GODDARD, Paulette in "Enciclopedia del Cinema" - Treccani - Treccani

GODDARD, Paulette

Enciclopedia del Cinema (2003)

Goddard, Paulette

Catherine McGilvray

Nome d'arte di Pauline Marion Goddard Levy, attrice cinematografica statunitense, nata a Long Island (New York) il 3 giugno 1905 e morta a Ronco (Svizzera) il 23 aprile 1990. La sua immagine è profondamente legata al cinema di Charlie Chaplin: con la grazia di un corpo esile e sottilmente provocante, è la fanciulla orfana che accompagna il vagabondo Charlot in Modern times (1936; Tempi moderni), perfetta incarnazione dell'ideale chapliniano di libertà, con quanto di naturalmente eversivo esso comporta. Anche nell'interpretazione della ragazza ebrea perseguitata in The great dictator (1940; Il grande dittatore), pur entro un registro meno istintivo e più drammatico, la G. continuò a esprimere la sua seducente naturalezza, una qualità che la rese, anche sotto la direzione di altri registi, una figura di rilievo nel cinema degli anni Trenta e Quaranta. Nel 1944 fu candidata all'Oscar come miglior attrice non protagonista per So proudly we hail (1943; Sorelle in armi) di Mark Sandrich, un film sulle vicende (anche sentimentali) di un gruppo di crocerossine durante la Seconda guerra mondiale.

Di padre ebreo e madre mormone, abbandonati ben presto gli studi per lavorare come modella e ballerina, la G. debuttò nel 1926 a Broadway nelle Ziegfeld Follies. Dopo il divorzio dal primo marito, un magnate del legno, nel 1931 si trasferì a Hollywood. Aveva già partecipato a qualche film (per es. a The locked door, 1929, La porta chiusa, di George Fitzmaurice, e al cortometraggio Berth marks, 1929, diretto da Lewis R. Foster, con Stan Laurel e Oliver Hardy), ma il suo vero esordio cinematografico avvenne quando venne notata da Hal Roach che la ingaggiò per The kid from Spain (1932; Il re dell'arena) di Leo McCarey. Pochi anni dopo, l'incontro con Chaplin (con cui fu unita in matrimonio dal 1936 al 1942) le fornì la grande occasione: il ruolo, che la rese famosa, della protagonista femminile in Modern times. Apprezzata per la vivacità della recitazione, oltre che per la stimolante vitalità della sua presenza sullo schermo, lavorò quindi in film di genere diverso: commedie brillanti come The women (1939; Donne) di George Cukor o The ghost breakers (1940; La donna e lo spettro) e Pot o' gold (1941; Un sacco d'oro), entrambi di George Marshall, ma anche film dal sapore avventuroso e me-lodrammatico, specialmente i tre diretti da Cecil B. DeMille, Northwest mounted police (1940; Giubbe rosse) con Gary Cooper, Reap the wild wind (1942; Vento selvaggio) e Unconquered (1947; Gli invincibili).

I suoi film migliori tuttavia, sempre negli anni Quaranta, sono quelli girati sotto la direzione di tre grandi registi: ancora Chaplin, quindi Jean Renoir e Alexander Korda. In The great dictator, è la giovane ebrea Hanna che, rispetto alla metafisica ironia di Chaplin rivolta contro l'ottusità del potere, impersona emotivamente la spontanea e umana ribellione all'orrore del nazismo. Nel 1946, diretta da Renoir, interpretò il ruolo della torbida Célestine in Diary of a chambermaid (Il diario di una cameriera), tratto dal romanzo di O. Mirbeau, ben assecondando le intenzioni del regista di realizzare una sorta di film noir, che rievocasse le atmosfere di certi classici del muto e soprattutto riprendesse l'eredità della migliore tradizione letteraria francese. Del 1947 è An ideal husband (Un marito ideale) di Korda, tratto dalla commedia di O. Wilde, nel quale è la squisita e perfida Lady Cheveley, personaggio che la G. tratteggiò con femminile e maliziosa leggerezza. Allo stesso periodo risalgono altre due interpretazioni: Kitty (1945) di Mitchel Leisen e On our merry way (1948; La strada della felicità) di King Vidor e Leslie Fenton.

Fallito il terzo matrimonio con l'attore Burgess Meredith (1944-1950), nel 1958 la G. sposò lo scrittore E.M. Remarque e si ritirò a vita privata in Europa. La sua carriera si era sostanzialmente conclusa già all'inizio degli anni Cinquanta con Charge of the lancers (1953; Sebastopoli o morte) di William Castle, se si eccettua la partecipazione al film Gli indifferenti (1964) di Francesco Maselli, tratto dal romanzo di A. Moravia.

Bibliografia

F. Montesanti, Goddard, Paulette, in Enciclopedia dello spettacolo, 5° vol., Roma 1975, ad vocem; J. Morella, E.Z. Epstein, Paulette: the adventurous life of Paulette Goddard, New York 1985.

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