Naomi Watts nei panni di una madre: «Interpretazioni come questa necessitano di allenamento, ma anche di esprimere pathos» - la Repubblica
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Una scena tratta dal film The Desperate Hour
Una scena tratta dal film The Desperate Hour 

Naomi Watts nei panni di una madre: «Interpretazioni come questa necessitano di allenamento, ma anche di esprimere pathos»

Tra sfide estreme e un lavoro sulle emozioni, l'attrice racconta il suo ritorno all'action thriller, la sfida interpretativa di The Desperate Hour e di come in questa nuova interpretazione ha ritrovato qualcosa di sé...

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Si è trovata di fronte a criminali, psicopatici e spiriti maligni. Ha interpretato horror e commedie noir (a cominciare dal primo, Mulholland Drive di David Lynch, un biglietto per Hollywood di sola andata) in cui ha messo a dura prova i limiti di dolore fisico e sopportazione mentale. Forse a Naomi Watts mancava solo l’esperienza di vivere un set da cartolina delle vacanze come quello del suo ultimo film. «Eravamo immersi nella natura», ci racconta l’attrice. «Vivere in quei boschi, respirare l’aria di quelle montagne e la distanza dalle città è stato fantastico». Non lasciatevi ingannare dall’enviroment bucolico: The Desperate Hour (al cinema dal 14 aprile) resta, di fatto, ancora un thriller. E anche in questo film di Phillip Noyce, sprigiona un’energia tipica dell’attrice, che si rinnova in tutti i suoi personaggi, che sia la paranoica reclusa di L’ora del lupo, la sciatrice intrepida di Infinite Storm, o la donna che non riesce a raggiungere e salvare il proprio figlio – appunto Amy in The Desperate Hour.

Per Naomi Watts non si è trattato dunque solo di un action thriller. «Interpretazioni come questa necessitano di fisicità e allenamento, ma anche di esprimere un certo pathos». È sempre una mamma che vuole proteggere il suo bambino. Nel convincerla ad accettare la parte hanno giocato un certo ruolo le esigenze di distanziamento causa pandemia: «La protagonista non ha alcun contatto fisico e resta isolata per la maggior parte del film». Che prende il via dalla sua corsetta mattutina nella radura, interrotta da una telefonata dalla scuola del figlio: sta per verificarsi una sparatoria all’interno dell’istituto. Toccando così le corde del privato di una madre e anche del pubblico americano. 

«Era necessario che la mia angoscia si percepisse attraverso l’azione, che il personaggio di Amy si rivelasse attraverso le emozioni, il cuore, la grinta, la rabbia e sopratutto la sua preoccupazione. È difficile arrendersi al fatto che, una volta baciati i figli sulla porta di casa, possano venire uccisi da un proiettile nella loro classe, in quello che, in teoria, dovrebbe essere un luogo protetto e sicuro. Girare questo film significava riaprire le ferite raccontate anche in Elephant e Bowling a Colombine. Questo era l’obiettivo di Phillip Noyce e Chris Sparling (autore anche del film Sepolto vivo, ndr). Ed è pure il mio, che l’ho anche prodotto». 


Per Naomi Watts l’elemento naturale, gli orizzonti aperti e i boschi rappresentano anche un altro tipo di richiamo: «L’Australia. La mia terra, mi manca molto. Motivo per cui, appena è possibile, cerco di girare film downunder. So che piacerebbe molto ai miei figli andare a vivere a Sidney, dove ho trascorso tutta la mia infanzia, ma Liev (l’attore Schreiber, da cui è separata, ndr) vive a New York e per lui non sarebbe facile vedere i bambini. Quindi rimaniamo per ora a Tribeca, nel cuore di Manhattan». 

 

Una scena tratta dal film The Desperate Hour
Una scena tratta dal film The Desperate Hour 

Un pezzo del proprio Paese però ce l’ha spesso accanto: Nicole Kidman è una delle sue migliori amiche. «Ci vediamo spesso, è anche merito suo se sono riuscita a fare qualcosa nel cinema, a migliorare come attrice e avere ottime opportunità. Nicole mi ha sempre sostenuta, aiutandomi ad avere più fiducia in me stessa, anche nei momenti peggiori, quando dubitavo di ogni mia scelta. È lei che mi ha sempre ripetuto: “Nai, non ti preoccupare, devi avere pazienza. Basta un ruolo giusto, uno solo, perche la gente non si scordi più di te”».