C.I.A. NOME IN CODICE: ALEXA II

 

Mark Graver è un agente della CIA incaricato di recuperare un apparecchio, rubato al governo degli Stati Uniti, che controlla un’arma nucleare. Per questo Graver torna a reclutare Alexa. Franz Kluge è l’ex amante di Alexa e il padre della figlia di lei. A differenza della donna, però, Kluge è ancora attivo come terrorista ed è coinvolto nel furto dell’apparecchio. Graver scopre che il mandante è Ralph Straker, un ex agente della CIA che, per denaro, non esiterebbe a scatenare un conflitto mondiale. Graver e Alexa si troveranno imprevedibilmente alleati con Kluge per fermare Straker.

 

Il seguente video non fa parte del sito www.cinemazoo.it,
ma è solamente incorporato e presente su un’altra piattaforma.

 

 

Titolo originale: CIA II: Target Alexa
Anno: 1993 I Paese: Italia
Regia: Lorenzo Lamas
Attori: Lorenzo LamasKathleen KinmontJohn Savage
 

 

La PM Entertainment Group è lanciatissima su tutti i fronti e talmente soddisfatta di Lorenzo Lamas da giungere fino… a fargli dirigere un film! Sarà il suo primo ed ultimo lavoro registico – ad esclusione di qualche episodio di “Renegade” – ma premetto che il nostro eroe se la cava benissimo: se non ha più diretto forse non gli andava.
La storia di Nome in codice: Alexa (1992) meritava un seguito – anche perché nel marzo del 1993 esce in patria il “nikitoso” Point of No Return (1993), che arriva in Italia già dal mese successivo come Nome in codice: Nina – è dunque il momento di CIA II: Target Alexa.

IMDb ci parla di un’uscita in anteprima in Germania nel dicembre del 1993 e poi uno sbarco nelle videoteche americane addirittura nel luglio del 1994: non sa che noi italiani arriviamo sempre prima, quando si parla di serie Z.
Ignoto a qualsiasi tipo di home video, il film sbarca nella TV italiana venerdì 4 marzo 1993 – in tempo per bruciare il film con Bridget Fonda! – in prima serata su Italia1 e con il titolo Nome in codice: Alexa 2.

La collaudata coppia d’azione, dentro e fuori dal set (ancora per poco!), si smazza i compiti: Lamas fa il regista e si ritaglia un piccolo ruolo da maschio latino coi capelli al vento, mentre sua moglie (ancora per poco) Kathleen Kinmont scrive il soggetto, trasformando il suo personaggio da inutile bambolina in una melensa storia d’ammmore a splendida action woman. Mi sembra ovvio che l’Effetto Nikita ha scosso le fondamenta anche del più infimo cinema di genere, e dai primi anni Novanta le donne spaccano!

Ovviamente i due sono semplici attorini di serie Z che giocano a fare i cineasti grazie alla connivenza dei due fedeli produttori – Joseph Merhi e Richard Pepin, eredi del cinema Cannon ma più interessati alla marzialità – ma sono comunque due professionisti che conoscono il loro pubblico e sanno cosa dargli. Paradossalmente riescono molto meglio qui che nel successivo noiosissimo Final Round.

Recuperata sua figlia, l’ex agente super-addestrata ed ex terrorista Alexa (Kinmont) vive tranquillamente in un ranch a far trottare i cavalli. Quando però va a fare la spesa ed entrano due criminali mascherati, esagera uno zinzinino nella legittima difesa salviniana e li smonta pezzo per pezzo.

Arrestata e con la minaccia di vedersi tolta la figlia, Alexa si ritrova a dover accettare la proposta del suo ex capo/addestratore/amante Mark Graver (Lamas): è il momento di tornare in azione.

Un terrorista ha rubato una specie di telecomando per guidare missili nucleari, o qualche baggianata simile, ma a fare paura è il fatto che il perfido Franz Kluge ha la faccia di John Savage. Quando penso di aver visto il peggio che il povero attore possa interpretare, devo ricredermi.

Kluge e il suo esercito di buffoni vuole conquistare il mondo ma ha un punto debole: ama ancora Alexa, la sua donna che tempo prima l’ha abbandonato. Quando se la vede ritornare, dicendo che ha mollato la CIA e vuole rientrare nella sua vita, rimane indeciso sul da farsi.

Quello che né Kluge né la CIA sanno è che c’è un nemico nell’ombra, un perfido criminale che ha uomini infiltrati sia nelle fila del terrorista che in quelle della CIA, e si sta preparando a fregarsi lui il telecomandone nucleare. Un criminale chiamato Ralph Straker e con il baffetto d’acciaio di John Ryan, fresco del costume da robot del coetaneo Il guerriero d’acciaio (1993) e ancora abbronzato da Delta Force 3 (1991).

Tutti dicono e fanno le cose stupide che si dicevano e si facevano nei filmacci di cassetta del periodo: quello che conta non è certo la trama e i vari “colpi di scena” ben poco appassionanti.

Lamas guida tutta l’operazione con mano sicura, tirando fuori un prodotto indistinguibile da un classico action di basso profilo dell’epoca: registi ben più blasonati hanno fatto decisamente meno. Sa che i suoi spettatori vogliono calcioni marziali e chiama il mitico Art Camacho a fare da coreografo dei combattimenti, lezione che tanti registoni non hanno voluto capire: anche se tiri due calci in croce, tirali bene e sembreranno dieci!

Le scene di lotta sono poche ma tutte ottime, nel loro piccolo e per essere un film non marziale con attori non marziali, e in un paio di punti addirittura la filiforme ed efebica Kinmont potrebbe alla lontana sembrare una donna d’azione!

Gente che vola dalle finestre, elicotteri che mitragliano campi nel deserto, eserciti che sparano ovunque e via dicendo: è la parata delle grandi occasioni come solo in un’epoca d’oro della Z si poteva sperare di vedere.

La noia totale del primo film è dimenticata, lasciando il posto ad un prodotto che se fossimo negli anni Ottanta porterebbe il marchio Cannon, dando però spazio e importanza ad una donna d’azione come solo i Novanta possono fare.

Recensione da Il Zinefilo

 

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