Il vicepresidente dell'Inter Javier Zanetti ha concesso un'intervista al "BSMT", il formato audio-video di Gianluca Gazzoli. Tanti temi trattati: in primis il rinnovo di Lautaro Martinez ormai solo da ufficializzare.

Sul suo ruolo

"Quando ho deciso di smettere io volevo fare qualcosa legato al calcio e se avessi potuto avrei voluto continuare questo legame con l’Inter. Non nascondo che quando l’Inter mi informò che avrei fatto il vicepresidente, in quel momento lì ero felicissimo però allo stesso momento iniziavo ad avere una grandissima responsabilità. È una delle squadre più importanti al mondo e quindi questo ruolo richiede una preparazione. Ci ho pensato un po’, poi conoscendomi ho detto ok. La mia carriera da calciatore è durata fino a quasi 41 anni e dopo tanti chilometri ho deciso di intraprendere questa avventura da manager, iniziando completamente da zero. Non volevo che il ruolo mi venisse garantito per quanto avevo fatto in campo. Volevo guadagnarmelo".

Sull'addio al calcio

"Non è semplice prendere la decisione di smettere, prima di smettere ci devi pensare. Io mi sono rotto il tendine d’Achille quasi a 39 anni e non volevo smettere in quella maniera, tutti pensavano fosse la mia fine perché era un infortunio grosso. Ora è successo a Berardi e gli auguro una pronta guarigione. Io ho deciso di tornare in campo bene davanti ai miei tifosi da protagonista, per poi smettere e iniziare questa nuova avventura. Quando sono tornato in campo mancava un quarto quarto d’ora alla fine della partita contro Livorno, abbiamo vinto e io mi sono sentito molto bene. Sono andato a fare la doccia e ho pensato per la prima volta 'ok, questa è la mia ultima stagione'".

Su Ibrahimovic e Balotelli

"Chi erano i più difficili da gestire? Quando fai parte di un gruppo così grande di gente con grande personalità e difficile. Ibra ad esempio aveva un carattere duro, ma quando parlavi con lui subito ti mettevi d’accordo perché lui aveva la sua personalità ma capiva tantissime cose. Con Mario Balotelli, che in quel momento era giovane ed è un talento unico, ci sono stati dei momenti di difficoltà. Però io dico sempre che quando si parla la soluzione si trova, bisogna parlare delle cose. Se c’è un problema va affrontato. 

Su Ronaldo

"Ronaldo era un fenomeno. Lui con noi arriva dal Barcellona nel miglior momento della sua carriera, era imprendibile. Aveva potenza, dribbling freddezza davanti al portiere. Ogni volta che partiva o gli facevi fallo o non lo fermavi. Era un ragazzo solare, sempre divertente, per il gruppo era molto positivo".

Su Lautaro

"Con quale giocatore di oggi vorrei giocare? Se io vedo adesso l’Inter come sta giocando, mi sarebbe piaciuto giocare con tutti loro perché sono tutti forti. Lautaro come argentino sicuramente sarebbe stato bello. C’è un rapporto bello perché tutto inizia quando lo abbiamo comprato. Ci confrontiamo sempre con Marotta, Ausilio e Baccin e poi decidiamo quale strategia utilizzare e quale squadra vogliamo creare. Quando abbiamo preso Lautaro lui era al 90% dell’Atletico Madrid. Io conoscevo uno dei procuratori e lui mi ha detto "Guarda siamo appena atterrati a Madrid, andiamo e firmiamo". Io chiamo Ausilio e glielo dico, lui era dispiaciuto perché lo seguiva da tanto tempo. Passano due settimane e mi chiama questo mio amico e mi dice che stavano avendo dei dei problemi con l’Atletico Madrid e se potevano parlare con noi. Parlo con Piero e gli ho detto 'subito'. Siamo partiti in Argentina e in due notti abbiamo chiuso, abbiamo trovato l’accordo con Lautaro e mancava l’accordo con il Racing. Con quel club io avevo un grande rapporto perché ci lavorava a Milito e perché conoscevo il presidente. Ho detto a Diego che stava arrivando Ausilio per cercare di chiudere l’operazione e lui mi ha detto "ok ok lo aspettiamo". Ausilio va in Argentina e chiude l’operazione col Racing. Lautaro aveva vent’anni".