-dille-
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Pascoli – L’ultimo viaggio

“L’ultimo viaggio” rappresenta un componimento in endecasillabi sciolti e a rima baciata che venne presentato nella collezione “Poemi conviviali” pubblicata nel 1904. Il poema è divisa in ventiquattro canti, come nel caso dell’Odissea, in quanto riflette infatti una rivisitazione del mito di Ulisse, ispirandosi ai testi di Omero, Dante e anche dell’inglese Alfred Tennyson nel suo “Ulysses”, che oltretutto venne tradotto da Pascoli stesso.
L’Ulisse di Pascoli però rappresenta una novità, viene infatti descritto dopo il suo soggiorno di alcuni anni ad Itaca e quando decide di partire non si dirige verso le colonne di Ercole, ma di ritornare nei posti in cui era già passato per rivivere tutte le disavventure e peripezie che aveva affrontato. Tra le tappe più importanti ovviamente ci sono:
    • XX° canto, con l’sola dei Ciclopi, qui sperava di rincontrare Polifemo, ma in realtà viene sconvolto dalla scoperta che gli rivela un uomo del posto, quel mostro che aveva solo un occhio e che lui era convinto di aver combattuto valorosamente, in realtà non è altro che un vulcano che erutta in maniera violenta, con la cavità sommitale incandescente per la presenza della lava e le frane a valle provocate proprio dalla pressione vulcanica
    • XXI° canto, con le rocce delle sirene, ma anche in questo caso la sua memoria viene sfasata completamente quando scopre che le sirene non ci sono ma ci sono solo degli scogli, contro ai quali Ulisse sconvolto di schianta e perde la vita. Negli ultimi suoi attimi, nella disperazione, aveva cominciato a porre domande esistenziali che ovviamente rimangono senza risposta

Si assiste dunque ad una dolorosa disillusione del protagonista, le cui imprese leggendarie si rivelano solo veritiere nella sua testa, viene dunque screditata la tradizione visione della figura di Ulisse come un eroe valoroso. In questo caso infatti viene posto all’attenzione del lettore il mito come qualcosa di inattendibile, in quanto rappresenta un filtro della realtà in cui vengono storpiati i veri e propri fatti realmente accaduti. Dunque, di fronte a questa incertezza, l’unica vera certezza della vita di Ulisse, ma in realtà in generale per tutti gli uomini, è quella della morte, e il discorso verso questo destino comune è indicato da Pascoli come un cammino impervio, tra promontori rocciosi, acqua mossa e caos totale. Questo passaggio viene reso ancora più incalzante dal punto di cista stilistico, vendono infatti utilizzati termini come “tacita e soave” che pochi versi dopo diventano “rapida e soave”.