con l’accordo del 13 maggio scorso, tuttavia, Nuova Delhi torna nuovamente a testare la pazienza di Washington, già messa alla prova dalla decisione indiana di non condannare l’invasione russa dell’Ucraina e, non solo di non imporre sanzioni alla Russia, ma anche di acquistarne petrolio foraggiandone la guerra.

L’assenza di ripercussioni sui rapporti con gli Stati Uniti, anzi l’intensificarsi degli stessi nonostante le relazioni con la Russia e la partecipazione ad istituzioni come BRICS e SCO, possono aver spinto il governo Modi a tentare quest’ulteriore azzardo.

Il ministro degli esteri Indiano, S. Jaishankar, confida che gli Stati Uniti alla fine non reagiranno negativamente all’accordo, comprendendo che espandere le operazioni indiane a Chabahar “va a vantaggio di tutti”.

Seppure nuovi investimenti in Iran andrebbero a rafforzare il regime teocratico, una maggiore presenza di Nuova Delhi in Asia Centrale consentirebbe di controbilanciare le iniziative commerciali e di influenza di Pechino (rivaleggiando anche con il porto sino-pakistano di Gwadar) offrendo agli Stan un’alternativa e la possibilità di mantenere una politica di neutralità multi-vettoriale. 

Per Washington, inoltre, l’India potrebbe fungere, non soltanto da partner nella strategia di contenimento della Cina anche in Asia Centrale, ma – a lungo termine – da intermediario con l’Iran.

Massimiliano Pedoja

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