Le frasi più famose e ironiche di Iris Apfel - la Repubblica

Le frasi più famose e ironiche di Iris Apfel

Foto GettyImages
Foto GettyImages 
More is more and less is a bore. L’Iris Apfel - pensiero nelle sue frasi più famose. L'icona della moda morta a 102 era una ribelle ironica anche nel pensiero
4 minuti di lettura

“Mi piace improvvisare. Amo fare le cose come se stessi suonando il jazz”. In oltre un secolo di vita, Iris Apfel, autoproclamatasi “starlet geriatrica” e “icona per caso”, ha avuto modo di disseminare il suo spirito libero, la sua filosofia esistenziale e il suo modo di intendere lo stile nei libri che ha scritto, nelle interviste che ha concesso, nel documentario che il regista Albert Maysles le ha dedicato nel 2014. E, naturalmente, sui social, che hanno contribuito a trasformare l’Iris-pensiero in meme e pillole di saggezza e humour fulminante. A partire dalla frase che più di ogni altra è diventata il suo motto: 

“More is more and less is a bore”. 

Otto parole che racchiudono il manifesto anti-minimalista della regina dell’eccesso ragionato, che ha fatto della sovrapposizione di colori, accessori e dettagli un’arte esplosiva e una missione ai confini tra arte e fashion. Parlando con il New York Times nel 2015 Apfel aveva raccontato così le origini della sua visione eccentrica ed eclettica della moda e del suo enorme talento visuale:

“Penso che essere totalmente minimalisti dimostri una mancanza di storia e di anima, e sia in un certo modo da compatire. Penso che sia magnifico avere tante cose e vivere con i ricordi e con gli oggetti che ci danno piacere”.

Questo orgoglioso proclama massimalista, che ha guidato la sua visione del mondo, non solo dello stile, si ritrova tutto in “Iris”, il documentario biografico che per 83 minuti segue la Apfel, allora già ultranovantenne, tra le case di Park Avenue e Palm Beach, le scorribande di shopping nei mercatini e i molti impegni di lavoro. Rivolta alla cinepresa, dichiara con la voce pacata senza mai perdere un grammo della sua soave fermezza:

“Mi piace l’unicità, si è persa del tutto di questi tempi. È tutto omologato, tutto omogeneo. Lo detesto”.

“Quando non ti vesti come chiunque altro, non devi pensare come tutti gli altri”.

Quanto al suo metodo, se di metodo si può parlare per una donna che si è divertita per tutta la vita ad allargare le maglie della visione standardizzata del bello, una frase vale più di ogni altra:

“Non ho regole, le infrango soltanto. Non c’è niente di intellettuale nel mio lavoro, è tutta pancia. Vedo una cosa e penso: oh, si addice a questo”.

Un dono, quello di Iris Apfel, più che un sistema, dunque. La sua capacità di vedere bellezza ovunque, e di procedere per successive stratificazioni nella costruzione di un’estetica unica è qualcosa di ineffabile. Lei stessa ha riconosciuto che: 

“Lo stile non può essere insegnato. La conoscenza della moda, sì. Ma lo stile non ha niente a che vedere con la somma di denaro che spendi per comprarti i vestiti. Le persone più stilose che abbia mai visto in tutta la mia vita erano alcuni napoletani, alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Erano praticamente vestiti di stracci. Ma il modo in cui li indossavano e il modo in cui si comportavano li facevano sembrare dei milionari”.

Per inseguire questo ideale di stile, Iris Apfel non ha mai smesso di allenare la sua famelica curiosità, il suo desiderio di collezionare, accumulare e archiviare capi e accessori: sono oltre mille gli articoli che compongono il suo leggendario “guardaroba” che, per sua espressa volontà, è stato destinato al Peabody Essex Museum di Salem, in Massachusetts. 

Quello che lei chiamava “il mio guardaroba” è assurto allo status venerabile di collezione nel 2005-2006, quando il Met, il Metropolitan Museum di New York, le ha dedicato la mostra “Rara avis. Selection from the Iris Barrel Apfel Collection” decretandone il tardivo trionfo mediatico di icona delle icone. ?Allergica alle celebrazioni, Apfel si è fregiata del successo con leggerezza e allegria dissacranti. E con un’instancabile voglia di lanciarsi in imprese diverse: lezioni agli studenti di moda, collezioni di borse, scarpe, occhiali, aste e consulenze. Sempre lucidamente consapevole di sé stessa:

“Non sono una designer, ma sono una brava stylist. So sempre che cosa scegliere”

E non tralasciando mai di lanciare bonarie frecciatine ai colleghi, perché “oggi gli stilisti non sanno più disegnare, non sanno cucire” e hanno una colpa imperdonabile, legata agli stereotipi ageisti:

“I designer hanno completamente ignorato il mercato delle over 65. Abbiamo molto tempo e denaro da spendere e non troviamo nulla da comprare, perché tutto è pensato per quindicenni. I giovani devono essere accontentati, ma non con abiti da 5mila dollari”.

Lei li bacchettava, ma loro, gli stilisti, la adoravano. Tra i suoi amici intimi c’erano Duro Olowu, designer britannico di origini nigeriane, e Alexis Bittar, creatore di bijoux. Con Alexis, si divertiva a chiacchierare su Instagram, affidando a lui quotes capaci di riassumere l’orizzonte di una vita. Con la sua impronta leggera, si è raccontata sempre con sincerità fin negli aspetti più intimi.

Per esempio, sul fatto di non aver avuto figli, rievocando la sua solitudine di bambina con una madre che lavorava, disse:

“Non ho mai voluto figli. Ho imparato molto tempo fa che non si può avere tutto. Volevo farmi una carriera, volevo viaggiare. E non volevo che i miei figli venissero cresciuti da una tata”.

Sulla bellezza, con lucidità e ironia:

“Non mi sono mai sentita bella. Non mi piace il bello, quindi non ci sono stata male. Quando sei come me, per farcela ed essere attraente devi imparare qualcosa, devi sviluppare qualcosa, così diventi più interessante e quando invecchi te la cavi”.

“Sono contraria alla chirurgia plastica. Non sai mail il risultato. Potresti venire fuori peggio di come eri prima. E poi ti ritrovi con queste mani vecchie e ossute che non si addicono alla tua faccia”.

Sull’età e l’invecchiamento:

“Quando sono anziane molte persone si arrendono ma a meno che non si soffra di malattie gravi, bisogna sforzarsi, bisogna uscire. La gente dice che ho molta energia ma non è niente rispetto a quella che avevo una volta”.

“Mi rifiuto di diventare una vecchia bacucca; mi sono autoproclamata l'Adolescente Più Attempata del Mondo e ho intenzione di continuare così".

Iris Apfel ha vissuto tante vite in una: ha lavorato molto prima di tutto come arredatrice (la sua prima e più duratura attività), è stata una moglie amorevole per quasi 70 anni, ha insegnato la sua dedizione allo stile a studenti e clienti, ha offerto consigli ai colleghi. Ha esercitato il suo gusto, così unico e peculiare, ricoprendosi di colori e scintillio, per ricordarci che  

“non c’è mai abbastanza glamour nel mondo”.

Ci ha lasciato altri tre consigli molto pratici, validi per tutti. Il primo raccomanda di riservare le nostre frequentazioni solo alle “persone curiose e dotate di senso dell’umorismo”. Il secondo ci ricorda che “se si aspetta abbastanza, tutto torna di moda”. Il terzo mette in guardia contro l’avidità: “Non si possiede nulla mentre si è qui, si noleggia soltanto”. Grazie Iris, ne faremo tesoro.

Gli altri articoli su Iris Apfel