Immortality, genesi di un capolavoro: quando l'originalità diventa arte

Immortality, genesi di un capolavoro: quando l'originalità diventa arte

Abbiamo intervistato Sam Barlow, già autore di Silent Hill Shattered Memories, Her Story e Telling Lies, e ci ha raccontato la nascita di Immortality.

Immortality, genesi di un capolavoro: quando l'originalità diventa arte
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Disponibile per
  • Pc
  • PS5
  • Xbox Series X
  • Tra le esperienze videoludiche più interessanti dell'intero 2022, Immortality è l'ultima opera a portare la firma di Sam Barlow. Autore talentuoso e poliedrico, il creatore di Silent Hill: Shattered Memories, Her Story e Telling Lies ha offerto al pubblico eccellenti declinazioni di mondi inquietanti e pericolosi. All'interno dei suoi titoli, tuttavia, le insidie più profonde hanno sempre avuto origine nell'animo umano, spesso misterioso e apparentemente insondabile. Un approccio alla narrazione videoludica che ha trovato pieno compimento proprio con il debutto di Immortality.

    Sedotti da questo thriller dai risvolti horror che pone i giocatori sulle tracce dell'attrice Marissa Marcel, abbiamo avuto il piacere di poter dialogare con Sam Barlow. Un confronto ampio e suggestivo, che ha superato i confini del solo Immortality, per arrivare a discutere del significato dell'Arte, del rapporto dell'autore con il cinema e con la narrazione. Nel lasciarvi alla nostra intervista a Sam Barlow, vi anticipiamo che - per ovvie ragioni - saranno inclusi spoiler legati ad Immortality. Nel caso in cui non lo abbiate ancora giocato o non lo conosciate, vi invitiamo a leggere la nostra recensione di Immortality, a provarlo e a fare ritorno su queste pagine in un secondo momento. Buona lettura!

    Come è nata Marissa Marcel?

    Everyeye.it: Her Story e Telling Lies sono stati entrambi due grandi successi, ma con Immortality hai creato qualcosa di ancora più ambizioso. Potresti raccontarci come è nato il progetto? Quando e come ha avuto inizio lo sviluppo del gioco?

    Sam Barlow: Lo sviluppo è cominciato ufficialmente agli inizi del 2020, precisamente il 1 gennaio dell'anno nuovo. Il punto di partenza è stata la volontà di smantellare il concetto di "film interattivo": volevamo decostruire i film nello stesso in modo in cui Her Story ha decostruito le detective story. Partendo da questo assunto, l'intento era quello di esplorare le ragioni che ci spingono a raccontare delle storie, e di farlo attraverso la vita di Marissa Marcel, un'attrice.

    Quando iniziai a pensare ai film citati in Immortality, parte del fascino del progetto era legato al poter riflettere sui registi che per primi mi hanno ispirato - penso a Ken Russell, Nicolas Roeg, Derek Jarman, Peter Greenaway - e provare a riproporre parte del coraggio e dell'ambizione che erano soliti mettere nei loro progetti. Questi autori erano costantemente sopra le righe, desiderosi di spingersi oltre: qualcosa che oggi non è molto frequente nel mondo dei videogiochi. E così, ci siamo dati il permesso di essere davvero ambiziosi con il nostro nuovo gioco!

    Everyeye.it: All'interno di Immortality, possiamo identificare almeno tre diversi livelli narrativi: le trame di Ambrosio, Minsk e Two of Everything, le interazioni tra gli attori nella vita reale, e la storia di Uno e l'Altro. Come siete riusciti a creare una struttura narrativa così complessa?

    Sam Barlow: Come sempre con questo tipo di narrazione, il trucco è partire dal personaggio, per poi spaziare ed espandere liberamente la storia. È necessario assicurarsi che la sua vita sia stata sviscerata a sufficienza, così che quando la si osserva attraverso la prospettiva obbligata offerta dal gioco si riesca realmente ad avere un'idea di tutto ciò che vi si cela dietro. In Immortality, tutto prende il via con il personaggio di Marissa Marcel e i suoi sentimenti, le sue sensazioni. Nell'adottare questo approccio è importante dedicarsi alla ricerca, immergersi nel mondo che si sta esplorando. In questo specifico caso, ho studiato a fondo la storia del cinema del XX secolo, parlando con le persone che hanno lavorato nel settore negli ultimi decenni e dedicandomi alla lettura di parecchi libri!

    Everyeye.it: Allan Scott, Amelia Gray e Barry Gifford ti hanno affiancato nella realizzazione della sceneggiatura di Immortality: quale è stato esattamente il loro ruolo?

    Sam Barlow: Per quanto riguarda i film raccontati in Immortality, sapevamo che il modo migliore per trasmettere al giocatore la sensazione che si trattasse di "materiale ritrovato" era crearli e poi trattarli a nostra volta con il medesimo approccio. E così ci venne l'idea di coinvolgere degli sceneggiatori di diverse età e che avessero familiarità con le tematiche trattate, e assegnammo loro il compito di realizzare delle intere sceneggiature, dalle quali avremmo poi potuto far partire il nostro lavoro.

    Con questi tre autori, abbiamo discusso dei singoli film, condividendo alcune idee e indicazioni generali sul videogame, per poi chiedere loro di sceneggiare la propria pellicola nel modo che ritenevano più adeguato. Ci è voluto parecchio lavoro per integrare il tutto all'interno della cornice narrativa più ampia di Immortality: uno sforzo creativo del quale si è occupato il team. In definitiva, Allan Scott, Amelia Gray e Barry Gifford sono collegati al film al quale hanno lavorato, ma non si sono invece occupati delle strutture narrative più ampie del gioco.

    Dietro le quinte di Immortality

    Everyeye.it: Adoriamo esplorare i dietro le quinte. Dopo aver vissuto l'intera vicenda narrata in Immortality, ci piacerebbe quindi poter scoprire qualcosa di più sul processo di realizzazione del gioco. Partiamo dagli attori. Tutti i personaggi hanno offerto performance davvero ottime, soprattutto Manon Gage nei panni di Marissa Marcel. Ma a conquistarci davvero è stato il carisma di Charlotta Mohlin: buca realmente lo schermo! Come avete selezionato il cast di Immortality?

    Sam Barlow: Abbiamo fatto davvero moltissimi provini! Charlotta ci ha colpiti perché molte delle persone che si erano presentate per il ruolo si erano concentrate sull'aspetto più "fisico" del personaggio, su elementi come il saper danzare. In alcuni casi avevano esperienze come interpreti di "creature", o comunque con ruoli fuori dall'ordinario, ma quello che stavamo davvero cercando per quel personaggio era legato alle emozioni e allo sguardo. E questi elementi sono emersi immediatamente sin dalla prima volta in cui abbiamo parlato con Charlotta. Riusciva a rendere straordinariamente credibile tutto ciò che faceva, e ritengo che abbia dato al nucleo della storia una componente emotiva che ha elevato l'intera esperienza.

    Everyeye.it: Abbiamo molto apprezzato la scelta di mantenere il segreto sulla componente sovrannaturale di Immortality e di non svelare i personaggi di Uno e l'Altro nel periodo che ha preceduto l'uscita del gioco. Quanto è stato difficile presentare il titolo e gestirne la campagna promozionale senza poter puntare i riflettori sul comparto più horror del titolo?

    Sam Barlow: È un aspetto di cui abbiamo discusso davvero molto a lungo! Alla fine, abbiamo organizzato dei play test nel corso dei quali abbiamo detto alle persone pochissime cose sul gioco. Quando abbiamo visto le loro reazioni nello scoprire alcuni elementi, è diventato subito chiaro che la sorpresa e la comprensione dell'esperienza erano in grado di restituire reazioni davvero potenti. Non volevamo rischiare di danneggiare tutto questo.

    Nei miei ultimi giochi, il mio mantra è sempre stato quello di dare ai giocatori piena libertà, rinunciando a quel tipo di controllo che in genere ha il game designer. In questo modo si perdono molte cose, ma quello che si ottiene in cambio - consentendo alle persone di scoprire le cose da soli e di percepirle in maniera più personale - è incredibilmente più grande.

    Abbiamo cercato di descrivere Immortality come un titolo horror, così da non sorprendere le persone in negativo, ma sapevamo anche che il fulcro del gioco - "Cosa è accaduto a Marissa Marcel?" - era forte abbastanza da permetterci di evitare di dover svelare i nostri segreti al solo scopo di attirare l'interesse delle persone. A volte mi rende molto triste realizzare quanto siamo costretti a mostrare per poter vendere e realizzare un profitto da un gioco o un film. Molte delle mie esperienze preferite sono state proprio quelle che ho affrontato senza saperne nulla, e non credo che si tratti di una coincidenza!

    Everyeye.it: In passato, hai avuto l'opportunità di lavorare a Silent Hill: Shattered Memories. Come mai hai deciso di tornare ad esplorare il genere horror dopo così tanti anni? E cosa puoi dirci del futuro: hai già in mente dei nuovi progetti?

    Sam Barlow: Amo gli horror. Amo il fatto che in questo genere si utilizzino delle metafore, che tuttavia sono trattate come se fossero elementi assolutamente reali. Penso che questo approccio consenta di fare breccia nelle menti delle persone in maniera molto efficace. Non stai seduto a pensare "Questo mostro è una metafora del senso di colpa": nel momento in cui il personaggio è inseguito dal senso di colpa personificato sei completamente immerso nell'esperienza. È un modo più puro e diretto per raccontare una storia.

    Inoltre, l'horror è anche un genere che non obbliga a pensare all'intrattenimento: sei libero di far sentire le persone a disagio, annoiate o turbate, a patto che il tutto sia finalizzato al condurle verso qualcosa di speciale. Il pubblico è ricettivo nei confronti del gioco. Le prime bozze di Her Story contenevano diversi elementi horror, e sono sempre attratto dal lato oscuro, dal mondo che sfiora il surrealismo e l'astrazione. Si tratta di qualcosa che è sempre lì, a disposizione nella mia cassetta degli attrezzi.

    Prima o poi dovremo dare il via ad un nuovo progetto, e in effetti ho già alcune idee...ma prima ho bisogno di una vacanza!

    Il ruolo dell'autore

    Everyeye.it: Parliamo dei segreti di Immortality: hai avuto modo di esplorare le teorie elaborate dalla community dopo il lancio del gioco? Te lo chiediamo perché abbiamo letto davvero molte ipotesi sulla reale natura dei personaggi di Uno e l'Altro. C'è una "versione ufficiale" che vorresti condividere con noi o preferisci lasciar correre la fantasia del pubblico?

    Sam Barlow: Di tanto in tanto vado a curiosare! Ma non c'è dubbio: preferisco lasciare il compito alle persone che stanno giocando Immortality. Ho fatto il mio, e ora la storia è interamente loro! Sarebbe odioso intromettermi, oltre che contrario allo spirito con cui questi giochi sono realizzati. Non voglio essere troppo invadente anche perché ciò a cui sono più interessato sono le emozioni, le idee e le tematiche. Mentre i dettagli, soprattutto i dettagli di trama o di "lore", non sono cose per le quali sono disposto ad andare in guerra! Se le persone stanno discutendo del gioco, si tratta di una circostanza che aiuterà le idee, i temi e le emozioni a prendere vita.

    Everyeye.it: Crediamo che Immortality rappresenti la tua opera più autoriale. Affronta temi complessi, dalla religione all'arte, passando per l'amore, la paura e la violenza. Quanto delle tue convinzioni e dei tuoi valori possiamo trovare nel gioco?

    Sam Barlow: Sono certo che ci sia molto di me in Immortality! Sicuramente molte delle domande che vengono poste dal gioco sono anche mie domande. Ma ci sono molte altre persone che hanno contribuito a realizzarlo e credo che ognuno abbia messo qualcosa di sé al suo interno, soprattutto gli attori. Quando scrivo, i personaggi che creo sviluppano una propria personalità, e questa viene ulteriormente amplificata quando un interprete di talento dona vita alle battute.

    Arte, Legge e Cinema

    Everyeye.it: Nel gioco c'è un passaggio davvero molto interessante, nel quale Uno discute del conflitto tra Arte e Legge. Potresti approfondire con noi questa riflessione? L'arte deve essere utilizzata per combattere l'oppressione per poter essere considerata vera Arte?

    Sam Barlow: È una tematica che mi sta a cuore, perché è una lente attraverso cui osservare tutti i conflitti che si generano quando si cerca di fare arte, o - più in generale - di vivere la propria esistenza. In teoria, fare arte è un atto molto creativo e generoso, che richiede di comunicare e di condividere con gli altri qualcosa di sé. Ma ci sono forze che cercano di controllare, di mettere a tacere questa forma di comunicazione.

    Nel momento in cui si prova a realizzare una forma d'arte costosa, all'improvviso ci si ritrova in balia di entrambe queste tendenze, che si scontrano le une con le altre. Per fare arte è necessario il denaro, devi lavorare per grandi piattaforme, grandi compagnie tecnologiche, grandi governi...c'è il rischio di perdere di vista da che parte stai. Ciò su cui mi sta a cuore riflettere è il modo in cui l'arte può smarrire se stessa e diventare semplicemente un altro tassello di una macchina oppressiva. È qualcosa di più spaventoso della semplice immagine di "Forze Maligne" intenzionate a mettere l'arte a tacere.

    Everyeye.it: E per quanto riguarda i videogiochi? Possono essere considerati una forma d'arte?

    Sam Barlow: Assolutamente! Possono esprimere idee? Possono generare emozioni? Giocando un videogame posso essere portato a percepire come più vicina l'esperienza di un altro essere umano? Sicuramente sì!

    Everyeye.it: Abbiamo riflettuto per diverso tempo sulla conclusione di Immortality. La nostra impressione è che, in un certo senso, l'arte cinematografica sia dipinta come un qualcosa in grado di veicolare la vita. Lo vediamo con la rinascita dell'Altro, e persino con l'ultima scelta di Uno. Allo stesso tempo, tuttavia, lo spettatore sembra perdere parte del proprio libero arbitrio, come nel caso di Amy. Potresti raccontarci qualcosa del tuo rapporto col cinema?

    Sam Barlow: Amo il cinema. E amo davvero molto alcuni film. Ma più approfondisci il modo in cui i film sono realizzati, è più è chiaro che il processo non è esente da problemi. È un po' come immobilizzare una farfalla per preservarne la bellezza: ci sono molti macchinari coinvolti nella realizzazione di una pellicola e sovente immortalare qualcosa di splendido e genuino comporta il darlo in pasto alla macchina. Ad ogni modo, credo che vi sia qualcosa di trascendentale nel cinema, qualcosa di molto simile al pensiero di Nicolas Roeg: era convinto che ci fosse qualcosa nel modo in cui dipingiamo il tempo e l'esperienza attraverso i film in grado di riflettere il modo in cui pensiamo. In questo modo, il cinema ci permette di conoscere e comprendere meglio noi stessi.

    Immortality Firmato da Sam Barlow e Half Mermaid, Immortality è stato pubblicato su PC e Xbox Series X|S, oltre che nel catalogo di Xbox Game Pass. Da poche settimane, inoltre, Immortality è incluso con Netflix Games. Ve lo consigliamo? Assolutamente sì.

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